12. Partenza

157 3 2
                                    

L'ultimo giorno di scuola la sensazione era la stessa per tutti quanti.

Libertà.

Tre mesi senza lezioni, professori, sveglie che suonano troppo presto la mattina ma soprattutto senza esami.

Alcuni studenti si erano già allontanati da Hogwarts all'alba dopo gli ultimi saluti, con le dita strette intorno al manico della propria valigia e l'impugnatura salda sugli zaini.
Questi avevano deciso di non attendere l'esito della Coppa delle Case e sapere chi tra Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso e Corvonero fosse il vincitore di quell'anno scolastico, vincitore che sarebbe stato decretato dal professor Silente durante l'ora di pranzo in Sala Grande.
Altri invece stavano ancora dormendo beatamente nei loro letti..
Ecate era una di questi, con la faccia sprofondata nei cuscini, le palpebre serrate e i pensieri il più lontano possibile da lì.
Stava facendo un bel sogno: lei e Tom si trovavano nella biblioteca di Villa Riddle dove l'odore di libri era impresso nelle loro narici.
Ecate, seduta a gambe accavallate su una poltrona teneva tra le mani un'antica edizione dell'Ars amatoria del poeta latino Publio Ovidio Nasone.
Tom, invece, in piedi con il corpo rivolto verso la finestra e con i raggi del Sole primaverile che gli sfioravano dolcemente la pelle lattea, aveva nella mano sinistra una tazzina di caffé e nella destra l'Iliade di Omero.
Mentre loro padre non era particolarmente interessato alla letteratura e alla cultura in generale, i suoi figli amavano trascorrere ore ma anche giornate intere a sfogliare e leggere pagine ingiallite dal tempo.
Tom, una volta finito il suo caffé aprì la finestra permettendo all'aria mite di Aprile di entrare nella stanza e ad un raggio di luce di illuminare il viso di Ecate mettendo in evidenza le lentiggini che le coloravano il naso.
Lei inizialmente strinse le sopracciglia, poi le rilassò lasciando che il Sole la accarezzasse.
Il ragazzo sfogliò l'ultima pagina del libro prima di chiuderlo con un rumore secco che la fece mugugnare di fastidio.

"Dire e insegnare che la guerra è un inferno e basta è una dannosa menzogna. Per quanto suoni atroce è necessario ricordare che la guerra è un inferno: ma bello."

Stava riponendo il libro in uno scaffale quando..

"Consuma il tempo secondo il capriccio della tua donna!"

..Si voltò in direzione di Ecate che aveva concluso l'opera di Ovidio e aveva appoggiato il volume sul pavimento in legno scuro della biblioteca.

"Se tutti gli uomini ascoltassero il saggio Ovidio" sospirò lei guardando un punto indefinito della stanza.

"Cos'altro dice questo poeta così saggio?" chiese Tom allontanandosi dallo scaffale e camminando lentamente verso la poltrona.

"Tentata che tu l'abbia, devi averla; lasciala, se tu vuoi, ma dopo avuta."

Ruotò la testa verso sinistra quando lui le tolse una ciocca di capelli che le coprivano la guancia destra, nascondendola dietro l'orecchio.
Dopo aver annusato e inspirato il buon odore di frutti di bosco che emanavano i suoi capelli si abbassò portando le dita sul collo del piede, coperto da un calzino, di Ecate.
Risalì, sfiorando con così tanta delicatezza da non sembrare reale, le sue lunghe gambe e le cosce.
Il petto di Ecate si alzava e abbassava velocemente quando raggiunse l'inguine.

"Che una bella donna conceda o neghi i suoi favori, le piace sempre che vengano chiesti."
Questa volta fu Tom a parlare; pronunciò questa frase pacatamente, respirando sul collo della sorella e sentendola trattenere dei sospiri.
"Concordi con Ovidio su questo?"

Lei annuì impercettibilmente. "Sì."

"Lasciati andare." Insinuandosi sotto le mutandine le toccò il monte di Venere, scendendo fino a raggiungere prima le grandi poi le piccole labbra. "Puoi farlo?"

𝗙𝗶𝗴𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗼𝘀𝗰𝘂𝗿𝗶𝘁𝗮̀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora