Look what you've done

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|HARRY'S POV|
Ci avvicinammo pericolosamente...

Sapevo perfettamente, che con quello che stava accadendo, avremmo fatto i conti dopo: ma in quel momento, entrambi avevamo in testa solo insoddisfazione e rabbia.

Ci trovammo a qualche centimetro di distanza: e fu in quell' istante che tutto precipitò.

Il suo pugno si alzò in aria e andò successivamente a colpire la mia faccia: sbilanciandomi all'indietro.
Non ebbi nemmeno il tempo di rialzarmi, che fui schiacciato a terra dal peso di Jacob.

Nel momento in cui ricambiai, riuscendo a ribaltare la situazione, non trovammo più la via d'uscita.
Entrambi volevamo averla vinta, nessuno si sarebbe fermato, saremmo arrivati ad infliggerci del gran male.

Qualcosa attorno a noi cominciò a muoversi: i nostri compagni, i quali avevano assistito all'intera scena, corsero a chiamare qualcuno, che sarebbe stato in grado di distaccarci.

Ma io e Jacob eravamo troppo concentrati sull'altro, senza accorgerci, di chi stesse arrivando.

Il coach entrò nello spogliatoio, seguito frettolosamente dal nostro fisioterapista: entrambi erano stati sicuramente avvisati di quanto stesse accadendo.

Louis mi strattonò con forza, attaccandomi al suo petto, riuscendo effettivamente a porre fine a quello scontro.

Alzai la testa, e davanti a me vidi il viso del mio compagno, dal quale, usciva sangue in diversi punti, ma sicuramente la stessa situazione era visibile sul mio volto.

Io e Jacob provammo a liberarci dalle forti prese che ci tenevano distanti: proprio perché sentivamo di dover porre ufficialmente fine a questa lite.

Decisero di allontanarci il più possibile, evitando in partenza una nuova discussione.

Il mio compagno fu immediatamente portato in infermeria: aspettando il mio turno il mister mi guidò nel suo spogliatoio, separandomi anche dal resto della squadra.

"Io davvero mi chiedo certe cose come possiate anche solamente pensarle." disse guardandomi appoggiandosi al muro.

"Vi rendete conto di come vi siete ridotti?" continuò, con tono sconfitto, sapevo perfettamente che questo non era nulla, il discorso, lo avrebbe fatto in presenza di entrambi.

Mi portarono in infermeria: mi rimossero il sangue che era uscito precedentemente da alcune ferite, e mi diedero del ghiaccio, da tenere sopra la zona dello zigomo, sulla quale, si intravedeva già un livido.

Il fatto di essere il capitano aggravava solamente la situazione, dato che ricoprivo il ruolo, secondo il quale, avrei dovuto dare il buon esempio: prendendomi anche la maggior parte delle responsabilità.

"Sarei proprio curioso di sapere quello che è successo. Passate ogni giorno assieme, giocando nella stessa squadra. Davvero non mi capacito di come siate arrivati a tanto." disse quando ci trovammo entrambi nello spogliatoio.

"Si chiama gioco di squadra, ma non è tale se la palla non viene passata, pensando solo a se stessi" rispose Jacob, incolpandomi ulteriormente.

Non risposi, dato che mi rendevo conto di come sarebbe finita altrimenti, limitandomi a tenere la testa bassa, premendo il ghiaccio sulla parte dolorante.

"Potevate semplicemente parlarne, non credete? Guardatevi, guardate cosa avete fatto" disse il coach invitandoci a guardarci in faccia.

"Non tollero scontri di questo tipo, soprattutto, quando si parla di questi determinati argomenti.
È mio dovere, se ritengo opportuno farlo, riprendere qualcuno per il suo metodo di gioco.
Ricordiamoci di stare ognuno nel proprio ruolo"

Fui sorpreso nel modo in cui prese le mie difese.
Cominciò ad incamminarsi verso l'uscita, quando, parlò improvvisamente.

Se avessi saputo quanto male mi avrebbe fatto quella frase, non avrei nemmeno ascoltato.
"Domani non vi presentate ad allenamento, pensate a quello che avete fatto. Come io penserò se inserirvi o meno nella formazione della prossima partita"

Ancora con lo sguardo abbassato, sgranai gli occhi: ero sempre stato titolare, dal primo anno: quel posto era mio.

Ma era proprio questo quello che voleva farci capire e sospettare Louis: avremmo pagato, in modo che non lo avremmo più rifatto.

Quelle parole mi mandarono in crisi, non sopportavo di vivere con il dubbio, fino alla successiva gara.
Ma soprattutto avevo paura di aver tradito tutta la fiducia che aveva risposto in me.

Quei pensieri mi fecero definitivamente crollare, odiavo quando succedeva: non riuscivo più a controllare le emozioni, come ero solito fare.

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