17. Veritaserum

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Come può una parola, costituita da due sole lettere, far crollare tutte le certezze in un millesimo di secondo?
Come può una semplice parola pronunciata da una persona di cui non ci si fida scalfire mente e anima?
Quel no che si ripeteva nella testa di Tom era come un giradischi rotto che manda continuamente lo stesso pezzo di canzone.
Era convinto della colpevolezza di Tiffany, sentiva che era stata lei la causa della cattura di Ecate eppure la negazione che era uscita dalle sue labbra gli si era impressa nel cervello e nel cuore.

Ogni colpo di tosse della ragazza dai capelli dorati la lasciava senza fiato facendo presagire conati di vomito.
La pelle del viso era diventata rossa per lo sforzo e le vene del collo erano ben visibili sull'epidermide diafana.
Il petto si alzava e abbassava seguendo il ritmo del battito violento e accelerato del cuore.
Alzò di scatto la testa mostrando al cielo quegli occhi azzurri ora velati da uno strato di lacrime che ne oscuravano il colore e la bellezza.
Prese una lunga boccata d'aria che arrivò come un tocco benefico ai suoi polmoni.

Furono minuti in cui né Blaise né Tom dissero o fecero assolutamente niente: il primo rimase fermo nella sua posizione temendo ripercussioni da parte di Tom se avesse osato fare un solo passo per soccorrere o aiutare Tiffany, Tom dal canto suo si limitava a guardarla con disprezzo e in quel momento si sentì suo padre, suo padre ogni volta che osservava Ecate dopo una tortura.
La scena era talmente uguale da sembrare la medesima: Tiffany, Ecate.
                     Tom, Voldemort.

"Non sono stata io" riuscì a dire lei tra i singhiozzi. "So che è difficile ma, devi credermi."

Tom la raggiunse camminando lentamente, passo dopo passo, un piede avanti all'altro.
La fissò alcuni istanti dall'alto, con aria da superiore, prima di abbassarsi alla sua altezza, avendo premura di trovarsi alla stessa linea dei suoi occhi.

"Mio padre è stato un amico fedele del tuo, è un Mangiamorte e io uguale. Pensi davvero che avrei rischiato di perdere tutto solo per ripicca?"

Lui portò la mano destra sulla sua guancia, passando per la mascella e raggiungendo la parte posteriore del collo. Allargò la mano toccando completamente la pelle leggermente sudata della ragazza e strinse le dita sentendo i muscoli e le ossa sotto i polpastrelli.

"Esattamente."
La punta della sua bacchetta in legno di tasso premeva contro la gola di Tiffany rendendole difficile respirare.

"Se lo fai non avrai risolto niente Tom. Avrai soltanto un'altra vittima sulla tua coscienza."

Tiffany si sentì mancare il fiato quando lui fece forza sulla bacchetta, premendo ancora di più contro la sua pelle.
"Smetti di pronunciare il mio nome." Ignorando alcune lacrime della ragazza che le stavano solcando le guance, continuò, incapace di provare alcun tipo di emozione.
"Non temi la morte Tiffany?
Esilarante. Stai per morire e non hai il coraggio di ammettere la tua colpa."

"La mia unic—unica colp.." Fece un respiro rumoroso. "..colpa è stata non op—oppormi al matrimonio. Mi—mi hai rovinato l—a vita, Tom Riddle."
Incanalò ancora una volta ossigeno dalla bocca e sorrise. Sorrise completamente rilassata e, ormai abituata alla punta della bacchetta nella sua gola disse: "Non temo la morte. Non la temo perché è l'unico modo per dimenticarmi di te e di tutto il male che mi hai fatto. È l'unico modo per togliermi dalla testa l'immagine di te ed Ecate insieme.
Dunque fallo Tom. Uccidi la ragazza che hai sempre disprezzato, che hai sempre visto come un problema e un intralcio."

La presa delle sue dita sulla bacchetta non vacillò neanche un istante così come il suo desiderio di vendetta e giustizia.

"Avada K—"
Tiffany chiuse gli occhi bagnando le ciglia con le altre lacrime che non avevano abbandonato le sue iridi.

𝗙𝗶𝗴𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗼𝘀𝗰𝘂𝗿𝗶𝘁𝗮̀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora