SECONDA PARTE

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CALLIOPE 37

Aspetto dietro il sipario, mentre Eras inizia il suo solito discorso: "Buongiorno, studenti del Stanza. Stamani, siamo qui riuniti, come nostro solito, per ringraziare Gli Elogi: coloro che ci hanno aiutato ad arrivare fino a qui e che hanno reso possibile tutto ciò..." Il signor T. continua a parlare, ripetendo le stesse parole della settimana prima e di quella prima ancora. Parla degli Elogi come fossero Dei e lo sono o almeno per noi.

Osservo, da dietro le quinte, la mandria di studenti seduti su quelle comode poltrone rosse. Lascio scorrere i miei occhi per tutto il teatro, fino ad arrivare ai suoi. Come se mi leggesse nel pensiero, alza la testa incrociando il suo sguardo nel mio.  Mi sorride e in quel momento l'ansia di commettere anche il minimo errore svanisce.

"Detto ciò, vi lascio nelle mani di Amenda Suarez."

Dopo che come suo solito il signor T. mi presenta al pubblico, esco dal mio nascondiglio e mi incammino verso il centro del palco, sotto lo sguardo attento di tutti quanti.

Mi posiziono davanti al microfono e inizio: "Non voglio rubarvi tanto tempo, come ha fatto il signor. T..." Sussurro queste ultime parole, suscitando una risata generale e facendo sorridere Eras.

Continuo: "Perciò, andando dritti al sodo, vi auguro una buona giornata e ricordatevi: superatela e vincetela, per andare su e sempre più su." Ripeto queste parole come un mantra, sentendo la voce dei miei coetanei, seduti di fronte a me, fare lo stesso.

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Mi incammino verso la mensa per fare colazione e quindi per placare la fame che mi porta ad appoggiare la mano sul petto.

In quel momento, flashback del giorno prima mi tornano in mente: Prendi mattoncino, spostalo a destra e appog...

I miei movimenti vengono interrotti dalla mia mano che si sposta davanti al mio viso per proteggerlo, lasciando cadere il mattoncino che tenevo stretto.

Inizio a vedere sfocato, mi lacrimano gli occhi e le mie mani sporche non fanno che peggiorare  la situazione.

Mi inginocchio a prendere il blocco di cemento che fino a un minuto prima stava per essere appoggiato sul muretto, ma non lo trovo. 

Non ce la farò mai… Eppure lo faccio da un sacco di tempo.

Il braccio sinistro brucia mentre inizio a non avere più aria

Come da routine, mi accascio per terra in cerca di ossigeno. Mi metto a pancia in giù e inizio a trascinarmi verso l'unica via di fuga. Come mi hanno insegnato. 

Saranno molto delusi.

Theo mi risveglia dal mio stato di trans: "Ame, mi senti?" La sua voce calda e pacata mi arriva alle orecchie, come un dolce canto.

"Sì, scusa, stavo pensando..." Mi giustifico, abbassando lo sguardo. Non riesco a mentire, infatti non mento mai o meglio non lo faccio più, da quel giorno.

"Stavi pensando a ieri pomerig-" Lo interrompo: "Sì, solo non mi va di parlarne, scusa."

"E di che?" Mi guarda con il suo solito sorriso che mi scalda il cuore.

Insieme, ci incamminiamo verso il nostro solito tavolo.

Ad ogni mio passo, sento lo sguardo degli studenti addosso, ma non sono turbata, poiché sono abituata a ricevere attenzioni.

Alzo lo sguardo e sorrido a coloro che mi salutano.

A la Stanza mi conosco tutti, essendo rappresentante di istituto. Per questo motivo, sono un esempio per i più piccoli invece i miei coetanei o gli anziani mi trattano come fossi loro amica da secoli e in effetti è così, in quanto sono un tipo amichevole e sociale.

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