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Il Joker rimase a guardare per qualche istante la porta chiusa della camera di Mark.
Distolse poi lo sguardo e salì le scale per entrare in camera sua.
Si disfò dei suoi vestiti e li gettò nella sedia della scrivania, andò in bagno ed entrò in doccia.
Lasciò che il getto dell'acqua rilassasse i suoi muscoli e che lo svuotasse dai mille pensieri.
Appoggiò le mani al muro e chinò la testa sotto il soffione, sospirò cercando di cancellare la sua immagine, cercando di non pensare al suo corpo, al suo viso, ai suoi occhi.
Si era insinuato nella sua testa troppo in fretta ed ora non riusciva più a farlo uscire.
Finì di farsi la doccia, uscì con un asciugamano legato in vita, i capelli bagnati e le gocce che li scorrevano lungo il petto.
Prese la bottiglia di Whisky sul mini frigo che teneva in camera, se ne verso un po' sul bicchiere e prese una sigaretta.
Si distese a letto appoggiandosi alla spalliera di esso, si accese la sigaretta alternandola con il liquore.
Mentre fumava si chiedeva chi dei due avesse veramente il potere in quel momento, perché stava dubitando di averlo in pugno.
Appena finì la sigaretta e il liquore si alzò dal letto, si mise un paio di boxer e andò verso la telecamera.

Lo vide dormire.

"Buonanotte Mark".                                  Ritornò  poi a distendersi nel letto addormentandosi, ormai il volto di Mark era l'ultima cosa che vedeva prima di dormire.

La mattina seguente.

Mark voleva testare se fosse veramente libero di muoversi a suo piacimento.                                         
Si alzò dal letto, non era venuto ne lo scagnozzo ne la cameriera, questo era un bene.                     
Si lavò i denti e il viso, aprì l'armadio che aveva in camera, non aveva mai potuto farlo prima di allora.                    Trovò ogni tipo di abbigliamento, una serie di vestiti adatti per ogni occasione, scelse dei normali jeans e una maglietta bianca, indossò delle scarpe da ginnastica che erano sulla scarpiera vicino all'armadio, non si stupì nemmeno che sapesse il suo numero di scarpe.               
Scelse un outfit sportivo, infine doveva solo andare nel bar più vicino.                                                          Uscì dalla villa e nessuno lo seguì, non gli sembrava vero, i polsi e le caviglie gli ricordavano ciò che aveva passato ma l' aria fresca sembrava essere l'inizio di un nuovo capitolo.                  Sia gli scagnozzi che le cameriere erano ritornati in villa, ma non lo trattavano più come un oggetto da curare o da incatenare, quella mattina si erano limitati ad osservarlo, niente di più, sguardi increduli ma nessuno si era avvicinato più del dovuto.
Mentre Mark era arrivato al bar Jackson si era svegliato ed era sceso in sala.                                           
Uno dei suoi scagnozzi gli aveva comunicato che Mark era uscito.

-Infine hai deciso di andartene, ti sei già pentito della sfida, dovevo immaginarlo-.
Pensò mentre si sedette sulla poltrona.

Poco dopo però sentì il campanello suonare, mandò infastidito una cameriera ad aprire, non si aspettava di vedere Mark piombare nella sala con un sacchetto in mano, come non si aspettava quello che fece dopo.
Gli prese il polso e lo alzò trascinandolo in cucina, era talmente sorpreso Jackson che lo lasciò fare.
Lo fece sedere a capotavola e mise il sacchetto sopra alla tavola.

"Che diavolo stai facendo?"                     Chiese Jackson verso Mark che era girato di spalle.

"Ora sto preparando il caffè".                  Rispose tranquillamente mettendo la capsula nella macchinetta del caffè.
Quando furono pronti i caffè si voltò porgendone uno a Jackson che lo stava guardando perplesso.
Prese il sacchetto e lo aprì mostrando le quattro brioche che aveva acquistato al bar.

-Invece di fuggire si è fermato al bar?-
Pensò mentre alternava lo sguardo dalle brioche al viso di Mark che stava leggermente sorridendo.

"Questo sarebbe il tuo piano per farmi rimanere in vita?"
Sputò fuori con un tono arrogante Jackson.

"Ti aspettavi qualcosa di eclatante? Sono sempre stato dell'idea che sono i piccoli gesti a fare la differenza".          Controbatté sicuro di se prendendo una brioche, invitando Jackson ad afferrarla.

Lui la prese istintivamente continuando a guardarlo.

-Avrei avuto una vita più facile se i miei avessero avuto metà della tua gentilezza-.                               
Pensò Jackson mordendo poi la brioche.

Mark sorrise e ne prese una anche lui iniziando a mangiarla sotto lo sguardo di Jackson che non gli staccava gli occhi di dosso.

"Mi stai dando la possibilità di fare colazione con qualcuno dopo tanto tempo".                                     
Disse Mark finendo di mangiare e bevendo poi il suo caffè.

Jackson si limitò a guardarlo chiedendosi come potesse essere solo una persona come lui, come poteva essere grato di avere la sua compagnia, di colui che lo ha torturato fino a qualche ora prima.

"Io oggi sarò via tutto il giorno, rientro a tarda notte. Fai ciò che vuoi in mia assenza".
Disse spontaneamente, non aveva mai comunicato i suoi spostamenti a qualcuno, non aveva mai avuto nessuno che lo aspettasse prima di allora.

"Va bene, allora ne approfitto per andare a fare la spesa. Hai il frigo completamente vuoto".         
Sorrise prendendo le tazze del caffè  mettendole nel lavello.

"Perché fai questo?"                                 Domandò Jackson non capendo il comportamento di quel ragazzo.

"Siamo due vasi rotti, ero scheggiato ancora prima di conoscerti. Ho più paura del mondo là fuori che di te, almeno tu ferisci guardandomi in faccia e non alle spalle".                        Lo guardò negli occhi.

Jackson rimase senza parole, gli fece un cenno del capo e si alzò lasciando solo Mark.

Il JokerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora