Il Gigante di Ghiaccio la riportò nella sala del trono, dove Loki l'attendeva in piedi di fronte allo scranno di pietra e ghiaccio. Probabilmente quella grotta non aveva cunicoli che fungessero da altre stanze, altrimenti Arya era certa che il dio l'avrebbe incontrata in un luogo più appartato e che non fosse così direttamente collegato con l'ingresso. Soprattutto se fuori c'era una tormenta di neve.
L'elfa non era stata legata, né il gigante aveva osato sfiorarla: evidentemente Loki aveva dato ordine di non farlo sia per evitare che l'elfa si infiammasse sia, sperava lei, per assicurarsi che non le facessero del male in alcun modo.
«Lasciaci» disse il dio al gigante, che borbottando ubbidì e tornò a vegliare le segrete.
Arya lo seguì con lo sguardo finché non lo vide sparire oltre i muri scavati nella caverna.
«Vorrei che tu uscissi, che chiamassi Heimdall e che tornassi ad Asgard seduta stante» disse Loki. «Ma so perfettamente che non lo farai mai.»
La ragazza lo osservò per qualche istante: pallido e marmoreo come una statua, gli occhi grigi per i colori dell'ambiente circostante e i capelli corvini che risaltavano a confronto con la pelle chiara. Con le gambe leggermente divaricate e le mani giunte dietro la schiena, il Dio dell'Inganno la sovrastava come sempre di venti centimetri d'altezza, ma guardandola sottecchi come a voler rimarcare la sua superiorità. Non lo aveva mai fatto prima – non con lei, almeno – e Arya non gli avrebbe permesso di cominciare proprio in quel momento.
«Lo farei, invece. Se tu venissi con me e gli altri.»
«Non posso più tornare.»
«Sì che puoi!» si arrabbiò, stanca di ripetersi. «Smettila di compatirti. Hai una famiglia che ti ama per quello che sei!»
«Una famiglia che mi ha mentito» le ricordò per l'ennesima volta. Sembrava essersi corazzato dietro un muro di indifferenza: non si stava arrabbiando, non alzava la voce. Era paurosamente disumano.
«Non è così. Non ti hanno mentito dicendoti di volerti bene» gli disse. Si stava innervosendo, le sue parole sembravano non intaccare le sue stupide credenze. Le rimaneva un'ultima carta da giocare e se non avesse funzionato, allora forse Loki era perduto per sempre. «Forse...» Prese un respiro, inalando aria gelida che le provocò brividi tremendi. «Forse l'unica persona che potresti incolpare di averti mentito... sono io.»
Finalmente la ragazza vide nascere un'espressione sul volto marmoreo del dio. Loki sgranò gli occhi per l'incredulità; se c'era una persona su cui fino a quel momento non aveva avuto dubbi, era Arya. E lei lo aveva appena contraddetto.
«Ho mentito anche a me stessa» aggiunse l'elfa. Fece un passo verso di lui e cercò di non distogliere lo sguardo dal suo. «Ho sempre pensato che quello che provavo per te era amore fraterno. Invece... invece mi sono resa conto che è qualcosa di diverso.»
Loki assottigliò lo sguardo. «Non giocare con i miei sentimenti solo per farmi tornare ad Asgard.»
«Mi credi davvero capace di fare una cosa del genere?» si offese lei. «Credi davvero che il miglior modo che ho di convincerti è mentendoti?» Lui non si scompose e lei sospirò esasperata. «Tu mi hai dato della sciocca perché sono venuta fin qui per riportarti a casa, perché sto rischiando di morire congelata – o bruciata, chi lo sa! – solo per te. Ma allo stesso tempo, ti lamenti perché dici di non essere amato. Cosa devono fare le persone per convincerti che ti vogliono bene, se qualunque cosa tentano tu la ribalti a tuo piacimento?»
Per la prima volta, il Dio dell'Inganno abbassò lo sguardo a terra e abbandonò la sua postura altezzosa.
Arya fece un altro passo verso di lui e fu finalmente abbastanza vicina da poterlo sfiorare. Non appena le sue dita furono a pochi centimetri da lui, Loki si scansò rapidamente.
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LOKI - Set me on fire
FanfictionArya Lùthiensdottir è un Elfo Chiaro di Alfheim, cresciuta ad Asgard sotto la tutela del sovrano. Non conosce il reale motivo per cui suo padre, re degli elfi, l'ha offerta a Odino. Ufficialmente, lei è un dono di guerra, ma la ragazza sa che c'è de...