CAPITOLO VII - DESOLAZIONE

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La fastidiosa pioggia batteva sul suo volto sconvolto. Riusciva a mala pena a muoversi e a parlare grazie alla protezione garantita dall'energumeno, completamente nudo e privo della sua capigliatura rossa a spazzola. Riusciva a mala pena a vedere grazie alla luce emessa dalla collana che pendeva dal collo di Ardix, dal volto dolorante.

– S-Stai bene? – bofonchiò Iluk, cercando di rimettersi in piedi.

Non gli rispose, rimanendo con lo sguardo fisso verso l'orizzonte alla lontana città di cui si vedeva a mala pena qualche luce. Piccole nuvolette di vapore che gli uscivano dal naso gli fecero capire che stava ancora respirando però gli sembrava strano che limitasse ogni singolo movimento. Respirava a mala pena, riuscendoci con estrema fatica.

Iluk trovò la forza di alzarsi in piedi e di afferrare la sfera vitrea e la borsa a tracolla, sopravvissute all'esplosione. Girò intorno a quell'Ardix immobile notando che, oltre la pelle grigiastra, la sua schiena era completamente rosata, piena di pustole ed escoriazioni, le quali non facevano altro che aumentare il suo dolore al minimo movimento. Non sapeva cosa fare per aiutarlo ma dopo un paio di riflessioni si chiedeva più volte se voleva farlo.

Anche quello che rimaneva di Solok era ancora vivo; il braccio destro e parte del busto erano del tutto polverizzate, lasciando anche su di lui delle escoriazioni che zampillavano sangue in modo irregolare. Aveva una respirazione affannosa, ma riusciva a muovere la mano sinistra battendo forte il pugno su delle piastrelle rotte e a digrignare i denti con foga. Cercava di nascondere le lacrime di dolore con un espressione di rabbia, ma era del tutto inutile. Nei suoi riguardi riusciva a provare più pena, contrastata comunque da quello che aveva fatto qualche attimo prima.
Di Tina non vi era traccia alcuna. I suoi pensieri viravano verso l'opzione più spiacevole; era una bambina che non aveva fatto nulla, vittima delle scelte sconsiderate di quelli che considerava suoi amici.

I suoi occhi si abituarono con difficoltà all'oscurità dilagante, osservando che intorno a lui vi erano solo morte e desolazione. Sotto le macerie dell'edificio centinaia di cadaveri incutevano in Iluk una grande paura di aver perso anche Zanoa, per cui si mise a cercarla. Non vi era traccia della Curatrice o dei suoi soldati, le probabilità che avevano fatto la stessa fine di Tina erano alte, se non certe.
In quel cimitero di disperazione un'altra figura era in piedi come lui, dalla forma umanoide ma dal corpo fatto interamente di un materiale cristallino, del tutto simile ai prism ma senza quelle forme squadrate. Emetteva una flebile luce verdastra e osservava Iluk e tutti i suoi spostamenti ma quest'ultimo preferiva ignorarlo per il momento.

Aveva un ottimo senso dell'orientamento, grazie al quale capì subito dove si trovasse la posizione dell'ufficio della Curatrice. Sperava in un miracolo improvviso anche se sapeva che non potevano accadere; oramai gli era rimasta solo quella misera speranza.
I lamenti di povere vittime di quell'esplosione non lo aiutavano a rintracciarla ma, grazie a molta pazienza, riuscì nel suo intento. Poggiò la sfera a terra e spostò vari calcinacci e piccoli blocchi di cemento che gli impedivano di identificarla, usando quella poca forza che gli era rimasta in corpo.

Zanoa era stesa a terra, dalle gambe spappolate da quel poco che rimaneva di un muro in cemento armato. Il suo copro era ricoperto da una polverina grigia e lunghi filamenti di acciaio le perforavano stomaco, spalla destra, braccio sinistro e un polmone. Da ognuno di quei punti e dalla bocca usciva parecchio sangue; per lei non vi era più modo per sopravvivere. Le lacrime si mimetizzavano con la pioggia mentre con lo sguardo vedeva a stento un Iluk vicino a lei.

– Ormai è spacciata, falla toccare dall'oggetto nella sfera.

Riconobbe al volo l'insopportabile voce di del dottor Solok, a qualche passo dietro di lui. Fissava i due ragazzi trattenendo forti urla di dolore, curioso di quello che sarebbe successo in pochi istanti.

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