Capitolo 13

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KYLE

Quando mi sveglio mi rendo conto che abbiamo dormito poco più di due ore, ma dobbiamo salire in macchina e tornare subito a Los Angeles.

Sofia è ancora poggiata su di me, non ci siamo mossi. La guardo per qualche istante ancora, voglio tenere impressa nella mia mente quest'immagine, poi inizio a chiamarla. 

Lei mugola un po', ma non ha alcuna intenzione di aprire gli occhi. Provo ancora e alla fine si sveglia. Incrocia il mio sguardo e non appena capisce in che posizione siamo, si tira subito su, allontanandosi da me, e mi rendo conto di sentire freddo senza la sua vicinanza.

Si stropiccia gli occhi ancora assonnati e si guarda attorno per un po'.

"Che ore sono?" mi chiede.

"Sono le 6" le rispondo e la vedo trasalire un po'.

So che ha reagito in questo modo per la mia voce mattutina, che è molto più profonda del solito e che le fa effetto.

"Dobbiamo tornare a Los Angeles".

Lei annuisce.

"Mi vado a preparare" dice e sparisce al piano superiore.

Dopo mezz'ora siamo di nuovo a bordo della mia auto. Le strade sono deserte a quest'ora e il sole è già sorto da un paio d'ore. Ci aspettano due ore e mezza di viaggio e lei non sembra avere la minima intenzione di parlare.

"Tutto bene?" le chiedo.

Voglio sapere cosa le passa per la testa. Ho bisogno di parlare con lei, di sentire la sua voce e i suoi pensieri.

"Sì" mi risponde secca, ammirando il panorama fuori dal finestrino.

Stiamo percorrendo la strada che passa sulla costa e da qui il mare si vede benissimo. Sofia è persa in quella vista meravigliosa e vorrei tanto dirle che lei è più bella di qualsiasi altro panorama al mondo. 

È strano per me, ma mi sto rendendo conto che lei sta diventando importante. Ci conosciamo da appena due settimane, ma abbiamo già condiviso tanto insieme, tanti momenti di sfida, di litigi, ma anche momenti intensi, in cui lei sta imparando a mostrare le sue debolezze.

Mi rendo conto che ha distolto lo sguardo dal finestrino e si è lasciata andare contro il sedile, sbattendo un po' la testa contro il poggiatesta.

"Ascolta" mi dice e capisco che mi chiederà qualcosa e probabilmente io non sarò d'accordo. "Quello che è successo ieri...dimentichiamolo. Abbiamo portato a termine la missione e basta. Tutto il resto è...superato".

"Superato? Scherzi? Come puoi pensare che sia superato? È stato uno stronzo e doveva pagare. Quello che gli ho fatto non è stato nemmeno abbastanza".

"Dimenticalo e basta" mi dice con tono freddo.

All'improvviso mi chiedo che fine abbia fatto la ragazza che la ieri sera era sul divano a mangiare latte e biscotti con me e a vedere un film romantico. Non sembra nemmeno lei.

"Non ti capisco..." inizio a dire, ma mi interrompe subito.

"Non devi capire. Nella vita si va avanti, Norton. Quello che è successo ieri è passato. Non voglio rimanere ancorata al passato".

Rimango in silenzio. Capisco i suoi discorsi, ma come fa a essere così? Come fa a non essere sconvolta? Probabilmente è il modo in cui è stata addestrata da Aedus a renderla così distaccata dalle cose, anche se colpiscono direttamente lei. È forte e non si lascia abbattere, eppure io mi sento morire. So che se ieri non fossi arrivato in tempo, me ne sarei pentito per il resto della vita.

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