Capitolo 15: Promessa

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Nonostante fosse sera l'aeroporto era piuttosto affollato; con la luna erano arrivati e con la luna sarebbero ripartiti, almeno così osservò Kuroko mentre trascinava la valigia per raggiungere Hiyuga e gli altri.
L'hostess aveva appena annunciato l'inizio dell'imbarco per il loro volo quando Kuroko si sentì chiamare.
Era la voce di Alexandra.
Si voltò con aria interrogativa e gli altri, a pochi passi da lui, lo emularono.
La donna correva nella loro direzione con ancora il telefono stretto in una mano.
<L'allenatore di un prestigioso college ti ha notato, vuole conoscerti!> esclamò riponendo il telefono nella tasca della propria giacca.
Kuroko trovò quasi divertente quello scherzo ma Alexandra si era espressa con voce fin troppo sobria e controllata perché potesse trattarsi di una burla.
<Vuole conoscermi?> domandò come se non avesse afferrato fino a fondo il significato di quelle parole.
<Esattamente...> rispose con lo stupore negli occhi, lanciò un'occhiata repentina a Kagami, poi proseguì <ho provato a spiegargli che devi partire ma si é addirittura offerto di pagarti il viaggio, se rifiuterai la sua offerta e vorrai tornare in Giappone con il prossimo volo>.
Quella era senza ombra di dubbio una notizia stupenda: in nessun altro posto come New York sarebbe stato possibile intraprendere una carriera come cestista.
Eppure Kuroko appariva contrariato.
<Lo conosci?>.
Era comprensibile che volesse saperne di più; non poteva basare la scelta di una vita su una telefonata che neanche aveva udito, ovviamente senza nulla togliere all'indiscutibile fiducia che riponeva in Alexandra.
<L'ho visto solo una volta, di sfuggita, durante una partita disputata dai suoi giocatori...una squadra davvero fenomenale, non c'é che dire> commentò tornando indietro nel tempo, con la mente, fino ad arrivare a quel giorno <mi ha dato l'impressione di seguirti da tempo perché ha detto, testuali parole: "devo avere il sesto uomo fantasma nella mia squadra"> spiegò imitando la voce grave dell'uomo.
<Ma come fa ad avere il tuo numero se non lo conosci? E poi cosa dirò ai miei?> si chiese passandosi le mani nei capelli.
Se non fosse salito su quell'aereo, beh, solo il cielo avrebbe saputo cosa sarebbe successo.
<Fidati Kuroko, quel tipo ha i suoi contatti, comunque io sarei disponibile a spiegare la situazione ai tuoi genitori...questo ovviamente se deciderai di fare un tentativo>.
Tutti la ascoltavano con attenzione, di certo era davvero curioso che quell'allenatore volesse proprio lui, il sesto uomo fantasma, certo, ma che, in quanto a elevazione e tiro libero, poteva ancora migliorare; la sua forza stava tutta nei passaggi e, indubbiamente, lo sapeva tutto il giappone.
Che le voci si stessero diffondendo anche in America?
Era più che probabile.
Forse lo sconosciuto aveva intenzione di renderlo, attraverso allenamenti speciali, un giocatore ancora più completo?
Era un mistero.
In effetti, avevano anche notato i piccoli miglioramenti che avevano perfezionato il suo gioco, come il tiro sia libero che ravvicinato.
<Kuroko> Kagami cercò di assicurarsi la sua completa attenzione e quando la ottenne aggiunse <so che il vostro aereo é previsto tra poco ma spero che deciderai senza troppa pressione>.
Gli strinse la mano nella sua.
La notizia annunciata da Alexandra poteva rappresentare un ostacolo oppure l'opportunità della vita, solo Kuroko avrebbe potuto stabilirlo.
<Suppongo che potrei quantomeno incontrarlo> decretò alla fine.
<COSÌ SI FA KUROKOCCHIII!!!> proruppe Kise prendendogli una spalla e abbracciandolo.
Kagami incrociò le braccia e non per tenerle impegnate dallo strangolare il biondino (forse).
Hiyuga sorrise.
<Questa é una splendida notizia, Kuroko. Siamo molto contenti per te> aggiunse unendosi all'abbraccio seguito poi da Izaki, Kyoshi e Riko.
<E anche molto fieri> aggiunse quest'ultima.
<Vi avverto: io non abbraccio nessuno> dichiarò a denti stretti Midorima che era contro qualsiasi dimostrazione di affetto, almeno in pubblico.
<Concordo> grugnì Murasakibara che, tanto per cambiare, stava sgranocchiando delle patatine.
Tuttavia Kuroko, seppur al centro dell'abbraccio collettivo, riuscì a scorgere dei sorrisi sui loro volti.
<Grazie ragazzi> mormorò.
La voce cristallina di una hostess riecheggiò per tutto l'aeroporto.
<Si avvisano i gentili viaggiatori che la partenza dell'aereo delle ore 21, dal terminale otto, é prevista tra cinque minuti>.
<É il nostro> osservò Izaki guardando il proprio biglietto.
L'abbraccio, che aveva finito per coinvolgere anche Aomine e Akashi si sciolse.
<Sarà meglio andare, o rischieremo di perderlo> considerò Hiyuga rivolgendosi al resto del gruppo.
Così si imbarcarono ma non prima dj salutare n'ultima volta Alexandra, Kagami e Kuroko da lontano.
<Fate buon viaggio!> urlarono all'unisono mentre Alexandra si limitava a salutarli con la mano.
<Anche per noi é ora di andare, c'é molto da fare> disse quando uscirono dalla loro visuale.
<Ma sono le nove ormai> ribatté Kagami.
<Non in Giappone. Appena arriviamo a casa chiamiamo i genitori di Kuroko per avvisarli, non si discute> ribadì Alexandra.
Kuroko si trovò concorde.
Non sarebbe stata cosa facile convincere i genitori a lasciare che rimanesse lì, specialmente attraverso una chiamata.
Tornato assieme a Kagami e Alexandra all'appartamento e ritrovata la tranquillità necessaria Kuroko prese il telefono e, solo dopo aver deglutito tutta la paura, avviò la chiamata.
Squillò a vuoto per svariati secondi quindi cominciò a pensare che, quella sera si sarebbe salvato in calcio d'angolo per piangere la mattina seguente.
<Pronto?>.
La voce che arrivò dall'altoparlante era femminile e un pò insonnolita.
<Ciao mamma> salutò pacatamente.
<Kuroko!> il suo interlocutore sembrò rinvigorirsi tutto d'un tratto <Oh...sei stato così carino a chiamarmi per avvisarmi che sei sull'aereo>.
Kuroko sentì raggelarsi il sangue nelle vene, si era spostato in un'altra stanza per fare la chiamata ma in quel momento desiderò soltanto avere accanto Kagami.
<A tal proposito mamma...>.
Esitò.
<C'é qualche problema?> la sua voce parve assumere una nota di apprensione.
Anche Kuroko fu sopraffatto dall'ansia e cominciò a farneticare.
<No, no no, cioé si...ehm...no...tranquilla>.
<Che succede Kuroko? Mi sembri...agitato>.
Il ragazzo fece un profondo respiro poi partì a raffica con una prefazione così dispersiva da far riaddormentare qualunque altra persona.
<Mamma, devo dirti una cosa. Non é facile per me quindi vorrei che prima di agitarti analizzassi con la giusta attenzione quello che sto per dirti...>.
<Ah ho capito, Kuroko non c'é bisogno di adottare tutte queste cerimonie, sei il mio bambino e etero o gay ti vorrò bene in ogni caso> mugugnò mentre sbadigliava.
Kuroko arrossì di colpo, i palmi delle mani cominciarono a sudare.
<C-come?> balbettò.
<Ho sempre pensato che il tuo compagno di squadra...quello molto alto, con i capelli rossi, come si chiama?...ah si! Katami, mi pare>.
<Kagami> la corresse, dimenticandosi in quel momento che stavano sviando il discorso.
<Lui!> esclamò soddisfatta <insomma, ho sempre pensato che ci fosse del tenero tra di voi. Sai non mi sono sfuggite tutte quelle sere che passavi in camera tua a parlarc->.
<Mamma, per favore, metti da parte le tue congetture e ascoltami> controbatté Kuroko.
Apprezzava che i suoi sentimenti verso Kagami non la infastidivano ma non poteva più rinviare quella conversazione e soprattutto quello non era il momento e soprattutto la situazione giusta per parlarne.
Inoltre non immaginava di fare coming out proprio così, per telefono.
Quantomeno sua madre sembrò comprendere perché obbedì aspettando in silenzio.
<Stavo per salire sull'aereo quando l'allenatrice di Kagami mi ha dato una notizia sconvolgente>.
Fece una pausa per schiarirsi la gola.
<L'allenatore di un importante college inglese é interessato ad avermi nella sua squadra>.
<College? squadra? vuoi...vuoi dire che...?>.
<Si, probabilmente se sono all'altezza delle aspettative potrei essere selezionato per accedere al draft NBA> concluse cercando di mantenere il più possibile un tono neutro.
Avrebbe voluto aggiungere che non ne era certo, che le probabilità erano scarsissime per non dire inesistenti ma sia "probabilmente" che "se" stonavano contanto che l'obbiettivo di quella spiegazione era il suo permesso.
Il silenzio dall'altra parte lo sconcertò, ancor più il suo protrarsi quindi aggiunse: <Si é addirittura offerto di pagarmi il prossimo volo per tornare in Giappone, dato che per conoscerlo non sono partito oggi>.
Silenzio, ancora, sconfinato più di prima.
<Sembra che tu abbia già preso la tua decisione> dichiarò sua madre a denti stretti.
<Io...volevo chiedere prima a voi> ribatté.
La sua voce chiaramente irritata lo fece sentire colpevole anche se non lo era.
<Passami la signora Alexandra>.
Kuroko si staccò dal telefono per chiamarla, pensando che l'assenza di un "perfavore" non era un buon segno.
Questa accorse non appena si sentì chiamare.
<Mia madre vorrebbe parlarti, se non ti dispiace> spiegò.
I suoi occhi inquieti e il tremore delle sue mani spinsero la donna ad utilizzare un tono più indulgente del solito.
<Ma certo> rispose per poi prendere il telefono tra le mani.
Nel frattempo Kuroko raggiunse Kagami che era rimasto fermo in cucina con le braccia conserte sul tavolo; non appena lo vide scattò in piedi.
<Allora?> chiese con impazienza.
<Ci ho parlato per pochi minuti ma mi é sembrata decisamente infastidita, ha chiesto di parlare con Alexandra> riferì.
Kagami annuì e il suo sguardo tornò su un punto indefinito del tavolo.
Si vedeva dal suo volto che era ancora un pò disorientato dagli ultimi avvenimenti, Kuroko non poteva biasimarlo, era successo tutto nel giro di una serata.
<Tu sai chi é questo allenatore?> gli chiese di punto in bianco.
<Purtroppo no> replicò Kagami.
Kuroko gli avrebbe fatto altre domande, anche inutili al solo scopo di tirare fuori la sua voce, l'unica cosa che riusciva a rasserenarlo il quel momento.
Kagami dopo essersi stancato di continuare a fissare il tavolo notò le mani di Kuroko agitarsi delle sue ed era intento ad afferrarle quando la voce sostenuta di Alexandra distrusse la quiete.
Non stava urlando ma sicuramente la conversazione a cui aveva preso parte stava via via diventando sempre più burrascosa.
<Senta io capisco la sua con...no no no non ho detto questo! guardi mi ha frainteso>.
Alzando e abbassando il tono della voce Alexandra si interrompeva e sospirava profondamente allo stesso tempo, come per mantenere la calma.
I due si affacciarono sul corridoio riuscendo a scorgere Alexandra proprio nel momento in cui gesticolava con convinzione.
<Io credo semplicemente che...N-no, certo che no!> replicò poi a chissà quale accusa.
Kuroko si accasció al muro, già immaginandosi poche ore dopo all'aeroporto ad aspettare il primo volo per tornare in Giappone.
Tutto sarebbe finito ancora prima di cominciare.
Inoltre non capiva l'avversione di sua madre, doveva essere una notizia memorabile, anche per lei e invece...
Si strofinò gli occhi, preda del sonno, dell'ansia e della preoccupazione.
Kagami forse lo notò e forse fu proprio quel gesto a spingerlo ad avvicinarsi ad Alexandra, rubarle, da dietro le spalle, il telefono e a interrompere quel battibecco che proseguiva da ormai dieci minuti.
Kuroko rimase di stucco poi riacquistò la capacità di muovere le gambe e raggiunse Kagami proprio mentre lo sentiva annunciarsi a sua madre.
<Buonasera, no, anzi, dovrei dire buongiorno...spero che la mia coach si sia scusata per l'orario della chiamata> accennò mantenendo i nervi saldi.
Kuroko provò a parlargli temendo che a quel punto la situazione potesse solo peggiorare.
<Kagami? Sei sicuro di->.
Ma Kagami lo aveva frenato con un gesto della mano.
Lo guardava con un'espressione ben nota a Kuroko, un'espressione che esprimeva sicurezza, sincerità e furbizia allo stesso tempo.
Insomma, sembrava comunicargli "Tranquillo, ci penso io".
Era difficile da spiegare ma adorava quella fossetta in basso a destra e quello sguardo sicuro.
Fece un passo indietro senza staccare gli occhi da lui e lo sentì proseguire con prontezza.
Kuroko non poté udirlo ma sua madre si calmò subito non appena riconobbe Kagami, il che a quest'ultimo apparve molto strano non avendola mai incontrata di persona.
<Mi dispiace che dobbiamo fare la nostra conoscenza in questa situazione spiacevole> ammise sconsolata poi proseguì <avrei preferito discutere faccia a faccia con Kuroko per capire se é veramente questo ciò che vuole, spero comprenderai...>.
<Si, comprendo...e comprendo anche che potrebbe essere preoccupata all'idea che rimanga qui a New York, dopotutto, é un altro stato> disse con voce calma.
Secondo la sua esperienza con le persone molte di esse amano sentirsi comprese, la madre di Kuroko semplicemente non poteva non farne parte.
Difatti l'effetto fu proprio quello sperato: il suo interlocutore si confidò con lui.
<Proprio così. Vedi Kagami, New York é una grande città ed é la prima volta che Kuroko la visita inoltre lui é...come posso dire? Beh, non proprio un ragazzone come te. Non ti nascondo che sono stata in apprensione anche durante questa settimana che avete passato tutti insieme> tentò di spiegarsi.
Kagami rimase sorpreso, voleva dire che lo aveva visto di persona? Ma lui non l'aveva mai incontrata.
Kuroko doveva averle fatto vedere una sua foto.
Sorrise all'idea.
<Pronto?>.
Tornò a focalizzarsi sulla chiamata.
<Mi dispiace che si sia agitata prima però ci tenevo a tranquillizzarla personalmente: le prometto che terrò d'occhio Kuroko, non permetterò che gli accada nulla di male> sancì così solennemente da non notare le gote rosse di Kuroko.
<Devi volergli un gran bene>.
Kagami percepì la sua voce molto più tranquilla e rilassata, se fosse stato di fianco a lei avrebbe giurato che stava cedendo a un sonno interrotto.
<É così> rispose senza riuscire a smettere di sorridere <allora? permetterà a Kuroko di rimanere qui...?>.
Non aveva specificato né per come né per quanto ma non aveva senso precisare di quanto tempo si sarebbe trattato visto che non lo sapeva.
Una cosa era certa, se Kuroko veniva selezionato e il draft si sarebbe svolto come l'anno precedente a giugno l'attesa si protraeva per dieci mesi...praticamente poco meno di un anno.
Seguì una pausa poi sentì nuovamente la voce cristallina della donna.
<Vorrei parlare di nuovo con Kuroko, potresti passarmelo?> chiese gentilmente.
<Subito>.
<É stato un piacere Kagami, ah e perfavore, dì alla signora Alexandra che la perdono per aver rimandato indietro Numero Due...quel cagnolino sà essere molto impegnativo per me> ridacchiò.
"Allora discutevano di Numero Due..." pensò Kagami lasciandosi andare a una grassa risata che confuse ancora di più Kuroko.
<Mi creda signora se le dico che non stento a crederci> concluse passando poi il telefono a Kuroko.
<Mamma?>.
Non sapeva perché Kagami stesse ridendo ma di certo era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato.
<Kuroko> il suo tono appariva fermo e serio <restare a New York é quello che vuoi fare?> domandò.
<Si, voglio mettermi in gioco> rispose tutto d'un fiato <se fallisco almeno potrò dire di averci provato>.
Kuroko non poté vederlo ma quelle parole regalarono a sua madre una gioia e una soddisfazione indescrivibili.
<Molto bene, hai il mio permesso...ma a una condizione!> la sentì esclamare.
Kuroko tacque mentre Kagami sentendo "condizione" si incuriosì a tal punto da avvicinare l'orecchio all'altoparlante.
<Che ringrazi Kagami, non so se senza le sue convincenti argomentazioni ti avrei permesso di restare lì> concluse.
Kuroko guardò di sottecchi il suo benefattore fissarlo furbamente.
Non aveva idea di cosa gli stava passando per la mente ciò nonostante gli diede un bacio.
Delicato ma fulmineo.
<E CHE FAI ATTENZIONE! O QUANDO TORNI A CASA FACCIAMO I CONTI!> sbottò proprio quando Kuroko stava per salutarla e riattaccare.
"I miei poveri timpani" pensò inesorabilmente massaggiandosi l'orecchio colpito.
<Lo farò mamma. Ti ringrazio per la tua fiducia>.
E così conclusero la chiamata.
Kuroko ripose il telefono in tasca.
<Grazie Kagami-kun>.
Gli era veramente riconoscente, sua madre oltre a non essere una grande amante dei cani era una persona molto...singolare...con sporadici sbalzi d'umore e opinioni contrastanti.
Ad ogni modo rimasero inebetiti dalla lunga conversazione e dal turbinio di emozioni che la giornata aveva mosso finché Alexandra non proruppe nella stanza.
<Su! A letto o domani sarete degli zombie>.
<Cavoli, parli proprio come una madre> la rimbeccò Kagami godendosi l'espressione contrariata sul suo volto.
<Prendo un futon?> chiese Kuroko.
<Oh no, stanotte dormirai con me> asserì Kagami facendo un passo verso di lui e sfoggiando un malizioso ghigno.
In quel momento Kuroko comprese l'altro volto della felicità, quello sottile, criptico e talmente intriso nella quotidianità da passare inosservato a quelli più distratti.
Quella notte Kuroko vide finalmente realizzarsi uno dei suoi desideri: dormire tra le braccia di Kagami.
Le sue dolci carezze lo cullarono, come una limpida armonia, fino a quando non si addormentò con il sorriso sul volto.

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