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Mark era uscito a fare la spesa, era stato accompagnato da uno scagnozzo del Joker, sempre lo stesso, lo aveva assillato per tutto il tragitto in limousine, si era messo in testa di voler conoscere i nomi delle persone che frequentavano la villa.
Con quello scagnozzo ormai ci passava gran parte del giorno, voleva dare un nome a quell'armadio a diverse ante sempre serio, si era perfino messo in testa di farlo ridere, il ballerino sembrava attratto dalle sfide ardue, bastava vedere quella che aveva accettato da Jackson.
Gli faceva strano conoscere il suo nome, non dover usare più il soprannome del Joker.

"Ma allora come ti dovrei chiamare? Scagnozzo? Armadio Ikea?"                  Disse brontolando quando l'auto parcheggio nei pressi del market.

"Perché dovresti chiamarmi? Io prendo ordini dal capo".                        Rispose scendendo seguito poi da Mark.

"Eh dai? Dimmi come ti chiami".          Lo affiancò entrando all'interno del negozio.

"Mi tormenterai finché non te lo dico vero?"                                                        Brontolò lo scagnozzo.

"Sei perspicace Armadio".                       Disse ridacchiando.

"Wonho".                                                   Disse esasperato.

"Si, ti si addice, da proprio l'impressione di una persona massiccia".                                                Disse squadrandolo sorridendo.

"Posso farti una domanda Wonho?"
Chiese Mark mentre iniziava a mettere i primi prodotti nel carrello.

"Mi hai assilitato fino adesso e ora mi chiedi il permesso?"                             Ghignò.

"Non posso darti torto. Comunque perché siete fedeli a il Joker? Siete tanti, potete ribellarvi, eppure sembrate fedeli a lui".                          Chiese curioso mentre sceglieva la carne.

"Potrei farti la stessa domanda. Perché sei rimasto quando potevi essere libero?"                                    Wonho lo osservò, stravolta era lui ad essere curioso.

"Non lo so".                                                  Furono le uniche parole che disse Mark appoggiando la carne scelta sul carrello.

"Lo sai benissimo, ma fa più comodo mentire perfino a se stessi. Sei andato oltre, hai visto ciò che abbiamo visto noi. Non posso raccontarti le nostre storie, ma sappi che non ha comprato la nostra fiducia, l'ha guadagnata quando è stato l'unico a non farci sentire invisibili".                              Esordì serio Wonho, ricordando che lui era stato l'unico a dargli un lavoro quando il mondo lo aveva rifiutato.

Ma ci sono storie che non vanno raccontate, vengono custodite gelosamente dai protagonisti nascondendole da occhi e orecchie sconosciute.

"Forse hai ragione".                                  Disse spingendo il carrello verso la cassa.

Mentre Wonho caricava la spesa nel baule Mark era andato a sistemare il carrello, qualcuno lo bloccò, era uno dei clienti abituali del locale dove prima si esibiva, gli stava stringendo il polso invitandolo a seguirlo in auto.
Wonho si accorse del ritardo del ballerino, chiuse il baule e andò verso la direzione del deposito dei carrelli, vide la scena e strattonò il braccio dell'uomo dal polso di Mark.

"Non si azzardi più a toccarlo, forse non ha notato il suo marchio".              Disse Wonho indicandogli il polso marchiato.L'uomo sbiancò e si dileguò all'istante.

Mark ringraziò, salirono in auto arrivando poco dopo in villa.

Mark sistemò la spesa, lasciò fuori quello che avrebbe cucinato per cena, aveva già comunicato che per lui e Jackson avrebbe cucinato lui stesso.    Aveva messo l'acqua a bollire per il riso, aveva già preparato sopra al piano di cottura le pentole che avrebbe utilizzato.                                     Pensava che avrebbe mangiato da solo visto che Jackson aveva detto che sarebbe rientrato tardi.
Invece mentre tirò fuori dal frigo le verdure sentì la porta aprirsi.
Jackson entrò in cucina e lo vide.

"Ho finito prima del previsto".              Disse distogliendo lo sguardo, stava diventando difficile guardarlo negli occhi per troppo tempo.

"Bene, cucinerò io stasera".                  Disse Mark iniziando a tagliare le zucchine.

"Spero che non mi avvelenerai".       Scherzò velatamente per la prima volta Jackson.

"Potrei farci un pensierino".             Ridacchiò in risposta Mark.

Jackson lo guardò prima di andarsi a fare una doccia.
Tornò e la tavola era già imbandita, aveva preparato riso, trancio di salmone e verdure, rimase stupido soprattutto perché era ciò che preferiva.

"L'aspetto non è male spero che non sia la mia ultima cena".                           Disse Jackson sedendosi.

"Stai già cambiando idea sulla morte? Cavolo ho fatto presto".                          Sorrise divertito Mark.

Jackson si limitò a guardarlo iniziando a mangiare.

"Non male".                                              Jackson limitò i complimenti, pensava che fosse tutto delizioso ma non lo avrebbe ammesso.

Stavolta fu il turno di Mark di non dire altro, terminarono la cena e spreparando la tavola gli scivolò dalla mano un bicchiere.
Mark iniziò a raccogliere i pezzi ma sfortunatamente si tagliò il palmo con uno di essi.

"Mi sporchi il pavimento, stai più attento".                                                    Jackson prese la mano di Mark  facendolo sedere sulla sedia.

Era il primo contatto delicato che riceveva da Jackson, il ballerino deglutì la saliva per ciò che sentì dentro di lui.
Jackson andò a prendere il kit del pronto soccorso, si chinò davanti a lui, tenne lo sguardo basso mentre lo disinfettava, gli mise un cerotto e una garza.
Alzò lo sguardo trovando gli occhi del ballerino su di lui.

"Fatto".                                                         Distolse lo sguardo.
"Sono stanco, vado a letto".                     Aggiunse alzandosi e lasciando la cucina.

Mark rimasto solo si guardò la medicazione e sorrise.

I ruoli di entrambi stavano iniziando a vacillare.

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