"Key..? Sei proprio tu?"
Non ottenendo una reazione logica da parte del ragazzo dietro l'uscio, Abbey gli pone quella domanda retorica.
Appare stupita, sebbene il suo volto duro tradisca appena un inarcamento delle lunghe ciglia chiare.
La forma del suo viso, nota Key, è diversa da come la ricorda. Meno infantile, più sviluppato e maturo, sebbene conservi quella dolcezza nei tratti somatici che la rende inconfondibile agli occhi del quindicenne. E lo stesso deve valere per lei, da come lo guarda.
Il corpo, inoltre, è cresciuto, ora impreziosito dalle curve armoniose dei fianchi, dall'accennato rialzamento sul petto e dalle gambe più lunghe.
Persino l'abbigliamento è cambiato. Key la ricorda con vestitini semplici e leggeri, ma non come la maglia attillata a maniche corte che mostra la pancia piatta, o i pantaloncini di jeans alzati fin sopra le cosce indossati da lei in quell'istante.
Tra i capelli bianchi, infine, spunta una ciocca sfumata di nero che prima non c'era. Deve essersela tinta di proposito.
Abbey è a tutti gli effetti una giovane donna di bell'aspetto e Key appare piuttosto preso alla sprovvista da questo, oltre che dall'averla rivista dopo anni.
E così anche lei, come dimostrano le sue labbra increspate in una smorfia incerta, i suoi occhi rosa dall'espressione vacua, insolita per lei, pervasi da un'aria interrogativa.
"Abbey... cosa ci fai qui?" chiede d'istinto Key.
"Io ci vivo, in questa città." borbotta l'altra, accigliata. "piuttosto, tu non avevi traslocato? Come mai sei tornato a Westfield dopo tre anni?" Key sente gli occhi di Abbey puntati su ogni centimetro del suo corpo, a scrutarlo e studiarlo nel dettaglio, e questo lo mette a disagio.
"Sono tornato da poco." deduce lui stesso dagli scatoloni sparsi ancora in casa. "insieme a Chelsea."
"Oh. Certo che hai avuto un bello stomaco. E va bene, che dici, facciamo due passi? Mi fa strano parlare sulla soglia della tua porta e devo riprendere il frisbee. Se vuoi, scambiamo qualche chiacchiera durante il tragitto, è da molto che non ci vediamo." propone, abbassando appena il capo candido, la ragazza. Mentre prova a sforzarsi di evitare con lo sguardo il tavolino con le rose al centro dell'atrio.
Key appare titubante al riguardo. Dentro di lui, quella paranoia iniziale prima che aprisse la porta non si è ancora dissolta del tutto. Anzi, è più vivida che mai, nascosta tra le sue viscere.
Lui stesso è ignaro della causa legata a quella sensazione, però un'altra parte di sé, quella nostalgica e legata ai ricordi, gli sussurra che non può mancare un'occasione del genere. Quel segno del destino, fortunato o avverso che sia.
"D'accordo, tanto non sono impegnato." accetta alla fine, forzando un sorriso.
Abbey pare genuinamente grata di quella risposta, nonostante sul suo volto non traspaiano quasi emozioni.
Key è sempre stato in grado di identificare il suo stato d'animo semplicemente da alcuni cambi repentini nello sguardo, e alcune abitudini, si rende conto, non sono cambiate in lei a discapito del tempo passato. Come l'innalzamento improvviso delle sopracciglia che Abbey ha mostrato per una frazione di secondo, segno di felicità.
"Bene, allora rendimi il frisbee intanto." Abbey gli sorride più caldamente e questo già inizia a smorzare la tensione in Key.
Certe persone faranno sempre lo stesso effetto quando ti sorridono, si sorprende a pensare il ragazzo.
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Key
Short Story[Completa] Il Marionettista appare a tutti coloro che muoiono nel rimpianto, concedendo loro "un secondo tentativo." Key, quasi deceduto da solo in un buio appartamento senza essere riuscito a costruire nulla di particolare, si ritrova nel suo corpo...