due

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capitolo due,
ice.

14 ottobre

CELESTE


Eravamo davanti alla porta dell'appartamento di Alex, e io cominciavo a sentirmi un po' agitata: dopotutto sarei entrata nello spazio privato del mio ragazzo, e nonostante lui avesse "invaso" il mio più di una volta sarebbe stato strano, almeno all'inizio.
In un certo senso abbiamo vissuto insieme in quella camera d'hotel quando ci siamo conosciuti, quindi avevo già condiviso uno spazio con lui. Ma mai un suo spazio.
Ad essere sincera avevo un po' di paura: se fossi sembrata troppo invadente?
Scacciai subito questi pensieri dalla testa e mi concentrai solo su Alex che in quel momento stava aprendo il portone di casa sua.
Sulle spalle aveva la mia chitarra e accanto a lui si trovava la valigia che aveva tanto insistito per portare.
Aprì la porta lentamente facendomi segno di entrare per prima, così feci e spiccai un sorrisetto per mascherare un pelino di ansia.
Entrai nell'appartamento guardandomi bene intorno: l'arredamento rispecchiava il suo stile - un po' simile al mio - e le pareti bianche creavano un contrasto con il pavimento e i mobili in legno, rendendo tutto lo spazio più accogliente e spazioso.
Appesi alla parete c'erano diversi quadri molto semplici, ma ad attirare la mia attenzione fu bensì un quadretto di grandi dimensioni, con dentro una foto gigante di Alex e un disco dentro.
Anzi, un disco d'oro.
Certe volte mi scordo proprio che Alex sia così conosciuto: a dir la verità mi importa solamente perché lui è felice grazie a ciò che fa e a tutte le persone che lo sostengono. Sono contenta che abbia intrapreso questa carriera che sicuramente lo porterà a fare grandi cose in futuro.
Mi avvicinai al disco d'oro sfiorando la cornice con il polpastrello dell'indice: "Che bello" sussurrai.
"Se solo ti lasciassi andare e provassi a far conoscere la tua musica potresti averne anche tu uno in casa"
Mi voltai verso di lui per guardarlo male, in risposta alzò le mani e si avvicinò a me dopo aver poggiato la mia chitarra delicatamente sul divano.
"Te l'ho già detto Ale, non penso di avere la stoffa per farlo" dissi "E preferirei che non ne parlassimo più"
Forse stavo esagerando, ma adesso la mia priorità è finire questi ultimi anni di università ed arrivare alla laurea, in modo da cominciare ad avere uno stipendio fisso sicuramente più alto di quello che ho adesso, lavorando in un bar.
"Va bene, come vuoi" cercò stranamente di sviare il discorso e arrivò davanti al mio viso: "Posso baciarti adesso?"
Sorrisi, e in un'attimo il pensiero della musica sparì totalmente dalla mia testa. Troppo concentrata a godermi quel bacio che stava diventando sempre più spinto.
Alex fece scivolare le sue mani dai miei fianchi al mio sedere e mugolai appena sentì stringere le mie natiche.
Cominciai a lasciare dei baci umidi sul suo collo, lasciando giusto qualche macchiolina violacea sotto la mandibola. Lo sentì sospirare quando leccai il lobo del suo orecchio il più lentamente possibile.
"Mi eri mancata proprio tanto" sussurrò.
Sorrisi maliziosa continuando a torturare ogni centimetro della sua pelle scoperta.
Mi tolse la felpa verde rimanendo sorpreso nel vedere che non indossassi alcuna maglietta ma solo un misero reggiseno nero.
La sua espressione di stupore si trasformò subito in una piena di desiderio e assetata di piacere.
Riattaccai le nostre labbra in un bacio ancora più passionale.
Le sue mani cominciarono a salire sulla mia schiena lentamente provocandomi mille brividi per gli anelli freddi che si scontravano sulla mia pelle.
Era da tre settimane che non ci vedevamo: ciò stava a significare tre settimane senza baci e sesso. Di certo avremmo recuperato in questi giorni come facevamo sempre ogni volta.
Sfiorò i lembi del mio reggiseno con le dita ed emisi un leggero gemito sulle sue labbra.
Accarezzò i miei seni da sopra il tessuto del reggiseno ed io cominciai ad indietreggiare con l'intenzione di appoggiare la mia schiena al muro.
Andai a sbattere rumorosamente contro qualcosa e sobbalzai staccando le mie labbra dalle sue.
Alex - ancora con le mani sul mio reggiseno - sembrava confuso, e appena si rese conto che avevo sbattuto contro la sua tastiera si mise a ridere, anche se leggevo chiaramente nei suoi occhi che avrebbe preferito di gran lunga finire ciò che avevamo cominciato.
La prima volta che ci siamo fatti prendere dal momento siamo stati interrotti da una cameriera che gentilmente ci aveva portato la colazione, invece adesso da una tastiera.
Avremmo potuto tranquillamente continuare, ma la mia schiena non era certo al top e quindi ammenoché non volessi trovarmi al pronto soccorso con la schiena mezza rotta, dovevamo interrompere ciò che stava per succedere
Anche io mi misi a ridere, e portai una mano poco più sopra il sedere per cercare di alleviare il dolore.
Mi girai verso la tastiera e scossi la testa:
"Ti sei fatta male?" domandò Alex, forse preoccupandosi nel vedere la mia mano ancora poggiata sulla schiena.
Sembrava preoccupato, ma di sicuro era anche divertito.
Provai a camminare e sentì un leggero dolore: fortunatamente nulla di ingestibile.
Forse sarebbe stato meglio mettere un po' di ghiaccio.
"Hai un po' di ghiaccio in frigo?"
Nel chiederlo mi soffermai su le macchie violacee ben visibili che gli avevo lasciato e sorrisi soddisfatta.
"Che hai da ridere?"
"Niente" dissi, liquidando la sua risposta con un cenno della mano. 
Ovviamente non lo convinsi ma andò comunque in cucina per prendere il ghiaccio.
Che bel benvenuto sbattere la schiena contro una tastiera, pensai.
"Posso andarmi a sdraiare in camera?" chiesi urlando per farmi sentire.
Dopotutto dovevo chiedere il permesso, sarebbe stato strano se mi avesse trovata distesa sul suo letto appena arrivata.
"Certo scema" rispose.
Mi avviai verso il corridoio e aprì tutte le porte chiuse per trovare la sua camera.
Finalmente dopo molte porte spalancate trovai la stanza e mi fiondai sul letto stendendomi a pancia in giù per evitar di far toccare la schiena sul materasso.
Sentì subito il suo odore sulle lenzuola e feci sprofondare il mio naso sul materasso inebriata da quell'odore buonissimo.
Solo quando mi resi conto che poteva bastare girai la testa sul lato per osservare metà della camera.
La sua chitarra era in un'angolo della stanza, vicino alla finestra che dava su un balconcino molto piccolo; mentre vicino alla porta da dove ero entrata poco prima c'era quella per andare in bagno.
Era tutto così candido e pulito.
Quando avevo conosciuto Alex avevo subito pensato che non fosse un tipo da foto, mentre con il tempo ho capito che il mio sesto senso per una volta aveva sbagliato. Le pareti e i due comodini posti ai lati del letto erano riempiti di foto, alcune attaccate con delle mollette a un filo mentre altre incorniciate.
Sorrisi spontaneamente vedendo una foto di lui con Federica, sua sorella, presumo di tre o quattro anni fa sicuramente nel periodo di natale. Lui faceva una smorfia con la lingua e aveva i capelli molto più chiari, mentre Fede aveva le labbra arricciate e i capelli decisamente più lunghi di come li ha adesso.
Un po' di tempo fa Ale mi aveva fatto conoscere sua sorella in una videochiamata, e ci siamo scambiati i numeri subito dopo a sua insaputa.
Non penso di averglielo mai detto: non perché non volessi, solo perché non c'è stata occasione di farlo.
Rimisi a posto la foto come lo avevo trovata e poi continuai a guardare le altre.
Tutte raffiguranti Alex ed una persona a lui cara.
Tranne una, in cui c'era una sola persona.
Si, in quella c'ero proprio io.
Foto che tra l'altro mi aveva fatto di nascosto.
Ero seduta sul divano del mio appartamento con uno dei miei gatti, Mercurio, steso sulle mie gambe. Indossavo gli occhiali da vista - che uso solo quando mi ricordo di indossare - e il libro altissimo di psicologia aperto accanto a me.
Ricordo che ero in piena sessione d'esami e che Alex, volendomi tirare su di morale, era venuto a stare da me per un paio di giorni senza avvisarmi prima.
Aveva scattato questa foto dallo stipite della porta del salone, semplicemente perché quando me lo aveva chiesto gli avevo risposto che conciata in quel modo ero veramente impresentabile e che non era il caso.
Ma l'aveva fatta lo stesso.
E la teneva pure in camera sua.
Mi coprì la mano con il viso cercando di non ripensare a quel momento con gli occhi a cuoricino, ma ovviamente fallì nel tentativo; soprattutto quando vidi una foto di noi due proprio accanto a quella su cui avevo posato gli occhi precedentemente.
Era uno degli ultimi giorni che abbiamo passato a Capri insieme ed eravamo stesi sul letto dell'hotel. Io tenevo il cuscino stretto tra le braccia con la guancia poggiata su un lato mentre Alex aveva la testa più o meno all'altezza del mio petto. Aveva la testa alzata e mi guardava, così come io guardavo lui. 
La foto era leggermente sfocata, probabilmente perché lo scatto era partito per sbaglio o per non so quale motivo, ma quella sfocatura rendeva la foto nell'insieme più reale.
Di solito questo genere di foto vengono scattate appositamente con mille prove per centrare la foto perfetta, ma questa era così spontanea e autentica che nemmeno facevi caso alle valigie che si vedevano dal riflesso dello specchio.
Non mi aveva mai mostrato questa foto, o meglio, lo aveva fatto ma mi aveva tolto subito il telefono dalle mani, perché conoscendomi non avrei esitato a cancellarla.
In effetti aveva ragione, ma ora come ora sono felice che non me lo abbia fatto fare.
Il modo in cui mi guarda mi fa venire voglia di baciare la sua stessa immagine nella foto.
Per non parlare del modo in cui io guardo lui:
i tipici sguardi innamorati, quelli con cui tutti sognano di essere guardati almeno una volta nella vita.
"Alla fine avevo ragione io" la sua voce mi fece sobbalzare provocando un grande dolore alla schiena, che però passò in secondo piano appena vidi il suo viso.
"Una delle poche volte" dissi mettendo la foto al suo posto
Si mise seduto sul letto scuotendo nella mano una busta di plastica con dentro dei cubetti: "Ho portato il ghiaccio"
Mi stesi sul letto aspettando che mi mettesse la busta sulla zona dolorante:
"Sono freddi?"
"Sicuramente non più freddi dei miei anelli"
Ridemmo entrambi e proprio in quel momento appoggiò la busta sulla mia schiena.
Presa di sprovvista strinsi le lenzuola del letto, muovendo i piedi tanto per tenermi occupata e non pensare a quanto fosse freddo il ghiaccio.
"Vacci piano, se fai così con dei cubetti di ghiaccio non riesco a immaginare cosa faresti se-"
"Ho capito Alessandro, ma in questo momento non aiuti proprio"
"Nemmeno tu mi aiuti se mi chiami Alessandro se è per questo"
Alzai la testa dal cuscino per tirarglielo in faccia.
In altre circostanze non mi sarebbe dispiaciuta la sua vena di maliziosità, ma questo non era proprio il momento. Perché una busta piena di ghiaccio mi stava congelando la schiena.
Tutto questo per colpa di un tastiera.

...

Eccoci!
Come state? Spero bene.
Mi scuso in anticipo per gli errori di battitura che questa volta potrebbero essere di quantità maggiore perché ho corretto tutto sul telefono. Grazie per le stelline e tutti i commenti ❤
Come avete potuto notare questa storia sarà un po' differente dalla precedente, ci saranno più momenti riguardo la quotidianità di Alex e Celeste: proprio per questo già vi anticipo che non sempre è tutti rosa e fiori come si pensa...
Detto questo, a presto con il prossimo capitolo!


Little Star || Alex WyseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora