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«Lakers! Lakers!Lakers!» urlarono tutti i ragazzi in coro una volta finita la partita.

Come ben possiate immaginare, i Lakers avevano vinto la partita, guadagnandosi il posto in semifinale.

L'atmosfera circostante era festosa, e sinceramente mi stupivo che i genitori di Leonardo non fossero ancora venuti a sgridare i ragazzi per la confusione che stavano facendo.

E come si suol dire, parli del diavolo e spuntano le corna e dalla porta della sala entró George con espressione corrugata.

Il silenzio regnò indisturbato.

Nel viso di George si stampò un sorrisetto.

«Che succede arrivo io e finisce la festa?» domandó ironicamente avvicinandosi ai ragazzi, che al solo udire le sue parole presero a ridere e a continuare i cori.

Io ero seduta sul sedile, mi godevo la scena con un sorrisetto stampato sulle labbra, fino a quando delle mani presero le mie e mi fecero alzare.

«Abbiamo vinto piccola!» urló Justin prendendomi subito dopo di peso e facendomi girare.

Dalla mia bocca uscì una leggera risata.

«E già» sussurrai con un sorriso.

Ero ancora sospesa tra le sue braccia, ci guardavamo intensamente, lui non smetteva di guardarmi gli occhi e io non riuscivo a rompere il contatto visivo.

Notavo le sue pupille in delirio. Si ingrandivano si rimpicciolivano e in quel momento ammisi a me stessa che dentro di me una piccola vocina voleva baciarlo.

Ma mi contenni.

Lo abbracciai per rompere il contatto visivo e qualche secondo dopo mi appoggiò a terra.

La festa durò per una decina di minuti fino a quando Irmelin irruppe nella stanza infuriata e cacció i ragazzi.

Tutti mi salutarono affettuosamente e Justin con un bacio sulla guancia, che mi fece arrossire lievemente.

Irmelin e George uscirono dalla sala cinema lasciando me e il loro unico figlio in quella stessa stanza. Da soli.

Nella stanza regnava un silenzio assoluto, io e Leonardo eravamo alle prese di sistemare il soqquadro.

Nessuno dei due osava parlare, dire anche solo una parola avrebbe fatto sfociare la conversazione in una litigata, ed entrambi ne eravamo consapevoli.

Perciò stemmo zitti.

La stanza,un quarto d'ora
dopo, era nuovamente ordinata e il fruscio della pioggia che sbatteva sulla vetrata della sala cinema era notevole.

«Ti ricordi qual è la tua stanza?» mi chiese Leonardo senza degnarmi di uno sguardo.

«Si»

«Ok, allora buonanotte» concluse la piccola conversazione, sorpassandomi e lasciandomi nella sala da sola.

Salii le scale velocemente e appena arrivata nella camera chiusi tempestivamente la porta, per poi fiondarmi sotto le coperte, nella speranza che i tuoni sarebbero iniziati qualche ora dopo.

Ma così non fu, arrivó il primo, il secondo e un terzo.

A ogni scoppio mi stringevo sotto le coperte, con la testa sotto il cuscino come una bambina che aveva paura dei mostri sotto il letto.

Un quarto, un quinto.

Tutto sembro farsi più silenzioso fino a quando un enorme scoppio mi fece saltare dal letto.

Mi scese una lacrima solitaria, al solo pensiero che non ci fosse mio padre a calmarmi, mi sentii soffocare.

Le scelte erano due: continuare a spaventarmi in preda agli attacchi di panico per tutta la notte o...

I copioni della nostra vita - Leonardo Di CaprioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora