Kate Browne seguì Thomas Shelby in silenzio e si strinse seccamente nella vistosa pelliccia alla ricerca di un briciolo di calore.Faceva freddo, tanto freddo e la mancanza di umanità e affetto che aveva avvertito nella famiglia Shelby le aveva messo addosso una certa tristezza, come di un prurito sottocutaneo che non aveva intenzione di andarsene.
Sbuffò annoiata e si affrettò ad accelerare il passo per non perdere di vista Thomas, dritto davanti a lei che percorreva a testa china le strade buie di Birmingham.
I suoi occhi inquisitori percorsero in un attento esame le ampie spalle dell'uomo, scendendo sempre più in basso.
Thomas la precedeva di qualche metro e camminava con indolenza, con tanto di mani abbandonate nelle tasche dei pantaloni. Il cappotto gli ricadeva regolare lungo il fisico asciutto e le scarpe eleganti accarezzavano quiete il marciapiede.
Poi a un tratto Thomas si fermò e le tenne aperta la porta del Garrison, ma anziché procedere in direzione dei clienti le fece cenno col mento di seguirlo in uno stanzino privato.
"Non andiamo al bancone?" domandò per l'appunto Kate, inarcando il biondo sopracciglio.
"Non voglio dare nell'occhio" fu la risposta che le giunse all'orecchio e a Kate suonò peggio di un "no" ringhiato contro.
Non voleva farsi vedere con lei.
La cosa la ferì. Kate inspirò a fondo e non lo ringraziò per averle tenuto nuovamente la porta aperta. Si sedette sbrigativa su una seggiola e si accese una sigaretta con le lunghe dita.
Thomas la raggiunse solo dopo aver abbassato le tapparelle della stanza, affinché da fuori non fosse visibile nulla di quanto accadeva in quello spazio angusto, poi si posizionò di fronte a lei, a un metro scarso di distanza. Eppure alla donna parve che vi fosse un abisso a dividerli.
Perché le interessava così tanto ottenere la sua attenzione?
"Non sembrate serena" furono le prime parole che Thomas le rivolse, proferite con tono neutrale.
Kate gli lanciò una rapida occhiata da sotto le lunghe ciglia. "Non mi piace il vostro modo di lavorare, Shelby. Se mi viene dato un incarico io sono abituata a portarlo a termine senza buttare al cesso mesi di lavoro. E sì, questa cosa mi irrita" concluse lei.
Thomas si accese a sua volta una sigaretta e prese a giocherellare con l'accendino placcato d'oro. Le sue iridi indifferenti si piazzarono con decisione nel volto della donna. La luce soffusa sembrava giocare con i suoi lineamenti marcati a tal punto da rendere lo sguardo più freddo del consentito, tanto che Kate avvertì un brivido scorrerle lungo la spina dorsale.
"Nessuno vi obbliga a restare. Siete libera di uscire da questa porta e andarvene se le mie condizioni non vi aggradano."
"E' così che trattate una socia d'affari? Ve ne liberate al primo pensiero contrario al vostro anziché provare a ideare un piano che soddisfi entrambe le parti?"
Thomas esibì un ghigno.
"Non sono un uomo che ama trattare."
"Già, lo immaginavo. Voi appartenete a quella categoria di uomini che impongono e basta" biascicò lei, con un pizzico di disgusto, "tuttavia vi ricordo che siete stato voi a ingaggiarmi" ci tenne a precisare Kate, aspirando appena. Soffiò fuori una nuvola di fumo, come se con quel gesto potesse cacciare i brutti pensieri che le attorcigliavano lo stomaco.
"Me lo ricordo perfettamente e ho molto apprezzato i vostri servigi. E se vorrete ne usufruirò ancora in futuro ma alle mie condizioni" chiarì Thomas, prima di sporgersi in avanti. Allacciò le dita sotto al mento. "Prendere o lasciare."
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IMPERIVM || Thomas Shelby
RomanceBirmingham, 1923. Thomas Shelby ha tutto ciò che si possa desiderare: potere, soldi e lusso. Eppure c'è un particolare che gli manca: una moglie, possibilmente seducente così da poterla sfoggiare come un gioiello privato della sua collezione. Margar...