Key - Capitolo 7

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Abbey cammina tra i marciapiedi innevati al di fuori di una scuola, nel gelo che avvolge quella bianca giornata di febbraio. Le sbarre gialline sono schiarite ulteriormente dal manto canuto che le ricopre quasi interamente. Tutto è abbracciato dal candore puro della caduta dei fiocchi di neve, quasi come se qualcosa volesse avvolgere la città di Westfield nella purezza, e guarire al contempo l'animo della ragazza.

Lei sa però che è impossibile. Lo sa fin troppo bene. Avverte giorno dopo giorno l'oscurità nerissima che le divora l'anima, che la riporta al giorno in cui accadde quella tragedia ogni volta che sente il dolore attenuarsi.

Al giorno in cui Serenity morì.

Il sangue rosso che copriva ogni cosa si sostituisce inesorabilmente al bianco che in quel momento invade i suoi occhi, dischiusi nella solita truce espressione che ormai fa parte di lei. Del suo atteggiamento naturale.

Lo sguardo che aveva Key allora, quel terrore incontrollato, quella disperazione totale e senza via di fuga, Abbey non l'avrebbe mai dimenticato. Non può biasimarlo per essersene andato lontano con sua sorella, due anni e mezzo prima.

Però, allo stesso modo la solitudine la sta uccidendo. Per questo si trova fuori dalla scuola che non è nemmeno quella che frequenta, un liceo vicino al quartiere del parco in cui tempo prima, quando conosceva la spensieratezza, passava le giornate con i suoi amici. Ci ha provato a tornarci, come alternativa, prima di raggiungere il luogo dov'è adesso.

Ma, sulla panca dove Key si sedeva sempre ad aspettare il suo arrivo non riusciva proprio a starci. Così come tra i viali attorniati dagli alberi scheletrici sotto la morsa del gelo, o in mezzo allo spiazzo enorme in cui sorgevano giostre come le montagne russe e la ruota panoramica.
Quei posti racchiudono troppi ricordi. Troppo dolore.

Quindi, mossa da un'improvvisa pulsione, si è recata fuori dal cancello dell'istituto che frequenta l'unico volto noto che le sia rimasto. Nat.

Sebbene anche con lui ormai i rapporti si siano molto rarefatti, dopo quell'evento. Durante gli ultimi due anni lui e Abbey hanno finito per perdere i contatti. Iniziando il liceo in scuole diverse, hanno continuato a vedersi per un po' i primi tempi, ma vuoi per impegni personali, vuoi per la lontananza delle loro case, le uscite si sono fatte sempre più rade, fino ad arrestarsi in maniera graduale... un giorno pensavano di disturbare chiamando senza preavviso, un altro erano stanchi mentalmente per la scuola o sommersi di compiti, e così l'impulso ha finito per sparire del tutto.

Se si aggiunge la pesantezza dovuta ai momenti morti dove entrambi cercavano di evitare l'argomento più doloroso, non pronti ad affrontarlo, Abbey trova più che naturale il fatto che infine si siano anche loro divisi.

A discapito di ciò, lei sente il bisogno di qualcuno. Perché i pensieri che ha in testa sono pericolosi, e l'hanno più volte condotta alla via dell'autolesionismo, a farsi del male da sola. E anche oltre.

Ha intenzione di farsi coraggio e tentare di parlare a Nat, per provare almeno a scacciare gli impulsi autodistruttivi che la assalgono, violenti e inevitabili.

Quando finalmente lo vede uscire col suo passo cadenzato tra altri studenti diretti alle loro case, prende un profondo respiro e caccia una mano in tasca per poi tirare fuori una pillola bianca da un barattolino. Dopo averla ingerita con l'acqua di una fontanella lì accanto, avverte già il suo cuore pompare più lentamente nel petto e la mente farsi più pigra. Il respiro meno affannoso. I ricordi più sbiaditi.

Affretta il passo e segue il compagno, aspettando di raggiungerlo a casa sua per essere più appartati.

Affretta il passo e segue il compagno, aspettando di raggiungerlo a casa sua per essere più appartati

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