quindici

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capitolo quindici
are u drunk?

20 ottobre

CELESTE

"Non penso sia una buona idea" blaterai rivolgendomi a Isa.
Lei si girò, fermandosi dal mettersi il mascara, e mi guardò sconcertata: "Lo è eccome invece: devi capire tante cose, e che miglior modo c'è per farlo se non con molti giri di shot pagati da me?"
"Non ne dubito, ma potremmo farlo in casa invece che in un locale"
"Smetti di parlare e vai a prendere un vestito dal mio armadio, dovrebbero andarti bene dato che abbiamo più o meno la stessa taglia"
Sbuffai e mi alzai dal gabinetto su cui ero seduta praticamente da due ore in attesa di un'illuminazione che mi aiutasse a capire cosa volevo fare con Alex.
Forse Isa aveva ragione, prendermi una sbronza mi avrebbe aiutato a chiarirmi le idee. É esattamente ciò che la Celeste di questa estate avrebbe fatto in casi di questo genere. Mi manca essere forte come lei ma allo stesso tempo mi intimorisce. Certo, non è che sia cambiata più di tanto, ma sono cambiate le dinamiche che mi girano intorno, inutile dire quali siano. 
Cercai di scacciare quei mille pensieri che mi circondavano la mente e mi concentrai sulla vasta scelta di vestiti a cui Isa aveva dedicato un intera anta dell'armadio, proprio come me.
Non fu poi così difficile individuare il vestito, la cosa complicata fu convincermi ad indossarlo. 
Mi sembrava quasi che stessi scegliendo la strada più facile senza affrontare veramente questo "problema", era sicuramente da me, ma per la prima volta mi suonava come una cosa che non dovevo fare. Eppure la feci comunque. 
Mi avvicinai allo specchio e sistemai meglio la scollatura del vestito verde luccicante in modo che non si vedesse troppo la forma del seno per non attirare sguardi indiscreti una volta dentro il locale.
Senza alcun motivo guardando i miei occhi dal riflesso dello specchio sorrisi a trentadue denti: questi sorrisi li conosco fin troppo bene, sono quelli che si usano per nascondere tutta la sofferenza che si prova a cui tutti credono, ad arrivare al punto di fartelo credere anche a te.
Bisogna solo convincersi che tutto sta andando bene. 
Dopotutto non è così difficile, o almeno lo è solo all'inizio.
Isa apparve dalla soglia del bagno, facendomi finalmente distogliere lo sguardo da quel maledetto specchio:
"Ho bisogno di un consiglio sull'ombretto, puoi venire un attimo?"


━━━━━━ ◦ ❖ ◦ ━━━━━━


Mi girava la testa.
Forse era per quel paio di drink che avevo bevuto.
Giusto! Potrebbe anche essere per via di quei tre giri di shot.
Mi sembrava quasi di osservare tutto da un'altra prospettiva, come se fossi lo spettatore invece che l'osservatore. La musica mi rimbombava nelle orecchie eppure i suoni mi sembravano più ovattati che altro.
Siamo sicuri che nessuno abbia messo qualcosa nel mio drink?
No, non lo siamo. Ma che avrei potuto fare?
Il corpo non rispondeva più a i comandi del cervello, non riuscivo neanche a pensare lucidamente. Isa l'avevo completamente persa di vista, probabilmente era ancora al bancone intenta a parlare con quel barman piuttosto carino.
D'un tratto cominciai a sentire il bisogno di vomitare. Mi era mancata la discoteca, ma non di certo questo tipo di sensazione. Fortunatamente non ero al centro della pista, per questo riuscì ad arrivare sana e salva nel bagno delle donne, quasi del tutto vuoto fatta eccezione per due ragazze che si stavano sistemando il trucco.
Entrai nella prima porta che trovai e mi sistemai subito i capelli, pronta per vomitare pure l'anima. Quanto avrei voluto che ci fosse stato qualcuno a tenermi i capelli.
Magari Alex?
Come è possibile che riesca a pensare a lui anche quando sto per vomitare?!
Immaginai che ci fosse lui accanto a me ad accarezzarmi la nuca e rassicurarmi, dato che sapeva perfettamente quanto odiassi la sensazione del vomito.
Mi aveva ferita, ma avevo bisogno di lui.
Odio essere sottona, non mi ci riesco proprio a vedere.
Dopo aver finalmente finito tirai lo sciacquone, e mezza stordita cercai di alzarmi dal pavimento su cui avevo poggiato precedentemente le ginocchia. Probabilmente non la cosa più igienica da fare, ma sicuramente la più comoda.
Uscì dal bagno barcollando ancora più di prima e poi tornai per l'ennesima volta al bancone, pronta per chiedere un'altro drink. Fortunatamente trovai uno sgabello vuoto e mi ci sedetti senza pensarci due volte consapevole che non sarei riuscita a stare per un altro secondo in piedi.
"Celeste?"
Qualcuno mi chiamò, ma non riuscì a stabilire da dove provenisse quella voce.
"Chi mi chiama?" chiesi incuriosita guardandomi attorno.
Il mio sguardo mise a fuoco lentamente una figura molto familiare, o meglio, degli occhiali molto familiari.
"Sei ubriaca?"
Nel mentre il mio drink venne lasciato sul bancone e lo presi subito tra le mie mani come se in quel momento fosse la cosa più preziosa che avessi.
"Luigi! Come stai?" Senza aver nessuna risposta da parte sua mi tolse il bicchiere di mano prima che io potessi dire qualunque cosa, e lo guardai molto male: "Ehi! Quello è il mio bicchiere!"
"Hai bevuto abbastanza per oggi, non credi?" chiese retorico "Alex dov'è??"
Alex.
Perché ha dovuto nominare quel nome a voce alta?
"Non devo tornare da lui" dissi.
"Con chi sei venuta?"
"Con una mia amica" asserì dopo forse troppi secondi di riflessione: "non ero tanto sicura di venire, però dovevo capisci? Non devo pensarci ma essere forte come faccio sempre, sono forte io vero?"
In questo momento capì di aver perso completamente la testa.
E ringraziai che Luigi fosse lì con me, perché se lui non ci fosse stato sarebbe sicuramente finita diversamente, probabilmente sarei finita in ospedale per overdose o peggio, perché io non avrei smesso di bere se qualcuno non me l'avesse impedito.
"Avvisa la tua amica e dille che stai tornando a casa"
"Quale casa?"
"Quella di Alex cretina"
Non ci dovevo tornare, glielo avevo detto. Però non avevo le forze di obbiettare, così mandai un messaggio a Isa e decisi di dare retta a ciò che Luigi mi aveva detto.
Mi prese dolcemente il braccio e mentre ci facevamo spazio tra la folla per uscire chiamò un taxi, o almeno credo, non riuscì a capire molto di quello che stava dicendo.
Dopo essere definitivamente usciti, in attesa del veicolo, dovetti sedermi sul marciapiede per non cadere per terra e dopo alcuni secondi anche Luigi si rassegnò e si sedette accanto a me.
"Hai una sigaretta?" gli chiesi, dato che il mio pacchetto di emergenza era rimasto nell'appartamento di Alex.
Lui, seppur titubante, mi passò il pacchetto e successivamente l'accendino. Non sapeva che fumassi solo in casi estremi e di bisogno, non ne avevamo mai parlato, ma non lo avrei biasimato se mi avesse detto di no.
Mi osservò attentamente per qualche secondo, probabilmente per analizzare il mio comportamento, ma io non feci altrettanto, bensì continuai a guardare la strada quasi totalmente buia.
"Ce', cosa è successo?" 
"È successo quello che sapevo sarebbe successo" dissi facendo un tiro dalla sigaretta. "Mi sono fidata della persona sbagliata un'altra volta, tutto qua"
"Forse non vorresti ricevere dei pareri personali da una persona che non sa nulla di questa storia, ma ti dico che Alex non farebbe mai una cosa del genere se non per il tuo bene"
"Sei suo amico Luigi, stai prendendo le sue difese"
"Non sto prendendo le difese di nessuno"
"Ma tu cosa ne sai eh?" il mio piede cominciò a sbattere sul suolo nervosamente ed un leggero formicolio cominciò a salirmi su per la schiena: non era un brivido di freddo, era una scarica di rabbia, forse dovuta alla disperazione mista all'alcool. I miei occhi cominciarono a diventare lucidi e la voglia di prendere a calci qualcosa crescere; odiavo questa sensazione, mi faceva sentire schiava delle mie stesse emozioni e molto spesso non riuscivo a controllarmi. Non erano attacchi di rabbia frequenti, si presentavano solo quando il tanto diventava troppo.
Mi alzai dal marciapiede traballante, buttai la sigaretta per terra e la schiacciai con il tacco della scarpa, immaginando che fosse una dei miei stupidi problemi.
"Non sai un cazzo di quello che è successo e adesso vieni anche a farmi la predica, certe volte dovresti imparare a farti i cazzi tuoi Luigi!" esclamai singhiozzando.
Stavo impazzendo, e nonostante lo sapessi non potevo fare nulla perché non riuscivo più a controllare le mie azioni.
Si alzò anche lui e senza darmi tempo per accorgermene mi abbracciò. Sentì la sua mano accarezzarmi la nuca amichevolmente, come se volesse tranquillizzarmi: i miei muscoli si rilassarono e mi afferrai letteralmente a Luigi come se fosse l'unica cosa che mi tenesse in piedi in quel momento. 
"E tu a bere un po' di meno, che ne dici?"
Risi alla sua battuta e continuai a stringermi a lui, non vedendo l'ora che arrivasse il taxi per fiondarmici dentro.
Il mio umore era cambiato in pochi secondi, ora l'incredibile voglia di prendere a calci qualcosa venne sostituita da quella della sonnolenza.
Vidi una macchina molto simile ad un taxi avvicinarsi al ciglio della strada e quando anche Luigi se ne rese conto salimmo nella macchina ed io tirai un sospiro di sollievo.
Non ricordo molto del tragitto.
Solo che alla radio trasmettevano canzoni maledettamente tristi oppure così lente che mi addormentai dopo nemmeno tre minuti di strada, svegliandomi con la voce di Luigi che continuava a chiamare il mio nome.
"Ti accompagno fino a su"
"Non ce ne'è bisogno, ti mando un messaggio quando sono a casa"
A casa.
Casa non stava a rappresentare le quattro mura, ma bensì la persona che ci viveva dentro.
Ma sapevo che non sarei tornata a casa, almeno non stasera.
Annuì, anche se non molto convinto, così lo salutai ringraziandolo e scesi dal taxi.
Le chiavi del palazzo erano ancora nella mia borsa, quindi non dovetti suonare a nessun citofono per entrare nella palazzina.
Mi avviai verso l'ascensore, ma giunsi davanti un foglio con scritto "guasto" che fece diventare questa sera ancora più brutale di quanto già non fosse. Mi tolsi i tacchi, pronta a scalare ciò che in quel momento mi sembrava il degno sinonimo dell'inferno.
Inciampai un paio di volte sui miei stessi piedi, ma per il resto andò tutto liscio: fortunatamente nessuno era andato a buttare la spazzatura alle tre di notte.
Anche se Alex sarebbe stato capace di farlo data la sua tendenza alle ore notturne.
Basta.
Pensare.
Ad Alex.
Mi diedi uno schiaffo da sola, ma me ne pentì subito dopo. Avevo decisamente bisogno di dormire.
Suonai il campanello dell'appartamento più di una volta dato che nessuno veniva ad aprirmi, e dopo un paio di minuti ad aspettare qualcuno aprì la porta.
E no, quel qualcuno non era Alex.
"Nico, scusa per l'orario-"

...

Dopo tanto tempo, ecco un nuovo capitolo!
Non ho pubblicato per un po' per diversi motivi, uno tra questi era sicuramente la scuola ma anche la cosa peggiore che potessi capitarmi: dubitare della mia scrittura.
Insomma, io leggo fanfiction e mi rendo conto che sono scritte in maniera eccellente e dopo vado a vedere la mia e faccio un confronto rendendomi conto che non c'è proprio paragone. Mi ci vuole un po' per capire che coloro che scrivono quelle fanfiction sono sicuramente più grandi di me ma il mio cervello non lo riesce ad accettare.
Mi farebbe piacere capire se la storia vi sta piacendo o no, magari con un commento o non so hihi.
Quindi, concludo questo monologo augurando buona Pasqua a tutti!
Ci vediamo presto!









Little Star || Alex WyseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora