Capitolo 22

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KYLE

Un suono fastidioso richiama la mia attenzione e noto che è il mio telefono che squilla. Lo afferro e rispondo, senza nemmeno leggere chi sia.

"Pronto?"

"Quanto cazzo ci hai messo a rispondere, Norton?" si lamenta Sofia.

"Sofia?" chiedo io, poi allontanai il telefono dal mio orecchio e noto che sono quasi le dieci del mattino.

Cazzo, ho dormito per così tanto tempo?

"Certo che sono io".

"Come stai? Non mi hanno detto niente e..." inizio a dire, ma lei mi interrompe subito.

"Ne parleremo dopo. Ora ho bisogno del tuo aiuto".

"Certo, dimmi cosa devo fare" le dico serio.

"Prendi la tua auto e fai il giro dell'ospedale, arrivando nella parte posteriore. Fermati esattamente sotto alla quarta finestra, ok?" mi chiede e tutto quello mi sembra strano.

"O-ok" dico confuso.

"Bene" mi dice e riattacca.

Metto in moto e faccio esattamente come mi ha detto.

Raggiungo la parte opposta dell'ospedale e mi fermo sotto alla quarta finestra. Tiro il freno a mano e scendo dall'auto, cercando di capire. Guardo in alto e finalmente la vedo. È affacciata alla finestra del primo piano. Noto subito che ha una fasciatura intorno alla testa.

"Cosa hai intenzione di fare?" le chiedo.

"Dobbiamo andare via" mi dice e la vedo aprire di più la finestra.

Ha di nuovo i suoi vestiti. Porta una gamba fuori dalla finestra e io mi spavento.

"Cosa stai facendo?"

"Sto scavalcando, mi sembra ovvio" dice lei.

Porta fuori anche l'altro piede e si aggrappa al bordo, calandosi fino alla cappotta dell'auto. Vedo subito l'espressione di dolore sul suo volto.

Perché sta facendo tutto questo se le fa male? Perché deve scappare in questo modo dall'ospedale?

È in piedi sulla nostra auto e io la guardo stupito. Non capisco davvero che cosa stia facendo, perché stia fuggendo in quel modo. 

Si siede, si lascia scivolare lungo il parabrezza e poi sul cofano. Quando i suoi piedi toccano terra perde l'equilibrio e la prendo al volo, prima che cada.

"Bene, ora sbrighiamoci ad andare via prima che se ne accorgano" mi dice, allontanandosi da me per raggiungere la portiera dell'auto.

Io sono ancora fermo immobile perché davvero non riesco a capire cosa stia facendo. La vedo che con una mano si tiene la pancia e so che sta male. Salgo al posto di guida e continuo a guardarla confuso.

"Avanti, parti!" mi ordina, ma non ho intenzione di partire finché non mi spiega cosa sta succedendo.

"Prima dimmi come stai, poi perché sei scappata in questo modo dall'ospedale e poi io deciderò se andare oppure no" le dico serio.

"Ma mi prendi in giro? Ti ho detto di partire. Dobbiamo andare via ora. Mentre torniamo a casa ti spiegherò tutto".

Sbuffo e parto. È impossibile discutere con lei, riesce sempre a vincere lei.

Lasciamo il parcheggio dell'ospedale e a quel punto pretendo delle spiegazioni.

"Come stai?" chiedo con un filo di voce perché sono davvero preoccupato.

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