11. "Dove mi porti?"

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"L'agenda è sparita, pensavo di ritrovarla al rientro ma non era in camera.
L'ho cercata ovunque.
Adesso sono preoccupato per chi
possa esserne in possesso, anche se l'unica persona a poterla aver trovata dovrebbe essere mia madre. Il che è imbarazzante.
Ad ogni modo, devo ancora usufruire delle note del telefono prima di poter trascrivere."

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Marzo è un mese strano, difficile, per Simone che deve sempre fare i conti con il suo compleanno che rappresenta la metà di un intero.

Perché l'intero sarebbe Jacopo.
Che non c'è.
Che fino a poco prima Simone ne ignorava pure la breve esistenza.
E adesso, ormai da tempo, quella assenza rimbomba in ogni angolo della sua vita ad ogni occasione, ad ogni risveglio.
Quindi anche e soprattutto in quel giorno di "festa".
Che per Simone, poi, tanto festa non è.

Il trenta marzo di quest'anno, Simone apre gli occhi ancora una volta concentrandosi direttamente su quel magone in gola, che cerca di mandare giù deglutendo.
Se solo potesse bastare.

Sbatte furiosamente le dita sullo schermo del telefono, cercando di spegnere l'allarme che risuona nelle quattro mura bianche della sua camera.
È un lunedì e, tra l'altro, è il lunedì del rientro a scuola dopo la gita scolastica.

Gita che ha portato scompiglio ma anche ordine, un nuovo ordine nel suo cuore malandato.

Fra la tristezza della sentita mancanza di questo giorno che spera possa passare in fretta, Simone sorride.
Si permette il lusso di un genuino sorriso al ricordo del suo corpo perfettamente adiacente e aderente a quello di Manuel.

Si sono scambiati dei messaggi, dal rientro, senza l'opportunità di potersi vedere.
Ma tutto sembra quasi leggero, i loro cuori sembrano cercarsi anche fra le righe delle poche parole digitate timidamente, con la paura di scrivere qualcosa di sbagliato.

Simone scosta le lenzuola, mentre scorre la lista di nomi in grassetto che su whatsapp segnalano la notifica di nuovi messaggi. Legge le anteprime senza aprire le singole chat, in modo da poter rispondere con calma successivamente.

Si sofferma su un nome, in particolare: il suo.

"Non sono mai stato bravo con le parole. Se ci pensi, ci ho messo anni per poterti mostrare cosa celavo dentro al cuore. Ti faccio solo tanti auguri, dicendoti che non vedo l'ora di poterti stringere. E non esiste regalo adeguato a te, perché tu stesso sei un regalo. Il mio. Buon compleanno, Simo."

Forse, seppur con la neve e il ghiaccio nel cuore per la sua metà pur sempre perduta, questo compleanno può avere un sapore più dolce del solito.

*

Manuel non si è mai sentito tanto in ansia. Continua a ripetersi mentalmente che andrà tutto bene, che Simone non disdegnerà il suo piccolo gesto e che non rifiuterà il suo invito.

Così, quando lo vede varcare la soglia della scuola nascosto da dietro la porta dei bagni (puliti di prima mattina senza alcun cenno di cattivo odore o di cenere dispersa per terra tramite sigarette fumate illegalmente, o forse qualcosa in più) Manuel acciuffa il braccio di Simone che, con occhi sgranati, si fa portare dentro per poi finire con le spalle contro la superficie in legno laccato di bianco.

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