Capitolo 27 ~ Rea

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Guido la mia ospite fino al mio salotto privato. È un luogo accogliente, meno formale e intimidatorio di tanti altri ambienti del Palazzo, e io vorrei cercare di farla sentire a proprio agio. Non ho bisogno di dimostrarle nulla, a che pro perdere tempo con inutili sfoggi di potere e ricchezza? Conosce bene la gloria e gli orrori che hanno reso memorabile la storia della mia gente. Due vecchie amiche-nemiche come noi siamo possono permettersi di lasciar perdere certi giochi infantili.

Le concedo qualche momento per studiare l'ambiente. Il suo sguardo attento divora ogni dettaglio. È una donna di spessore, un grande comandante. È un peccato che sia nata Guardiana. Sono certa che per l'Ordine avrebbe potuto rivelarsi una risorsa preziosa, se solo il fato l'avesse destinata a militare tra le nostre schiere. Noi, a differenza di quei miopi imbecilli che comandano la sua gente, premiamo il merito e l'intraprendenza.

Se i rapporti tra noi non fossero improntati alla quieta tolleranza reciproca che li contraddistingue, sarebbe un'avversaria formidabile. Più ancora della forza, è l'intelligenza la vera caratteristica da temere e stimare nei nemici.

Dopo aver condotto la mia ospite al salotto privato, quello dal cui balcone osservavo il cortile fino a non molto tempo fa, sprofondo aggraziatamente nei cuscini della mia poltrona foderata di velluto rosso, facendo cenno a Shiver di sedersi a sua volta. Lei non se lo fa certo ripetere due volte. In men che non si dica si abbandona con un sorriso di sollievo sul divano coordinato. Posso quasi vedere la tensione che lentamente scivola via dal suo corpo.

Non avendo certo dimenticato le regole dell'ospitalità le chiedo: «Gradisci qualcosa da bere? Un tè, magari?»

«Mi spiace, ma dopo tutte le emozioni della giornata temo che un tè non sia abbastanza forte. Mi ci vorrebbe per lo meno un caffè. Anzi, ancora meglio, un caffè doppio. Un bel liquore forte farebbe senz'altro al caso, ma sfortuna vuole che io sia astemia».

Sorrido sorniona. Certo, non sono necessari inutili giochetti tra noi, e fare smaccatamente sfoggio delle mie risorse potrebbe risultare inelegante, ma proprio non riesco a resistere. Sono curiosa di vedere che faccia farà.

Mi basta un pensiero. So già che l'ordine verrà puntualmente eseguito. In meno di cinque minuti Shiver avrà il suo caffè. Noto una certa perplessità sul suo viso, ma non fa domande. Meno male che non è Umana, altrimenti dovrei renderle conto di ogni mia azione.

Telefoni, campanelli... ho un sistema molto più efficiente per inoltrare le richieste ai miei assistenti.

Attendiamo in silenzio, mentre la mia vecchia nemica si guarda intorno con ostentata naturalezza. Un altro dei molti vantaggi del nostro rapporto: ci conosciamo da talmente tanto tempo che non abbiamo bisogno di colmare i silenzi tra noi. Un po' come accade per le vecchie coppie. È un pensiero che mi fa sorridere.

Come previsto l'attesa non è lunga. La porta si apre e Braon fa capolino da dietro allo stipite. Se Shiver è sorpresa, riesce a non darlo a vedere. Il suo sguardo indaga curioso l'aspetto del mio assistente. Immagino che non debba avere incontrato molti altri spiriti del focolare prima di lui.

Braon lascia il vassoio sul tavolino accanto al divano, preciso e rispettoso come sempre, ma lo conosco abbastanza per cogliere i segnali, per capire. Una piccola esitazione nei gesti di solito così ben modulati, gli occhi completamente neri che indugiano qualche istante in più di quanto normalmente non accada sull'ospite. Vorrebbe dire qualcosa, ma basta un mio lieve cenno di diniego perché serri nuovamente le labbra e si ritiri in pace. Normalmente sarei ben lieta che le creature che abitano queste terre al di fuori del tempo dicessero con assoluta franchezza a Shiver quello che pensano di lei e della sua razza, ma non è certo questo il giorno migliore per dar sfogo alla rabbia repressa.

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