2. Come un tuono

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Più avanzavano attraverso la fitta nebbia autunnale, più la dimora di Margaret Wilson si allargava nel loro campo visivo.

"Mica male la pollastrella" fischiò Arthur, percorrendo l'intero perimetro della casa. "Se la passa bene."

La facciata era rifinita in pietra bianca e un curato giardino all'inglese costeggiava il percorso abbellito da scomposti ciottoli ma un alone di morte aleggiava nell'aria ed era così intenso che quasi toglieva il fiato in gola.

Thomas sospirò internamente prima di gettare un'occhiata di monito al fratello maggiore: "Oggi siamo in visita ufficiale quindi niente cazzate e volgarità, chiaro? Tappatevi quelle fogne che avete al posto della bocca."

Non fatemi sfigurare proprio oggi, maledizione, avrebbe volentieri aggiunto.

"Te la vuoi proprio scopare questa cazzo di Wilson eh?"

"Cosa ti ho appena chiesto, Arthur?"

"Mh, riprendiamo dopo il discorso."

Da quel momento i tre si diressero in silenzio all'ingresso della dimora, dove trovarono un'anziana domestica alle prese con le pulizie di un lungo tappeto persiano.

"Cerchiamo la vedova Wilson per porgerle le nostre più sentite condoglianze" scandì con voce ferma Thomas, le mani allacciate davanti al petto in una posa decisa. "Siamo gli Shelby" continuò, senza un'inflessione particolare nel tono.

La donna nel sentire il cognome sbiancò e mollò di colpo la scopa, eppure si riprese alla svelta: "Prego, uhm, da questa parte."

"Cazzo Tom, ma come accidenti fai a sembrare sempre così solenne anche quando spari cazzate. -Cerchiamo la vedova Wilson per porgerle le nostre più sentite condoglianze-, nemmeno tu ci credi" lo imitò John con voce nasale, ma venne interrotto da una pesante gomitata che lo piegò in due.

Ben presto si accorsero di aver raggiunto la sala da pranzo e qui vennero lasciati dalla domestica in compagnia di Margaret Wilson in persona.

Quando Thomas Shelby si ritrovò nuovamente a pochi metri di distanza alla donna, un brivido freddo gli percorse la spina dorsale.

Margaret era più magra di quanto l'uomo ricordasse, con la folta chioma meno vaporosa del solito e le labbra rosse come il sangue secche e screpolate; persino il trucco solitamente marcato attorno agli occhi era meno elegante, eppure una luce decisa divampava come una fiamma nelle iridi smeraldine. E Thomas la trovò più avvenente che mai, seppur la pesantezza del momento che stava attraversando.

"Signora Wilson, sentite condoglianze" prese a dire Thomas, ponendosi nel centro della stanza, presto imitato dai fratelli. "La nostra intera famiglia si unisce alla vostra recente perdita. Saremmo sopraggiunti prima, tuttavia la voce della dipartita ci è stata riferita solo oggi."

La donna non rispose e rimase girata, il vestito totalmente nero a celarle buona parte delle forme solitamente prosperose. I polsi magri, attraversati da spesse vene, erano l'unica parte esposta ed erano presi a giocherellare tra di loro in una sorta di danza ipnotica.

Thomas deglutì, dandosi del malato per i pensieri perversi che il solo vederla gli provocava.

"Signora...?" la richiamò allora John. "Avete bisogno forse di qualcosa, un bicchiere d'acqua magari, mi sembrate pallida..."

"Perdonatevi, vi avevo udito anche prima ma stavo riflettendo sul nome della vostra famiglia, che ben poco mi dice. Comunque vi ringrazio per la premura" rispose alla fine lei con voce ferma, voltandosi finalmente verso di loro ed esponendosi così alla luce della candele.

IMPERIVM || Thomas ShelbyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora