• 16° Capitolo:

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*Sarah's Pov*

Apro la porta dello stanzino e mi sposto in modo che entri prima lui. Dopo aver varcato la soglia piombando in una semioscurità, inconsciamente, lascio l'anta socchiusa, forse per una sorta di mia rassicurazione.

Però, nel momento in cui mi volto, sussulto nel trovarmi Blaze a pochi centimetri di distanza. Ha in viso un sorriso beffardo e mi è più vicino del dovuto, più di quanto dovrebbe essere. «Le regole si rispettano appieno, Sarah.» Con questa frase, allunga un braccio e si approda a chiudere bene la porta, dando pure un giro di chiave non necessario e che mi allarma inspiegabilmente. Non era un requisito richiesto.

Nonostante lui mi sembri quel tipo di persona che non è solito rispettare alcuna regola, almeno se non gli convenga. Mi riscuoto subito e mi pento per essermi fatta venire in mente questo pensiero: è stato uno stupido giudizio, ed io non giudico mai, men che meno qualcuno che conosco da così poco tempo come questo ragazzo.

«Non ce n'era bisogno.» Affermo, deviando lo sguardo dal suo, come ormai faccio spesso in questi giorni. Precisamente da quando lui ha beccato me e Jastin in quel camerino, che non riesco a reggere troppo il suo contatto visivo, a causa del moto di imbarazzo che mi suscita quel solo ricordo.

Al contrario mio però, Blaze continua a guardarmi; nonostante sia più grande di circa due anni, noto che è alto almeno quanto lo sono Jastin e James. «Non si sa mai.» fa un altro passo avanti, varcando senza permesso la mia area personale, trasmettendomi quasi un senso di oppressione. «Sai, nel caso volessi comunque rimanere qua dentro dopo lo scadere dei dieci minuti.» Dice, come se questo possa veramente accadere. E mi è pure difficile non percepire l'improvviso abbassamento del tono della voce, accompagnato da uno strano ghigno che non mi promette bene.

Non capisco quali siano le sue intenzioni, se adesso sia solo in vena di scherzare o se semplicemente questo suo atteggiamento faccia parte del suo carattere.

Scuoto leggermente la testa. «Non... non credo.» Mormoro, dandomi poi un'occhiata intorno.

Lo stanzino sarebbe totalmente immerso nel buio, se non fosse per dei leggeri sprazzi luminosi provenienti dalla fessura della porta. Ma è ugualmente troppo oscura per i miei gusti. «Almeno, accendiamo la luce.» Però, prima che possa premere sull'interruttore posto al mio lato, lui me lo impedisce.

«No, si sta bene anche così.» Blaze mi squadra, con un qualcosa nello sguardo che lo rende ancora più cupo. E, d'improvviso, china di lato il capo, come se avesse compreso qualcosa. «Non sarai nervosa... vero?» Mi chiede, quasi con un compiacimento che mi fa supporre che proprio questo sia il suo scopo. E, se così fosse, ci sta riuscendo... e siamo qua dentro da nemmeno due minuti.

Incrocio le braccia sotto il petto, muovendomi su un piede all'altro. «Perché dovrei?» Gli chiedo retoricamente, domandandomelo pure io stessa. «Solo... non mi piace il buio.» Gli dico, ed è vero, nonostante la stanza in realtà sia solo in penombra.

Ma... l'oscurità è sempre stata una delle mie più grandi paure sin da quando ero piccola, e la cosa non è migliorata tanto col passare degli anni. Non è una di quelle cose che confido a chiunque, per via dei commenti che ne derivano dopo, ma non vorrei che fraintenda in qualche modo errato il mio stare sulla difensiva in questo momento.

Come mi immaginavo, Blaze arcua entrambe le sopracciglia, con in volto un'espressione che sembra in procinto di trasformarsi in una risata umiliante. «Non mi dire che hai paura del buio come i bambini.» Ridacchia tra sé, e questo è l'unico istante in cui ringrazio la penombra circostanza per occultare il rossore che mi sta imporporando le guance.

Cerco di non rimanerci male, di oltrepassare con maturità l'evidente presa in giro alla mia ingenua confessione che non mi ha risparmiato, ma inutilmente. Presso con forza le labbra tra loro e distolgo lo sguardo dal suo, a causa dell'imbarazzo che mi sta facendo provare. No, a causa mia e delle mie sciocche paure che, soprattutto a quest'età, dovrei avere superato da ormai tempo. Mi sposto da questo punto per mettere distanza tra i nostri corpi. E, per mia fortuna, il camerino non ha uno spazio così piccolo come l'obbligo comandava che fosse. Quindi mi vado a posizionare in un angolo in fondo, voltandomi poi nella sua direzione.

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