Capitolo 5- Daniel

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Cosa cazzo gli era saltato in mente? Averlo lì così vicino, tra le sue braccia... non gliene fregava niente del vestito rovinato, anzi aveva colto l'occasione per incontrarlo di nuovo e per attirarlo a sé.

Si era ripromesso di non farsi coinvolgere, di chiudere quella cosa sul nascere, di non farsi trasportare da una persona che neanche conosceva eppure quando gli era vicino il suo cervello andava a farsi un giro per poi ritornare una volta solo. Cosa poteva fare? Ormai lo aveva incastrato con la scusa dell'assistente e questa cosa lo faceva sentire eccitato ma spaventato al tempo stesso.

"Cosa stai combinando?" si chiese a bassa voce, si stava dirigendo all'appuntamento che aveva dato a Sergej e il suo autista lo guardava stranito dallo specchietto, come lui forse si era fatto la stessa domanda. Negli ultimi giorni non sembrava neppure più il Daniel freddo e calcolatore, anzi era ansioso. Una sensazione nuova con cui doveva fare i conti.

No, non posso farmi prendere così! Si riproverò, aveva persino dato un giorno libero alla sua vera assistente, ma cosa gli avrebbe fatto fare? Si massaggiò la fronte pensando in che guaio si era cacciato e sospirò. 

"Signore, va tutto bene?" chiese l'autista, incuriosito. Daniel borbottò un 'sì' e poi guardò fuori in strada. Devo allontanarlo da me... pensò tristemente.

"Peccato che gli ho detto io di venire!" sbottò dopo un po' ad alta voce stringendo i pugni. L'autista era tra lo sconvolto e il divertito. Sembrava fuori di testa, ma davvero non riusciva a capire cosa gli stava accadendo.

L'auto si fermò pochi minuti dopo dinanzi alla sua azienda, ma di Sergej neanche l'ombra. Dov'era finito quel ragazzo? Era in ritardo proprio quel giorno? Non aveva rispetto.

Guardò l'orologio, segnava le sette e zero due. Due minuti di ritardo, intollerabile. Scese dall'auto e si sistemò il completo, che per quel giorno era di un bel colore acquamarina e si appoggiò all'auto infilando le mani nelle tasche. Aveva mille cose da fare e quel ragazzino osava presentarsi in ritardo.

Aspettò e aspettò e aspettò ancora fino a quando stufo decise di andarsene, neanche il tempo di fare un passo che da dietro l'angolo comparve Sergej. Nonostante la rabbia, per Daniel fu come una visione. Bellissimo pensò, per poi riprendersi. 

Era vestito nel solito modo sportivo che lo distingueva. Pantalone largo, forse una taglia in più, era di cotone con tasche enormi e cinture che pendevano; felpa rossa due taglie più grandi con su scritto 'Sono qui, sono tuo... amami' che fece sorridere Daniel; berretto con visiera calato sulla testa, tanto che quasi non riusciva a vedergli gli occhi e infine scarpe bianche Nike.

Batté gli occhi più volte, guardò per terra e poi ritornò in sé. Non doveva perdere la lucidità, anzi, doveva fare qualcosa che lo allontanasse da lui, assurdo visto che il casino lo stava creando con le sue mani. Non lo fece neanche avvicinare che con sguardo duro e tono deciso disse: "Ti sembra l'ora di arrivare?"

Sergej lo guardò, inclinò la testa, prese il cellulare dalla tasca e poi guardò l'ora sul cellulare "Non sono in ritardo, sono le sette" e lo riposò soddisfatto.

"E cinque" sottolineò Daniel, scuotendo il capo. 

Sergej sorrise, si trattenne quasi dal ridere completamente e poi alzò il braccio. Aveva nell'altra mano una busta di carta a cui Daniel non aveva inizialmente prestato attenzione "Ho portato la colazione" e gliela porse.

L'uomo lo fissò interdetto. Lui che porta la colazione a me? Nessuno l'ha mai fatto prima, senza un ordine almeno.

Titubante prese l'involucro e lo aprì c'erano due cornetti al cioccolato, del quale uno morso. Fu talmente sconvolto dal gesto che si sorprese e arrabbiò con se stesso, questo di certo non era il modo giusto per allontanarlo. Anzi.

Accartocciò la carta. "Non mangio queste cose" disse stizzito. 

"Allora ridammelo, almeno finisco di mangiare io!" Sergej sembrava arrabbiato e si avvicinò per riprendere la colazione, ma Daniel non poteva permetterglielo, non gliela avrebbe portata via. Nascose la mano dietro la schiena e si schiarì la voce. 

"No, la farò buttare dall'autista," mentì "non abbiamo tempo per mangiare adesso. Andiamo. Seguimi, ho del lavoro da farti fare" Sergej borbottò qualcosa, infilò le mani in tasca e scosse il capo contrariato "Aspetta un attimo qui" gli disse poi Daniel, girandosi a parlare sommessamente con l'autista. 

"Ci vediamo qui alle dodici in punto, non un minuto in più" disse severo "Tieni" gli passò poi il pacchetto. 

"Lo butterò subito" si lasciò sfuggire e Daniel sgranò gli occhi. 

"Non ti permettere" esclamò fin troppo velocemente "Li mangerò stasera..." bisbigliò per non farsi sentire "portali a casa."

"Ma signore, stasera non saranno buoni" esclamò sorpreso, salvo poi tacere quando vide il suo sguardo "Va bene" accettò poi.

Quando l'autista se ne andò Daniel si volse verso Sergej "Andiamo" disse "Sarà una lunga giornata."



È stato un colpo di fulmineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora