Interludio - Solange

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Devo farlo. Non esiste altra scelta per me, ora lo vedo con chiarezza. 

Per molti, troppi anni non ho vissuto. Oh, sì, mi muovevo, respiravo, parlavo e perfino sorridevo, ma dentro di me ero vuota, avvizzita e morta anzitempo. Continuavo a esistere, trascinandomi avanti giorno per giorno per pura forza di inerzia, per abitudine, ma poi tutto è cambiato. 

È bastato poco. Un incontro fugace che ha risvegliato i ricordi e poi, quando la flebile speranza che il Risveglio mi aveva donato stava di nuovo per spegnersi del tutto, una mano tesa, un invito, una promessa.

Una creatura dispensatrice di morte mi offre la salvezza, mentre l'uomo che avrebbe dovuto amarmi e onorarmi mi ha quasi uccisa. Non fisicamente, no, ma ho firmato la mia condanna a morte il giorno stesso in cui ho pronunciato quel fatidico sì sull'altare. 

Non ho mai amato mio marito, non sono stata io a sceglierlo. Mi è stato imposto dai miei genitori quando avevo solo diciotto anni. Per un po' di tempo ci ho provato, ho tentato di accettarlo. Per un breve, fugace momento ho persino pensato di potere imparare ad amarlo, ma siamo troppo diversi, e la vita al suo fianco mi ha solo insegnato a detestarlo di più a ogni nuovo giorno. 

Odio tutto di lui. La sua arroganza, le sue opinioni, i suoi amici. Odio le cose che ha fatto a Parigi, la nostra bella, amata città, e ai nostri concittadini mentre, tronfio e impettito incedeva per le strade a fianco degli occupanti tedeschi. Odio il fatto che mi abbia costretta ad abbandonare tutto, il luogo in cui sono nata, famiglia, affetti e il lavoro che amavo per fuggire in Sudamerica nel momento in cui è apparso chiaro che non sarebbe stata la parte che lui aveva scelto di spalleggiare a uscire vincitrice dalla guerra. 

Adoravo recitare, era la mia gioia e il mio conforto, perché almeno sul palco riuscivo a fuggire alla mia esistenza. Oh, ero brava a convincere il pubblico, a stregarlo, a renderlo partecipe di quell'illusione in cui io stessa desideravo credere con tutte le mie forze. 

Lui mi ha tolto tutto, mi ha prosciugata. Per quale motivo poi? Non ha mai nutrito alcun interesse per me. Non so nemmeno se mi abbia mai considerata nulla di più che una vacua, graziosa bambola. Si è mai reso conto che anche io, come lui, sono viva? Che ho pensiero, opinioni, desideri? No, non gliene è mai importato abbastanza per rendersene conto. Del mio corpo però sì, di quello gli importava. 

Da quando ho ricordato chi sono realmente non faccio che domandarmi come ho potuto tollerare tutto questo per così tanto tempo. La risposta è sempre la stessa. Avrei potuto fuggire, sparire per sempre. Forse, avrei persino potuto ucciderlo. Oh, l'ho desiderato, l'ho sognato molte volte. Un giorno, però, mi sono resa conto che ormai era troppo tardi. La sola, unica ragione per cui avrei potuto decidere di rimanere ha iniziato è sbocciata nel mio ventre. Sarei diventata madre, e una madre ha delle responsabilità nei confronti della propria creatura. 

Persino adesso è ancora quella piccola vita cresciuta nel mio grembo la sola ragione che mi fa vacillare. 

Nulla mi strazia più del pensiero di lasciarla. Ho trascorso notti insonni a struggermi, cercando disperatamente un modo per tenere con me la mia bambina, ma so che nel mio futuro, nella mia vita di Cavaliere non può esserci posto per lei, non se voglio continuare a tenerla al sicuro. Lei è piccola, fragile e Umana, non posso spalancarle la via per il mio magico mondo di luci e ombre, di magie e battaglie, e io non posso fingere di essere altro se non quella che sono. 

Non potrei mai riprendere la mia vita di prima, nemmeno per lei. Semplicemente perderei la ragione. E non voglio che cresca insieme al mostro che accidentalmente ha contribuito a generarla.

Non può stare con me perché non sarebbe al sicuro, e non posso lasciarla con lui. Non ho mai pensato a lei come a sua figlia, è sempre stata solo e soltanto la mia bambina, orfana di padre anche se l'uomo che le ha dato la vita respira. 

Tesoro mio, mio piccolo angelo, spero che tu possa perdonarmi. Un giorno, quando sarai una donna e leggerai la lettera che ho lasciato per te. Spero che tu capisca. La donna con cui ti ho lasciata è una brava donna, ti darà tutto quello che io non potrò mai darti. Come potresti, mia dolce bambina, crescere felice con una madre perennemente spaccata tra due mondi? 

Io sono ciò che sono, e ciò che mi attende è il clangore delle spade nell'impeto della battaglia. Accetto il mio destino con gioia ma non è quello che voglio per te. Per te voglio l'innocenza dei prati in fiore, giornate spensierate in riva al mare.

Perdonami, ma non posso resistere al richiamo del sangue. Come potrei insegnarti a sorridere alla vita, se rinnegando me stessa finissi con l'affogare tra le lacrime.

No. Un ultimo, bacio, mentre dormi, leggero come un soffio sulla tua piccola fronte, e poi addio per sempre mio tesoro.

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Originariamente questo capitolo non era parte della storia, esisteva invece come racconto a sé. Un breve racconto su Solange che avevo scritto per un concorso.

Esiste un intero universo che ho creato attorno al nucleo principale della storia e questi interludi sono la scusa perfetta per rispolverare un po' di quel materiale collaterale.

Ammetto comunque di avere avuto qualche difficoltà a scrivere questo capitolo. Io stessa fatico a capire la scelta di Solange, per cui è stata una sfida cercare di motivarla, spero che almeno in parte i suoi sentimenti e il dilemma morale causato dalla scelta che ha dovuto compiere vi siano arrivati leggendo, ma ammetto che c'è ancora ampio spazio di miglioramento..

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