IV. La Permanenza

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Se Lily avesse dovuto esprimere i suoi sentimenti, all'appello ci sarebbe stata una sola emozione: la rabbia.

Lily era arrabbiata, come non lo era mai stata. Il sangue ribolliva nelle vene come l'acqua nelle pentole di rame, i nervi erano tesi come elastici, le unghie avevano finito per creare semilunette troppo profonde nei palmi delle sue mani per poter sparire semplicemente dopo una manciata di secondi. Macchie viola e rosse cominciavano a farsi spazio sui palmi, avrebbe potuto strozzare chiunque con quella forza di cui il suo corpo era vittima innocente.

Una rosa.

Ancora non ci poteva credere. Condannata per l'eternità per una rosa. E a lei, che lui fosse stato maledetto per via di quella, non gliene importava minimamente, forse se la sua rabbia non avesse raggiunto quei picchi così elevati, avrebbe potuto provare pietà per lui, ma in quel momento - dove aveva visto suo padre venire trascinato via con forza e senza la minima educazione - a lei non fregava niente.

Nel suo cuore - generalmente colmo di bontà, tenerezza e amore verso il prossimo - proprio non riusciva a farsi spazio nessun sentimento che non fosse la rabbia. E era contenta di aver liberato suo padre, ma lei cosa avrebbe fatto? Sarebbe dovuta scappare, non aveva scelta, perché in quel castello di matti non avrebbe mai voluto trascorrere più tempo del necessario.

«Mi dispiace»

Lily trasalì e guardò verso le sbarre. Oltre il metallo vi era l'orologio da tavolo che l'aveva scortata fino a quel punto.

«Non lo faccia, non ne vale la pena»

Lily era inflessibile, tornò a guardare verso la piccola finestrella e lo ignorò fin quando non sentì il rumore della cella che veniva aperta.

Sirius la guardava con le braccia sui fianchi. «Non vorrà mica restare qui in eterno»

«Lui ha detto-» Cominciò Lily venendo interrotta dal candelabro.

«Il principe dice tante cose, ma non le pensa davvero. Imparerà a conoscerlo»

Lily sbuffò, non aveva la minima intenzione di conoscere quel borioso pallone gonfiato. E non le importava nemmeno che fosse un principe. Lily giudicava le persone per il loro modo di essere, e quello del principe le faceva perdere fiducia nel genere umano.

«Ci segua, le mostreremo la sua stanza»

Remus camminava saltellando leggermente, in fondo era contento che quella ragazza fosse rimasta lì. James sapeva davvero essere intrattabile, ma lei era stata forte e, in nome dell'amore nei confronti di suo padre, aveva deciso di sacrificarsi e prendere il suo posto. Era quello il tipo di persona con cui James doveva avere a che fare, una persona bella e pura come lei; non uno come Tom Riddle.

Lily scese le scale seguendoli in silenzio. Osservava i due guardarsi e mormorare qualcosa di tanto in tanto, li trovava buffi.

«Sono Lily, comunque», disse presentandosi e interrompendo la conversazione. Il nemico non erano loro, ma il principe; e forse avrebbero potuto rivelarsi degli alleati per la sua fuga.

L'orologio si girò verso di lei con un sorriso radioso, quasi si sentì contagiata da questo. Sembrava contento che lei si fosse presentata e Lily non riuscì a trovare, nemmeno per un attimo, il motivo per cui potesse provare tale letizia.

«Io sono Remus», disse poggiando la punta del braccetto - come se fosse una mano - sul vetro del pendolo - al posto del petto. «Mentre lui-», continuò facendo cenno all'amico che si era fermato e sfoggiava un sorriso irriverente.

«Sono Sirius, piacere di conoscerti» Intervenne, non dando modo a Remus di concludere la presentazione.

I due spinsero una porta e attesero che Lily passasse. Dall'altro lato il principe li attendeva.

La Bella e la BestiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora