come camaleonte cangiante

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Quando Luigi poche ore prima era piombato rumorosamente e senza preavviso nella sua vita, nuovamente, Carola si trovava in bilico sul bordo di un tavolo di legno lucido, come un bicchiere di vetro sottilissimo pronto all'impatto.

L'impatto al suolo c'era stato nel momento in cui, a fine serata, si era chiusa alle spalle, con un tonfo, la porta dell'appartamento, che fino a pochi istanti prima pullulava di voci e risate. Quella sera avrebbe voluto fare di tutto fuorché sforzarsi di dipingere un teso sorriso sul suo volto, inespressivo. Tuttavia, dinnanzi agli occhi gentili di Alessandro e Tommaso, piombati nel suo appartamento per tenerle compagnia in quel periodo difficile, distante dalla danza e da se stessa, non aveva avuto il coraggio di liquidarli. Allietata da quella piacevole compagnia, la serata fortunatamente era trascorsa velocemente e per alcuni istanti, seppur fugaci, Carola si era illusa di non aver realmente incrociato poco prima lo sguardo di Luigi.

Guardandosi allo specchio posto dinnanzi al suo letto, la ragazza poggia delicatamente il polpastrello dell'indice sulle tempie massaggiandole delicatamente, nella vana speranza di alleviare la pressione sul cranio. Un'emicrania aggressiva l'aveva colta di sorpresa poche ore prima, senza darle tregua. La testa le pulsa, incessantemente, quasi in sincronia con i battiti del suo cuore.

Specchiandosi, Carola ha il coraggio di ritrovare i suoi occhi, smarriti da tempo, in quel riflesso che improvvisamente si tinge di una patina opaca, a causa delle lacrime silenziose che si lascia scappare.

Liquido acquoso intriso non più di dolore o delusione: quelle lacrime sapevano di rabbia.

Quando Luigi era uscito dalla sua vita senza fare rumore, la ballerina, inguaribile sognatrice, ogni notte aveva riposto sotto un morbido cuscino, dalla federa lilla, speranze e sogni dalla fattezza di polvere di stelle: tra questi, in cima, svettava il suo ritorno. Ma Luigi ora era tornato e cosa provava, se non astio? Era tornato ma lei non lo aspettava più sul ciglio, a braccia aperte e occhi allungati in piccole fessure sorridenti. Carola aveva fatto le valigie, o per lo meno, provava a conficcarvi dentro, a forza, Luigi, troppo ingombrante per quel piccolo bagaglio e soprattutto per il suo tenero cuore. Una mano ancorata al cassetto dei ricordi, l'altra sull'uscio della porta a reggere la valigia. Divisa, perfettamente a metà, tra passato e presente.

Ché in fondo, bastava un'occhiata fugace all'aura di Carola per coglierne ogni singola sfaccettatura. E in quel momento, dinnanzi allo specchio, la sua aura appariva come un camaleonte in preda a un mimetismo inarrestabile.

Comunemente è risaputo che i camaleonti cambino pigmenti per mimetizzarsi, diventando un tutt'uno con l'ambiente circostante. In realtà a provocarne i mutamenti di pigmentazione, rendendoli cangianti, sono l'umore e le condizioni psico-fisiche.

Il telefono che squilla desta lo sguardo di Carola, non più fisso sulla superficie riflettente.

Nel momento in cui sulla sua retina i pixel si assemblano per restituire l'immagine del contatto di Luigi, la ballerina senza alcuna esitazione rifiuta la chiamata.

Il mimetismo si arresta e l'aura di Carola si tinge ora di rosso scuro: collera trattenuta e repressa.

"Sono sotto, apri."

Nessuna risposta.

"Se non vuoi che salga,  almeno scendi tu."

Nessuna risposta.

"Posso chiederti scusa guardandoti negli occhi? Me lo concedi?"

Nessuna risposta.

"Ti prego Carola, solo questo. Voglio guardarti negli occhi e dirti quanto mi dispiace."

InesorabilmenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora