Capitolo 37

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Il giorno dopo - Maranello

"Io ti giuro che lo ammazzo" sentenzia Carlos dopo aver ascoltato il mio racconto, sbattendo un pugno sul tavolo. "Mi sento così in colpa, Nik" continua, passandosi una mano tra i capelli "ero lì anch'io ma non mi sono accorto di niente..."

"Ma scherzi?" gli chiedo, mettendo una mano sulla sua. "Non è colpa tua, smettila..." sussurro, guardandolo.

"Mi dispiace così tanto, Niki... Non so proprio cosa gli sia potuto passare per la testa" borbotta, venendo ad abbracciarmi.

Mi attira a sé e, tra le sue braccia, mi sento finalmente al sicuro. Inizio a piangere e singhiozzare, lasciandomi completamente andare ed arrendendomi alle mie emozioni.

"Ma perché?" mormoro tra le lacrime. "Che cos'ho che non va?"

Carlos scioglie immediatamente l'abbraccio e mi afferra per le braccia, guardandomi negli occhi. "Ma che cazzo stai dicendo, Nik? Smettila subito, hai capito? Non hai niente che non va, il problema non sei tu!" alza la voce.

Io annuisco e mi asciugo le lacrime col palmo della mano. "E allora perché? Cos'ha lei che io non ho, cosa gli mancava da me?"

"Nik, io non so perché. Ma so per certo che non è stato per qualcosa che hai fatto o non fatto tu. È lui il problema, ok? Mettitelo in testa" ripete, fermo.

Io lo abbraccio di nuovo, stringendolo più forte che posso. "Ho bisogno di farmi una doccia" sussurro, staccandomi poi.

Lui annuisce. "La strada la sai" dice, indicando il piano di sopra. "Ti prendo degli asciugamani puliti"

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"Allora? Stai un po' meglio?" mi chiede Carlos non appena mi vede scendere in accappatoio.

Annuisco debolmente e gli sorrido. "Quando torna a casa Sara?"

Lui guarda l'orologio. "Un'oretta, più o meno. Nik, dovresti asciugarti i capelli. Rischi di ammalarti, così" mi rimprovera, facendomi sorridere.

"Sei paranoico, Sainz. Ora vado" dico, alzando le braccia.

Dopo aver asciugato i capelli, indosso velocemente un maglione e dei leggins e raggiungo di nuovo Carlos.

"Ti va un po' di pasta per cena?" mi chiede.

Scuoto la testa toccandomi la pancia. "Non ho fame, Carlos"

Lui mi fulmina con lo sguardo. "Devi mangiare"

Alzo gli occhi al cielo e, per non sentirlo ulteriormente, decido di accettare. "Poca, però"

Lui mi sorride e inizia a preparare il sugo. Proprio in quel momento, la porta di casa si apre e dietro di essa appare Sara, che non appena mi vede posa la borsa sul tavolo e corre ad abbracciarmi.

"Ciao, tesoro!" mi saluta, sorridendo e stringendomi.

"Ehi" sussurro tra i suoi capelli "grazie davvero, Sara, non so come ringraziarvi per l'ospitalità"

Lei scioglie l'abbraccio e mi guarda. "Ma ti pare? Non devi neanche dirlo, a noi fa super piacere. Carlos, poi, ti adora, non avrebbe mai potuto lasciarti senza un posto dove stare!" esclama, con un sorriso. "Ora mangiamo, poi ci facciamo una bella chiacchierata, mh?" mi propone.

Io le sorrido e annuisco, contenta di poter stare con due persone a cui voglio così tanto bene.

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2 giorni dopo

Mi sveglio con un frastuono assurdo che proviene dal piano di sotto. Sento Carlos alzare la voce contro qualcuno, senza però riuscire a distinguere chi possa essere.

Sono circa le 8:30, quindi Sara dovrebbe essere già andata a lavoro.

Mi alzo velocemente dal letto e indosso la mia vestaglia da notte, che allaccio ben stretta per coprirmi dal freddo. Metto anche le ciabatte e scendo al piano di sotto.

Quando vedo chi c'è davanti alla porta, per poco non svengo lì per terra. Charles.

"Nicole, per favore" mi chiama venendo verso di me non appena mi vede. Carlos, però, mette un braccio davanti al suo busto e lo ferma.

"Charles, che ci fai qui?" chiedo con un filo di voce. "Ti avevo chiesto di non cercarmi"

"Io non posso stare lontano da te, in questo modo. Sono andato da Giorgia e non c'eri, poi sono andato a casa tua, qui a Maranello, e non c'eri. E quindi ho pensato che stessi qui" mi spiega.

"Charles, davvero, vai a casa" gli consiglia Carlos, con tono duro.

"Nicole, io ho bisogno di parlarti" continua lui, imperterrito.

Lo fisso per qualche secondo. Ha le occhiaie completamente nere, molto pronunciate. È pallido, forse non dorme da giorni.

"Dimmi, ma fai in fretta" dico, incrociando le braccia al petto e assicurandomi un'occhiataccia da parte di Carlos.

Charles si avvicina e tenta di prendermi la mano, ma io scanso immediatamente le mie dita. Lui mi guarda, triste e con gli occhi lucidi. "Io ti amo, Nicole" inizia, facendomi ridere nervosamente.

"Sì, certo, mi ami..." ripeto, sarcastica.

"Non farmi questo, ti prego. Non dire così" mi supplica, quasi.

Lo fulmino con lo sguardo. "Io non devo farti questo? Io, Charles? Con che coraggio dici una cosa del genere? Sei andato a letto con un'altra donna e sei tornato da me come se nulla fosse. Stavi anche per andare di nuovo da lei, l'altro giorno. Come posso credere alle tue parole?" sbotto.

Lui abbassa lo sguardo. "Ho fatto una cazzata, una. Non smetterò mai di chiederti scusa, ma ti prego, perdonami... Tu sei la mia vita, Nicole..." sussurra.

Gli occhi iniziano a pizzicare e il cuore mi sale fino alla gola. "Charles, ne parliamo quando torno a Monaco, come ti avevo detto. Adesso vai a casa" dico, fredda.

"Nic-" inizia, ma viene interrotto da Carlos. "Charles, l'hai sentita, no? Vai a casa, adesso"

Lui mi fissa per qualche secondo negli occhi, prima che io distolga lo sguardo, poi annuisce. "Tra quanto pensi di tornare?" mi chiede, con la voce rotta.

"Non lo so. Ho bisogno di qualche altro giorno" affermo, senza guardarlo.

"Per favore, non-"

"Charles, basta, davvero. La situazione è già difficile, come sai. Non peggiorare le cose, ok?" lo interrompo, con gli occhi lucidi. "Buon rientro" gli dico, prima di sparire dietro al muro che separa il piano di sotto dalle scale.

Mi siedo sul terzo scalino e appoggio la testa al muro, facendo respiri profondi.

"Potevi parlarmene, Charles. Ti avrei aiutato a riflettere. Ora è troppo tardi" sento dire da Carlos.

Charles risponde, ma non capisco cosa dice. Dopodiché, sento solo un tonfo sordo: la porta che viene sbattuta.

Carlos si affaccia e trova subito i miei occhi gonfi, rossi e lucidi. Si siede accanto a me e mi fa appoggiare la testa sulla sua spalla. "Sei stata brava, ciccia" mi dice, accarezzandomi i capelli.

Sono stata brava. Ma allora perché mi fa così male il petto?

Secret - Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora