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Frigga concesse ad Arya qualche minuto per poter parlare con Loki, lasciandola procedere da sola verso la cella che le guardie all'ingresso avevano indicato. La ragazza quasi si mise a correre per l'impazienza, rischiò di inciampare nei gradini disseminati nel dedalo di corridoi e quando finalmente fu di fronte alle pareti invisibili, si rese conto di avere il fiato corto. Alla fine aveva corso davvero.

La cella in cui avevano relegato il Dio dell'Inganno era spoglia, con un letto, una poltrona con poggiapiedi, un tavolino con bicchiere e brocca, un treppiedi con una bacinella come toletta e un mucchio di libri accatastati in un angolo.

Loki era placidamente seduto a leggere e sollevò appena lo sguardo dalle pagine scritte quando udì i passi fermarsi davanti alla sua prigione. Chiuse il volume in lettura appena incrociò lo sguardo di Arya e scattò subito in piedi per avvicinarsi alla parete invisibile.

La ragazza fece i tre scalini che rialzavano il piano delle celle da quello del corridoio e accostò una mano bendata al muro trasparente che la separava da Loki. Lui fece altrettanto, stando attento a non toccare la superficie che lo avrebbe sbalzato indietro per evitare l'evasione.

«Come stai?» le domandò senza staccare gli occhi azzurri come il ghiaccio dai suoi verdi come foglie.

Lei gli sorrise. «Bene. Grazie a te.»

Lui allontanò la mano dalla parete invisibile e la giunse con l'altra dietro la schiena. «No. Non grazie a me.»

«Sei stato tu a fermare il fuoco che mi risaliva sulle braccia, ricordi?» gli disse, abbassando a sua volta la mano. «Abbiamo dominato la fiamma insieme. Senza di te, ora sarei solo un cumulo di cenere. O un Demone del Fuoco. Che tecnicamente è sempre un cumulo di cenere.»

Finalmente Loki si concesse un sorriso, poi abbassò lo sguardo sulle bende che avvolgevano le braccia dell'elfa. «Sai, un tempo esisteva un popolo midgardiano dalla cultura parecchio interessante. Tra le altre cose, quando i loro sovrani morivano, li bendavano dalla testa ai piedi per tumularli e conservarli in sarcofagi. Le chiamano mummie.» Risollevò gli occhi sul viso di lei e sogghignò. «Sei la prima elfa mummia della storia dei Nove Mondi.»

«Pensa un po' che onore!» esclamò con sarcasmo. «Ma io non sono morta, grazie al cielo, e non sono neanche bendata dalla testa ai piedi.»

«E sei decisamente più affascinante» aggiunse lui.

«Di un cadavere chiuso in un sarcofago per secoli? Me lo auguro davvero!» si finse piccata.

Il Dio del'Inganno non smise di sorridere, poi prese a camminare su e giù davanti al muro invisibile come fosse una tigre in gabbia. «Allora, cosa ti porta nei meandri delle segrete asgardiane?»

Arya si accigliò. «Che razza di domanda! Tu, ovviamente!»

Il viso di Loki tornò ad essere una maschera di impassibilità. «Avrei voluto assicurarmi che tu stessi bene. Mi dispiace di non esserci stato.»

«Non è dipeso da te.» L'elfa strinse le spalle e aggiunse: «E poi ho dormito tutto il tempo. Mi sono risvegliata solo qualche ora fa». Lei e il dio si guardarono fisso per qualche istante. «Mi dispiace» gli disse la ragazza. «Non pensavo che Odino ti avrebbe rinchiuso quaggiù.»

«Non lo avevo comunque premiato con la coccarda di miglior padre dell'anno» ironizzò. «Se mi avesse accolto con un abbraccio, allora sì che mi avrebbe sorpreso.»

«Ci hai parlato, almeno? Hai provato a spiegarti?»

«No. Ero troppo impegnato a lasciarmi scivolare addosso i suoi rimproveri.»

Arya chiuse gli occhi e sospirò. «Mi dispiace» ripeté.

«Smettila di dirlo, non è mica colpa tua se ho un padre orribile.» Sollevò lo sguardo al cielo fingendosi pensieroso, poi aggiunse: «Anzi, due padri orribili».

LOKI - Set me on fireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora