CAPITOLO XX - SOPRASSALTO

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L'aspro odore di detergente era fastidioso per tutti i presenti, personale incluso. Anak, Nari e una decina di soldati in tute attillate seguivano il lungo corridoio, svoltando tra i vari incroci e salendo le scale; il percorso era indicato attraverso una ricetrasmittente. Inutili erano le parole di infermieri e scienziati che li seguivano, ignari che qualcosa di grosso stava succedendo all'interno di quell'edificio. Avevano paura per i pazienti, ignorando che fossero esseri infimi e inutili agli occhi di chi stava tirando i fili.

Arrivati davanti a una porta blindata, nel bel mezzo del palazzo, rimasero fissi in piedi ad aspettare che il comandante dagli occhi scarlatti finisse di riflettere. Erano tutti armati fino ai denti, pronti a sopprimere qualunque cosa ci fosse in quella stanza.

– Visto che non hanno voglia di aprire la porta allora la aggireremo in un altro modo – toccò rapidamente l'orecchio sinistro. – Fate evacuare chiunque nel raggio di cinquanta metri dalla stanza, non abbiamo tempo per verificare i danni contingenti degli esplosivi.

Nel frattempo

L'aroma pungente del sangue circondava l'intero corridoio e ormai si era miscelato con quello dei detersivi usati per lavare il corridoio, creando un odore a dir poco maleodorante. L'aria era pesante, o almeno così sembrava ai due dopo aver assistito a quello spettacolo imprevisto.
Il corpo meccanico dalle soffici curve era a pochi passi di distanza da loro e mostrava uno sguardo penetrante, tale da incutere timore e inquietudine anche alla più austera delle persone. Iluk rimase immobile, osservandola con occhi scossi, mentre l'altro non faceva altro che massaggiarsi i muscoli delle braccia; si stava preparando allo scontro.

– Koura...

Voleva trattenersi dall'esternare i propri sentimenti di rabbia e frustrazione. Stringeva i pugni con tutta la sua forza, anche se non era molta, e la fissava con malinconia. Era davvero la prima persona che poteva considerare un'amica e ora tutto gli sembrava così diverso da non riconoscerla più. Impercettibile era la lieve sfumatura rossa intorno ai suoi occhi, simile a quella del ragazzo morto poco prima. La spasmodica risata ostruiva qualsiasi altro rumore. Il sorriso a trentadue denti stampato e la braccia che dondolavano non gli diedero una buona sensazione.

– Adoro vedere quello sguardo, caro Iluk. Dimmi, cosa pensavi di fare venendo qui? – riprese il cammino, schiacciando cadaveri e budella senza battere ciglio. – Volevi salvare la principessa indifesa nelle grinfie del mostro? Sorpresa!

Era a pochi centimetri da lui, dagli occhi all'altezza del suo mento; gli sembrava più bassa del normale, probabile fosse un'ossessione dell'uomo dietro a quella spiacevole situazione. I grandi occhi e la bocca spalancata trasmettevano qualcosa di diverso, poche volte provato da Iluk, simile a paura.

Quel momento di tormento venne interrotto quando un colpo d'aria gli mosse i capelli. Alla sinistra del suo volto vi era un lungo braccio muscoloso, coperto dall'elastica tuta delle forze dell'ordine del bianco lucente che la distingueva dallo spazio circostante. Il potente pugno era stretto nel piccolo palmo della ragazza.

– Per quanto ancora vuoi fare il pesce lesso? Non me ne lamento, più divertimento per me, ma dovresti fare qualcosa per questa tua debolezza.

Si voltò verso Ohar, vedendo nei suoi occhi la divampante fiamma del combattimento. Mostrava un sorriso ineguagliabile, pronto a sferrare un altro attacco dalla dirompente potenza. Data la vicinanza, poteva ben vedere le vene pulsanti che sbucavano fuori dalla divisa.

"Ma cos'è questo mostro? Da dove gli esce tutta sta roba? E perché non ha combattuto contro di me in questo modo? Non dirmi che senza la sua astral armor è più potente."

La ragazza sollevò il sopracciglio finto, inclinando poi la testa. Sembrava schifata alla sua sola vista; un intruso del genere non doveva intromettersi nel suo svago. Anche lei avanzò un pugno in avanti, colpendolo in pieno sopra la vita.
Il volto superbo dell'uomo cambiò espressione in una più dolorante, vicino allo sputare sangue fuori dalla bocca. Non voleva darla vinta a un essere meccanico, tentava in tutti i modi di reggersi in piedi, mostrandosi titubante a tratti. L'altra abbozzò un sorriso di sfida, sicura di potersi divertire con quei due.

Il dono dell'AlchimistaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora