12.

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Erano passate appena circa dieci ore da quando si era lasciato con Chuuya, sull'uscio della porta di casa sua, e già avvertiva la sua mancanza come se lui fosse indispensabile per la sua sopravvivenza. Quel giorno, all'Agenzia, s'erano occupati di effettuare svariate ricerche sulla Thanatos e sul suo capo, Victor, tuttavia, in rete si trovava poco e niente e ciò era un bel grattacapo. Era come se questa organizzazione fosse spuntata così, da un giorno all'altro. C'erano ancora così tante cose che ancora non comprendevano della Thanatos. Così tante domande e trovarne le risposte sarebbe stata una bella sfida per tutti quanti. In ogni caso, mancavano poco più di dieci minuti al suo arrivo e già aveva preparato due bottiglie di vino sul tavolino in salotto, assieme a due calici di vetro e qualcosa da mangiare. (Non cucinato dal sottoscritto naturalmente.) Nell'attesa, stava stravaccato su una poltrona, le braccia ciondolanti sui braccioli e canticchiava la sua canzoncina preferita per ammazzare il tempo e non morire dalla noia.

Venne salvato dal suono del campanello e scattò immediatamente fuori da quella stanza recandosi all'ingresso per aprire la porta alla sua donzella che, sicuramente, non attendeva altro. «Buonasera Chuu-Chuu!» Lo accolse con un caldo sorriso a trentadue denti e squadrò il suo partner, perennemente corrucciato e adirato col mondo intero, il che lo indusse a sorridere ancora di più.

«Mi fai entrare bastardo o devo rimanere qua fuori?» sbottò Chuuya sbattendo freneticamente il piede per terra. Finse di non averlo sentito schioccandogli un bacio tenero sulle labbra e si allontanò l'attimo seguente lasciando l'altro senza parole e gli occhi stralunati non aspettandosi quel gesto dal più alto tutto a un tratto.

A quel punto invitò il rosso ad entrare e si affrettò a chiudere la porta per poi muoversi nella stanza dove avrebbero degustato la loro cena. Stava per domandare a Chuuya di sedersi al tavolo quando quest'ultimo lo interruppe sul nascere parlando al posto suo, le mani nascoste nelle tasche del suo pantalone. «Mi auguro che non ti sia messo a cucinare qualcosa, Dazai.» lo redarguì puntandogli gli occhi di ghiaccio contro con uno sguardo penetrante.

Una risata cristallina proruppe nel salone. «No, certo che no. Ho pensato bene di ordinare qualcosa per evitare spiacevoli... incidenti.» si sfregò le mani l'una sull'altra indicando col mento tutto il ben di Dio posato sistematicamente di fronte a lui.

Un silenzio increscioso calò repentinamente.

Dazai aveva appena solcato la soglia della porta mentre invece il rosso, a poca distanza da lui, stava già adocchiando con lo sguardo il vino sul tavolo già col pensiero che, a fine serata, sarebbe già finita tutta nel suo stomaco. Uno dei due avrebbe dovuto prendere l'iniziativa e parlare e, poiché il castano era il padrone di casa, era più giusto che fosse lui a farlo. Si smosse dalla sua posizione inchiodata al pavimento e si avvicinò a Chuuya ad ampie falcate. Gli carezzò il fondo della schiena molto lentamente con una mano. Un brivido percosse tutta la sua colonna vertebrale e insultò mentalmente il moro per quei gesti così flemmatici da farlo impazzire. «Che ne dici di andare a sederci, Chuuya-kun? Così mangiamo, mnh?» Gli dette un bacio in mezzo ai soffici capelli rossi e accompagnò Chuuya fino al divano, sedendoci sopra.

Una volta sistemati per bene, l'uno di fronte all'altro, le gambe che si sfioravano, Chuuya parlò, lo sguardo fisso di fronte a sé. «Perchè siamo rinchiusi qui, a casa tua, invece che... non so... da qualsiasi altra parte? Avremmo potuto cenare fuori.» un lungo silenzio cadde dopo la sua domanda.

Circondò le spalle del rosso con un braccio e schiuse le labbra per replicare razionalmente. «Beh, ecco- Chibi...» iniziò a divagare alzando gli occhi al soffitto.

La voce di Chuuya si intromise nel suo discorso, come quasi il 90% delle volte. «Se è per quello che penso io, giuro che ti ammazzo in questo preciso istante.» Dal tono con cui aveva parlato, pareva prendere sul serio le sue parole e le disse senza tralasciare un singolo sentimento umano. Tuttavia, Dazai non si lasciò intimorire tanto facilmente da quell'uomo alto un metro e un tappo, perennemente ciclato e adirato con il mondo intero.

Siamo come i fiori di ciliegio- Soukoku Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora