uno

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capitolo uno,
arrival.

14 ottobre

CELESTE


"Si avvisano i gentili passeggeri che il treno di trenitalia diretto a Milano è in ritardo di cinquantacinque minuti, ci scusiamo per il disagio"
Fantastico, altri cinquantacinque minuti a girarmi i pollici cercando di tenere sott'occhio una mega valigia, un borsone, la mia chitarra ed il mio fidato zaino, più pesanti di non so cosa.
Se avessi la patente sarebbe tutto più facile, ma per diversi motivi ho sempre rimandato l'esame, l'unica volta che mi sono decisa a farlo non sono passata. Quindi ho gettato la spugna escluendo l'idea di ritentare.
Ora rimpiango di non averci provato una seconda volta.
Seduta su una panchina grigia davanti al binario del treno che avrei dovuto prendere, cercavo di farmi entrare in testa gli argomenti di un esame che avrei tenuto tra poche settimane, spostando il mio sguardo ogni due secondi dal mio quaderno di appunti ai miei bagagli, che cercavo in ogni modo di non far bagnare dalla pioggia.
Tra tutte le giornate piene di sole proprio oggi doveva mettersi a fare il diluvio universale.
Sbuffai cerchiando la parola chiave della frase con la matita cercando in tutti i modi possibili di farmi entrare quelle cavolo di parole che sembravano più complicate di "supercalifragilistichespiralidoso".
D'un tratto il mio telefono cominciò a vibrare, segno che qualcuno mi stesse chiamando, così misi da parte il quaderno e la matita per avviare la chiamata:
"Ohi!" esclamai.
"Ehi" la voce calda di Alex si fece spazio nelle mie orecchie e sorrisi istintivamente: "Sei già sul treno?" sembrava assonnato, probabilmente si era appena svegliato.
Sorrisi ancora di più pensando al fatto che il suo primo pensiero fossi stata io.
"Ritardo di quasi un'ora, sono seduta su una panchina con il diluvio universale sopra la testa" sbuffai.
"Per che ora dovresti arrivare?" chiese.
Guardai il tabellone dei vari orari dei treni sperando che il ritardo del treno per Milano fosse stata solo una brutta illusione.
"Non so dirti, il viaggio dovrebbe durare un'ora e venti minuti ma con questa pioggia..." lasciai la frase in sospeso.
Lo sentì sbuffare e mugolare parole senza senso, così mi misi a ridere:
"Non ridere" mi ammonì.
"Altrimenti? Mi prendi a pugni attraverso la schermata del telefono?" scherzai.
"No, ti sbatto al muro appena ti vedo" ammiccò ridendo.
Poggiai i gomiti sulle ginocchia coprendo il mio volto. Non per l'imbarazzo, più che altro per la buffa situazione: io seduta su una panchina vestita come una barbona ed il mio fidanzato che alludeva al sesso in una chiamata telefonica.
Era ancora strano definirlo il mio fidanzato, a dir la verità non ci avevo fatto ancora l'abitudine, forse per via della distanza oppure perchè era da tanto che non mi trovavo in una situazione come questa.
"Sei proprio scemo" scossi la testa.
"Tu sei scema" ribatté alterato.
"Permalosoo" dissi, allungando la lettera finale.
"Forse un pochino" nonostante non vedessi la sua faccia immaginai le fossette formarsi sulle sue guance.
"Mi manchi"
"Ci vediamo tra poche ore Celeste-"
"Lo so, ma sento lo stesso la tua mancanza"
Ci furono alcuni secondi di silenzio, dove l'unico rumore era il suono della pioggia che continuava a scendere giù dal cielo, che quasi mi scordai di essere in chiamata con Alex.
"Anche tu mi manchi comunque" disse, quasi bisbigliando.
Il mio cuore perse un battito, non me lo diceva spesso, almeno non direttamente, ma quelle poche volte che me lo diceva avevo sempre la stessa reazione, peggio di una ragazza in preda ai suoi ormoni per la prima volta.
"Hai sistemato i gatti?" chiese.
"Si, sono da Emma"
Era diventata una routine chiedermi come stessero i miei gatti ad ogni ora del giorno, e quel paio di volte che è venuto a casa mia a Torino è stato quasi più tempo con loro che con me. Dopotutto chi poteva dargli torto, anche io avrei fatto la stessa cosa. Alex li ha completamente viziati e quindi quando se ne è andato via ho dovuto accarezzarli almeno per due ore al giorno, dato che altrimenti cominciavano a miagolare come se non ci fosse un domani.
Povera Emma.
"Non è un problema se ti vengo a prendere a piedi vero?"
"No, basta che non piova come sta facendo qua e non ci sono problemi"
"Attenzione, si avvisano i gentili passeggeri che il treno di trenitalia diretto a Milano ha recuperato il tempo perso e sta per arrivare al binario nove, ci scusiamo ancora per il disagio"
"Devo andare-"
Venni interrotta dalla sua voce :"Si, ho sentito tutto"
"Ci vediamo dopo" bisbigliai.
"A dopo"
Nessun Ti amo: non eravamo soliti dircelo molto spesso, soprattutto in chiamata, non per un preciso motivo, più che altro perché entrambi riserviamo queste parole per momenti più speciali.
Chiusi la chiamata controvoglia vedendo il treno rosso arrivare proprio davanti a me, così presi tutti i miei bagagli, compresa la mia bellissima chitarra, e poi facendomi aiutare da qualcuno - sia bendetto chiunque fosse - riuscì a salire sul treno. Così andai alla ricerca del mio posto in una carrozza non molto distante da quella da dove ero salita.
 

Little Star || Alex WyseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora