18.

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Avrebbe voluto riprendere a punirlo, a sfogarsi, a usarlo come il suo giocattolino.
Ma non ci riusciva, la tenacia, la forza e il sorriso di quel ragazzo non rendeva più possibile la cosa.
Il Joker era veramente stato messo all'angolo dal bel ballerino?
Così sembrava, ma non era l'unico ad avere la testa dura, Jackson si era ripromesso di opporsi con tutte le sue forze a qual cambiamento.
E quindi dopo la pizza avrebbe voluto riprendere a non vederlo, a scappare da quella che prima era la sua preda e ora era la sua ossessione.

Ma era successo l'esatto opposto.

Dopo quella pizza avevano iniziato a fare qualche pranzo e cena insieme, non dialogavano molto ma a loro sembrava bastare solo la presenza dell'opposto.
Più passava il tempo e più a Jackson cresceva la voglia di avvicinarsi di nuovo alla sua passione.
La vicinanza con il ballerino sembrava che stesse facendo fiorire qualcosa dentro di lui,qualcosa che pensava di aver seppellito da diverso tempo.
Non toccava il pianoforte da diverso tempo, non aveva più osato sfiorarlo, si trovava in una stanza a sé, l'ultima volta che era entrato era per mettere la rosa sopra di esso, era quello il suo posto.
Era stato difficile andare oltre la soglia, più si avvicinava a quello strumento più il suo respiro si faceva pesante.
Un tempo amava suonare, lo suonava solo per suo fratello, era l'unico modo per calmarlo dopo che avevano affrontato l'inferno.
Se fosse bastato risuonarlo per farlo tornare in vita si sarebbe consumato le dita per riaverlo, per riabbracciarlo.
Quel pomeriggio era da solo in casa, Mark era uscito e lui si sentiva attirato da quella stanza.
Fece un grande respiro e avanzò, osservò la rosa, sfiorò i tasti con le dita e si sedette sulla poltroncina nera, non se la sentiva di suonare,ma aveva già fatto un passo avanti sedendosi lì.
Jackson prese gli spariti e li sistemò, erano quelli delle sue canzoni preferite, tra quelle c'era anche quella che amava suo fratello, quella che suonava più spesso, preso dal momento non  si accorse che proprio quello era scivolato a terra finendo sotto al piano.
Stava per uscire ma spontaneamente iniziò a suonare, una delle canzoni che ricordava a memoria, quella non l'avrebbe suonata al momento, era fin troppo doloroso eseguirla, avrebbe portato a galla troppi ricordi.
Era preso a far scivolare le dita con maestria che non sentì niente, sentiva solo il suono che produceva lui stesso.
Mark era rientrato dopo essere stato in centro, era stato accompagnato da Wonho, ormai era quasi più la sua guardia del corpo che quella di Jackson.
Appena entrò nella villa udì quella melodia, ne rimase affascinato, sembrava che lo stesse avvolgendo quel suono, così delicato e nostalgico.
Mentre il ballerino era incantato Wonho era sorpreso, non aveva mai sentito suonare il suo capo, aveva smesso anni prima.
Mark salì lentamente le scale entrando nella sua camera, stava cercando di non fare il minimo rumore,anche da lì poteva continuare ad ascoltare.
Non sospettava che una persona del genere, dall'anima dannata potesse avere una delicatezza tale da poter riprodurre quel meraviglioso suono.
Non immaginava nemmeno che ci fosse un piano in quella villa.
Quella stanza era sempre chiusa e sapeva che la curiosità avrebbe potuto causargli problemi, quindi non ci era mai entrato.
Mark attese che la melodia terminasse e che Jackson uscisse, lui era da anni che suonava il piano, gli dava lezioni un suo collega ballerino.
Avrebbe dovuto continuare a tenersi alla larga da quella stanza, ma ora che sapeva cosa ci fosse all'interno non riusciva a placare la sua voglia di entrare.
Ecco perchè quando lo sentì scendere dalle scale entrò nella sala.
Il pianoforte era nero lucido, sorrise quando vide al di sopra la rosa che gli aveva regalato, davanti ad esso un'elegante poltroncina in pelle nera.
Si avvicinò e sfiorò con le dita i tasti, si sedette, stava per provare a suonare quando il suo sguardo venne attirato da un foglio vicino ai suoi piedi.
Lo raccolse, e sembrava essere una bella canzone, voleva provare a riprodurla.
Sapeva a cosa andava in contro ma il suo desiderio di suonarla era così forte che iniziò a pigiare i tasti espandendo il suono nell'intera stanza e oltre.
Jackson stava risalendo le scale, era a metà quando la udì, strinse il corrimano e iniziò a sentire il fiato mancargli.
Tremante si avvicinò alla stanza, voleva fuggire ma non riusciva a farlo, si appoggiò al muro,preso da un ricordo doloroso scivolò a terra sedendosi con il cuore schiacciato in una morsa.
La melodia giunse al termine.
Quando Mark uscì lo trovò a terra, Jackson alzò lo sguardo e rimase a guardarlo negli occhi per attimi infiniti.
Nemmeno lui si era accorto che qualche lacrima stava scivolando lungo le sue guance.
Ora davanti a Mark non c'era il Joker, non c'era Jackson, c'era solo il ragazzino del passato, quello distrutto dal dolore di aver perso il fratello.
E il ballerino lo avrebbe protetto con le sue braccia racchiudendolo all'interno, avrebbe asciugato ogni singola lacrima da quel viso che ormai sapeva già di amare.
Mark si inginocchiò davanti a lui, gli asciugò le lacrime con i pollici e lo abbracciò.
Jackson rimase sorpreso per quel gesto ma non si scansò.
Anzi, lo abbracciò, stringendo tra le mani la sua maglia, appoggiò la fronte sul sul petto e si lasciò andare, lasciò che tutto il suo dolore fuoriuscisse.

"Mi manca così tanto, mi sento così in colpa".
Disse tra i singhiozzi Jackson.

"Non è colpa tua. Eri un ragazzino che è stato trascinato all'inferno dal giorno della sua nascita".
Lo strinse a sé.

Quelle lacrime, quel dolore che era stato rinchiuso per troppo tempo si stava riversando sul petto di Mark, stava inzuppando la sua maglia.
Lo aveva trattenuto così tanto che ora che stava uscendo gli stava letteralmente prosciugando le energie.
Mark gli mise le braccia sotto le ascelle e lo alzò, Jackson privo di forze lo lasciò fare, era lui la marionetta stavolta.
Lo portò a fatica nelle sua camera e lo aiutò a distendersi.
Si sedette sul letto e gli spostò i capelli, si rialzò per andarsene ma gli venne afferrato il polso e fu trascinato giù da Jackson.
Il ballerino finì disteso davanti a lui e lo avvolse con le braccia stringendolo a sé.

"Resta".
Disse Jackson all'orecchio di Mark.

Lui si mise meglio e portò una mano sopra a quelle di Jackson.

Sarebbe rimasto con lui, era felice che gli avesse chiesto di rimanere.
E nel silenzio che valeva più di mille parole si addormentarono così, stretti in un contatto pieno di parole non dette.

Il JokerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora