come il suo prezioso miracolo di Natale

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Luigi si trascina malvolentieri verso il portone d'ingresso del palazzo, con piombo ai piedi e pietra pomice al cuore. Non ricordava quanto fosse appagante respirare a pieni polmoni, senza alcuna ostruzione, dopo mesi di apnea e faticoso boccheggiare, all'implacabile ricerca di briciole d'ossigeno e d'amore.

Lascia che l'aria notturna e gelida di Roma si infranga sul suo viso e sul suo corpo, non a sufficienza riscaldato. Indossa un giubbotto troppo poco imbottito, come sempre d'altronde, e un brivido, saettante, gli attraversa il corpo. Quel fremito che gli fa drizzare i peli delle braccia non è altro che la risposta fisiologica del suo corpo, brevi e rapide contrazioni per ristabilire l'equilibrio termico, 'ché il suo cuore era infuocato d'amore e Roma invece era gelida.

Brividi, semplici brividi da freddo.

Guarda il cellulare che segna, severo, le 4 in punto.

Vorrebbe urlare.
Non più uno straziante urlo dal disgustoso sapore di sentimenti repressi, di labbra serrate, di sangue metallico. Luigi vorrebbe squarciare il silenzio del vicolo con una leggera risata. Anzi, un sorriso, come sempre sghembo e tremolante, quando porta il nome di lei.
Un sorriso intimo, appena accennato, 'ché la Fama, mostro alato, personificazione allegorica nella mitologia romana della voce pubblica, si aggira come un ossesso sulle loro teste, sempre pronto a minare le fondamenta di un amore ritrovato sì, ma da restaurare.
Questa volta con mattoni pieni, pesanti, non più traforati e traballanti.

Si poggia al lampione emettente una luce dorata, calda. Giurava che giorni prima non gli fosse sembrato così accogliente quel viale, impreziosito da eleganti luminarie.

'Alex starà già dormendo', mormora tra sé e sé, scorrendo velocemente l'indice sullo schermo, nell'urgente ricerca di qualcuno con cui confidarsi.
'Ché da Alex era sempre corso, perfino a tarda sera, con ortiche urticanti a bendargli gli occhi e il cuore, e ora gli sembra pura follia non poter presentarsi a casa sua, per chiudere il cerchio, ringraziandolo per essere stato il suo grillo parlante, con gli occhi bagnati.
Bagnati sì, ma d'amore.
Frena definitivamente l'impulso di disturbare il sonno rigenerante di Alex, come uno stupido ragazzino alla prima infatuazione, 'ché se avesse interrotto il suo rituale di bellezza con "inutili smancerie" - parole di Alex, avrebbe dovuto sopportare il suo broncio permaloso e il suo mutismo selettivo per giorni. Malinconia era veramente fiscale sulla qualità del sonno, ne valeva delle sue occhiaie, ancora presentabili, non macchiate indelebilmente da intramontabili notti in bianco, come quelle di Luigi.

Con i filtri dell'amore posti sugli occhi a mo' di lenti a contatto, gli sembra che perfino la luce del lampione, intermittente, segui il ritmo del suo cuore, ancora alterato.
Luigi si pizzica appena la guancia, nella speranza di rintracciare la sua dignità, intaccata da denso miele. Compone il numero del taxi che l'avrebbe riportato a casa dopo quella giornata interminabile, 'ché lui c'aveva i piedi di piombo e Carola pure. Le cicatrici delle scottature avevano un solo nome: prudenza.

Il portone stride però, acuto, nel silenzio di Roma.

"Carola". Sobbalza Luigi, trovandosela ancora sveglia dietro di lui.

"Il taxi quando arriva?", le chiede senza giri di parole, accucciandosi stretta nella coperta di lana.

"Sta per arrivare. Tu piuttosto sali su, non prendere freddo".

La sua apprensione le riscalda il cuore.

"Se stai ancora qui, quello che rischierà di prendersi un malanno sei tu, Gigi. È veramente tardi, lo sai che non è bello stare fuori a quest'ora, no?". Straparla, come sempre, quando è nervosa.

"Non preoccuparti, Caro".

Il cuore le sobbalza, ancora, 'ché era una vita che non la chiamava con quella dolcezza.

InesorabilmenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora