[ni-jū san] euphoria

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nei media: can we kiss forever? by kina










I crossed the ocean of my mind
My wounds are 
healing with the salt か易疫グ押ネー 虞卸ヺ誕とさ










I crossed the ocean of my mindMy wounds are healing with the   salt か易疫グ押ネー 虞卸ヺ誕とさ

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EUPHORIA






Non c'era niente che mi confortasse di più delle mani di Taehyung fra i miei capelli. Nel suo palmo ero come un gatto che fa le fusa. Lui mi accarezzava, infilava le dita tra le mie ciocche d'ebano, le separava, se le arrotolava intorno all'indice, e io spingevo impercettibilmente la testa contro la sua mano. Era capace di toccarmi con una delicatezza che non appartiene a questo mondo. Lo faceva spesso quando eravamo da soli, e in quel periodo lo eravamo sempre.

Dopo la gara di nuoto iniziammo a vederci sempre più spesso. Era come se avessimo abbattuto tutte le nostre barriere - soprattutto le sue, le mie le aveva demolite già da tempo -, e non mi ero mai sentito tanto vicino a lui come in quel momento, ma non parlammo più di suo fratello o della sua famiglia. Malgrado volessi affrontare l'argomento con lui per lasciare che si sfogasse con me, per dargli il conforto che fino a quel momento avevo sempre e solo ricevuto da lui, non osai mai neppure sollevare la questione. Sapevo che me ne avrebbe parlato lui quando si fosse sentito pronto.

Da una parte avrei voluto avere la determinazione e la caparbietà che aveva avuto lui con me dal giorno in cui ci eravamo conosciuti, quella capacità di portare in superficie tutti i miei segreti, tutte le cose che non avrei mai raccontato a nessuno, quasi strappandomele di dosso come un cerotto. Dall'altra sapevo che con lui non avrebbe funzionato allo stesso modo, perché io e Taehyung eravamo diversi, e al tempo stesso complementari. Avevamo modi di comunicare diversi, linguaggi diversi.

C'erano pomeriggi in cui veniva a casa mia e aveva un'aria spensierata e rilassata, quasi bambinesca. Erano i pomeriggi in cui andavamo a recuperare una sedia in cucina e ci sedevamo l'uno accanto all'altro davanti allo schermo del mio computer per giocare a tutti i videogiochi che avevo comprato quell'estate. Erano tutti single player, quindi non potevamo giocare l'uno contro l'altro. Non eravamo mai avversari. Giocavamo insieme, come un'entità unica, battibeccando di tanto in tanto quando dovevamo scegliere la prossima mossa e scoppiando a ridere l'attimo dopo. Taehyung aveva una risata contagiosa, calda e profonda, quasi musicale.

In quei pomeriggi mi sentivo bambino anch'io. Mi sentivo leggero, come se fossi fatto di nuvole e farfalle nello stomaco.

Ma non era sempre così. C'erano anche pomeriggi in cui Taehyung veniva da me e si sedeva sul mio letto senza dire niente, la testa china e lo sguardo vuoto. Aspettava che mi sedessi accanto a lui per tenermi la mano e accarezzarne il dorso con il pollice, avanti e indietro, quasi come se trovasse conforto in quel gesto. I suoi sbalzi d'umore non erano molto frequenti, ma di sicuro erano repentini. Alternava giorni di completa euforia a giorni di assoluta tristezza, in cui sembrava distrutto, spezzato, vivo a metà.

𝐑𝐀𝐏𝐒𝐎𝐃𝐈𝐀 𝐈𝐍 𝐁𝐋𝐔 ⁺ ᵗᵃᵉᵏᵒᵒᵏDove le storie prendono vita. Scoprilo ora