26 - Potrei essere un po' autolesionista

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Ogni tanto mi capitava di sentirmi morire, "ogni tanto" è un eufemismo. Mi capita spesso di sentirmi morire.

Il mio corpo intero sembrava nel pieno di una guerra civile. E mentre ogni movimento mi provocava un dolore atroce, quasi viscerale, che non sapevo nemmeno descrivere adeguatamente un pensiero terribile si affacciava nella mia mente: una lama nel cuore farebbe meno male, se mi passassero da parte a parte con una spada affilata sarebbe meno doloroso.

Era un pensiero difficile da accettare eppure era così istintivo e prima che potessi fermare la mia mente, quella già immaginava una spada che mi trapassava il ventre, infilandosi tra le costole. Fantasticare su come dev'essere quel dolore mi distraeva un po' dalla sofferenza.

Quando Hua Cheng rientrò in casa quella sera mi trovò rannicchiato sul divano, guardavo il vuoto cercando di convincermi che non stavo davvero male, eppure mi sembrava di respirare piombo piuttosto che aria, la luce era come milioni di spilli piantati nei miei occhi che trapassavano il cranio e ogni suono era come una martellata in testa che mi toglieva il respiro.

- Sono a casa, Gege. Pensavo di doverti venire a prendere al lavoro, ma quando sono arrivato il tuo collega mi ha detto che eri già tornato a casa.

Ogni singola parola che disse mi colpì con la potenza di un pugno, non lo degnai di uno sguardo ero sicuro che al minimo movimento sarei scoppiato in lacrime.

- Gege? Stai male? Sei arrabbiato?

Altri pugni in testa.

- Sto bene.
Mormorai, Hua Cheng ormai mi conosceva. Sapeva che quando ero sull'orlo di collassare dicevo di stare bene. Ammutolì e rimase fermo un istante, non sapeva cosa fare. Nemmeno io sapevo cosa fare. Quando parlò di nuovo la sua voce era un sussurro, non più doloroso:

- Ti porto l'antidolorifico?

- Sì.

Non mi sentì, ma scomparve comunque in cucina e tornò stringendo una piccola pastiglia bianca ovale in una mano e un bicchiere d'acqua nell'altra.
- Tieni...

Appena alzai il braccio per prendere ciò che mi porgeva sentii lacrime calde rotolarmi giù per le guance. Non me l'aspettavo, abbassai subito la mano. Hua Cheng parve spaventarsi, impallidì.

- Non sforzarti, apri la bocca.

Lentamente, sopportando un'altra ondata di dolore dischiusi le labbra, lui delicatamente ci fece scivolare in mezzo la piccola pastiglia e poi mi aiutò a bere un sorso per ingoiarla. Ora era solo questione di tempo, dovevo solo aspettare che quella piccola medicina entrasse in circolo.

Hua Cheng si sedette accanto a me sul divano, avrei tanto voluto che mi abbracciasse e mi dicesse che sarebbe andato tutto bene, quando ero un bambino e andavo a svegliare mia madre nel cuore della notte a causa di un brutto sogno lei mi accoglieva tra le sue braccia e mi sussurrava parole dolci all'orecchio, mia madre aveva il potere di allontanare da me ogni incubo.

Avrei tanto voluto che Hua Cheng mi stringesse come faceva lei, che bastasse qualche parola per tirarmi fuori da quell'incubo.

Ma un abbraccio richiede movimento e ogni movimento mi provocava dolore. Non mi mossi e aspettai.

Aspettai senza riuscire ad allontanare dalla mia mente l'immagine della spada che tagliava le mie carni, mi trapassava il cuore. Avrebbe fatto meno male. Ma cosa potevo saperne io?

Mentre aspettavo Hua Cheng restò seduto accanto a me, fissava il vuoto con me. Lo trovai buffo e tenero e allo stesso tempo mi fece sentire meno solo. Lentamente percepii un dolore diverso, un dolore sordo sulla nuca, lo accolsi con sollievo, avevo imparato a riconoscerlo come il segno che la medicina stava facendo effetto. La mia vista si appannò, il mondo sembrava capovolgersi come un calzino ad ogni respiro, quella strana sensazione, però, in fretta, passò lasciandomi solo un po' di vertigini, la medicina stava funzionando.

Memorie d'autunno || HualianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora