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Il dolore non si cura, lo si accetta, si diventa consapevoli di ciò che si ha subito e si diventa più responsabili di ciò che accadrà dopo tutto ciò.
Perché quando capiamo che quel dolore non lo meritavamo comprendiamo che era sbagliato, tutto quello che abbiamo passato lo era, non aveva nessuna giustificazione e noi nessuna colpa.
E dopo aver lasciato cadere la maschera possiamo guardarci intorno, possiamo vedere chi ha accettato i nostri demoni offrendosi di prenderli con sé per alleggerire il peso.

Ed è ciò che aveva fatto Mark, aveva conosciuto i demoni di Jackson ma era rimasto per condividerli.
Gli aveva porto una mano e un sorriso lasciandogli il tempo di riemergere dalle sue tenebre.
Era passato un mese dalla prima volta che finalmente si erano lasciati andare, avevano permesso ai loro sentimenti di riemergere senza nessun ostacolo o timore, con l'intenzione solo di godersi l'attimo.
Non avevano ufficializzato niente, ma chi li guardava sapeva già che quelle due anime si erano incontrate per salvarsi a vicenda.
Lo vedevi dai loro occhi, non parlavano ma riuscivano a trasmettere tutto ciò che volevano semplicemente guardandosi.
Una connessione che andava oltre a delle semplici parole.
Non erano perfetti, nemmeno lontanamente forse.
Ma quando sai amare le imperfezioni che sai il vero significato dell'amore.
E loro le amavano, come le giornate senza programmi ma solo vissute.
Come i momenti che avevano imparato a condividere unendo le loro passioni.
Ed era una giornata di quelle.
Jackson si era seduto sulla poltroncina nera, iniziò a muovere le dita sui tasti riproducendo la melodia che un tempo gli avrebbe frantumato il cuore.
Ora era diventata un dolce ricordo grazie a chi aveva curato le sue ferite, a chi aveva avuto la costanza e la determinazione per stargli al suo fianco, per porgergli la mano senza lasciarlo cadere giù.
Quella persona, il suo salvatore ora era al centro della sala, indossava dei leggings neri e una canottiera del medesimo colore.
Aveva iniziato a danzare unendosi alle note, il suo corpo sembrava così leggiadro e armonioso mentre eseguiva quei passi.
Jackson continuava a suonare e appena poteva si voltava ad osservare la persona che aveva imparato ad amare.

E se un tempo Jackson era sepolto in fondo a mille barriere ora era finalmente libero.
La sua fenice era risorta frantumando e riducendo in cenere Il Joker.
O meglio, il suo pseudonimo sarebbe rimasto solo per proteggere chi amava, ma non aveva lo stesso peso e lo stesso significato.
Quella maschera non era più fusa con il suo essere, era una cosa distinta che indossava come uno scudo per riparare dietro di sé Mark, Wonho e chi gli era stato accanto e nonostante tutto continuava  farlo.
Aveva mantenuto la tradizione di andare ad ogni anniversario da suo fratello, e l'ultima volta che lo aveva fatto si era inginocchiato porgendo un anello al suo ballerino, l'unico che era stato degno del suo amore.

"Sposami, continua ad essere colui che proteggerò fino alla mia morte".
Disse guardandolo negli occhi.

"Sarò tuo marito anche nella prossima vita".
Disse sorridendo.

Jackson si alzò e gli mise l'anello al dito.
Lo baciò sapendo che sarebbe stato benedetto anche da suo fratello, testimone del loro amore.

The End


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