Capitolo 7

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KYLE

Sembra pensarci per un istante, poi si volta di nuovo verso il frigo vuoto e sbuffa.

"Va bene" dice. "Vado a cambiarmi" e sparisce di nuovo al piano superiore.

Scende dopo pochi minuti. Ha indossato un paio di jeans a vita alta, un top bianco, ma sopra si è coperta con un giacchetto di jeans. Noto che ai piedi ha sempre gli stivali neri, che la rendono un po' più alta. Usciamo di casa e decidiamo di spostarci a piedi.

È una calda e nuvolosa serata di maggio e non posso non pensare che lei senta caldo con quel giacchetto di jeans. Io indosso un paio di jeans neri e una maglietta dello stesso colore, ma sento caldo soltanto a guardarla.

"Perché non ti togli il giacchetto? Fa caldissimo stasera" provo a dirle.

"Perché non ti fai i cazzi tuoi?" mi dice lei, guardandomi con quella sua solita aria di sfida.

Ha persino le mani in tasca e lungo la strada sembra voler rimanere il più lontano possibile da me.

"Lo dico solo per te. Non vorrei doverti soccorrere mentre svieni a causa del caldo".

Lei ride.

"Tranquillo, se stessi per svenire, tu saresti l'ultima persona a cui chiederei aiuto".

"Voglio proprio vedere. Ti ricordo che in questa missione il mio compito è quello di proteggerti".

Ride di nuovo.

"Non mi serve il tuo aiuto o la tua protezione. So difendermi benissimo da sola. Il tuo unico compito è quello di minacciare quel ragazzo, ma se pensi di non riuscire a farcela, posso farlo io per te".

Rido anch'io. Ormai il nostro rapporto è così. Ci prendiamo in giro a vicenda. È l'unico modo possibile per parlare con lei. Se provassi a chiederle qualcosa su di lei o sul suo passato scapperebbe via, ma le provocazioni la divertono.

Raggiungiamo una tavola calda e scegliamo il tavolino più appartato. Non vogliamo attirare l'attenzione, almeno non ancora. 

Si avvicina a noi una cameriera, che mi lancia uno sguardo ammiccante e ci lascia i nostri menù. Sofia prende il suo e inizia a sfogliarlo.

"Le piaci, dovresti chiederle il numero" mi dice senza alzare la testa dal menu.

"Sei gelosa?" le chiedo, sorridendo e inclinando la testa da un lato.

"No, ti sto dicendo che se vuoi scopartela, lei sarebbe felice di accettare. Se vuoi dopo la cena ti aspetto fuori. Posso rimanere due minuti da sola" mi dice, alzando la testa e guardandomi in modo derisorio.

"Due minuti?" le chiedo ridendo. "Oh, bimba, non hai proprio idea di cosa stai parlando".

"Sei solo un arrogante del cazzo" mi dice, ma siamo ancora nel nostro momento di presa in giro.

"E tu sei troppo acida. Credo proprio che tu abbia bisogno di una bella scopata per calmare il tuo umore, se vuoi posso darti una mano".

Lei scuote la testa e torna a focalizzare la sua attenzione sul menù.

Dopo pochi minuti la cameriera torna e io ordino un cheeseburger e una birra, mentre Sofia prende un piatto di pasta e una coca cola. Alcune volte sembra veramente una bambina e non la donna stronza e risoluta che ha voluto creare Aedus.

"Parlando di cose serie, cosa hai intenzione di fare domani?" le chiedo.

"Di che parli?"

"Della missione".

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