Capitolo 3: Domande

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Il pavimento della palestra brillava delle gocce di sudore dei dieci giocatori che non smettevano di correre avanti e indietro per il campo, fino a che il fischio di fine partita echeggiò sonoro per bloccare l'ostinata azione di attacco messa in atto dalla squadra di Kagami.
Qualcuno crolló a terra esausto, altri correvano agli asciugamani e alle borracce in panchina mentre l'ala grande (a cui il playmaker aveva passato la palla) per fare scena tentò comunque il tiro, segnando un canestro non valido.
Kagami si passò il lembo della maglia sulla fronte, sugli occhi e sul naso poi guardò il tabellone e non poté trattenere un sorriso di pura gioia.
Certo, il distacco non era tanto, si stava parlando di cinque punti di distacco: settantadue a sessantasette. Ma lui aveva giocato bene e lo leggeva nel sorriso di Alex e nel bagliore dei suoi occhi che non si staccavano da lui.
D'altra parte quei ragazzi sapevano il fatto loro, non lasciavano tregua sul campo, lo avevano messo in difficoltà, scartandolo e impedendogli diverse volte di tirare (soprattutto Joseph con la sua alta statura e la sua corporatura massiccia).
Con un forte desiderio di dissetarsi con qualcosa di fresco si avviò verso gli spogliatoi dove aveva lasciato il suo borsone.
Ma prima ancora che potesse mettere piede fuori dalla linea del campo un braccio bagnaticcio e poderoso gli avvolse il collo e lo stritolò in un gesto affettuoso.
<YOU'RE A REAL STAR!!> gli urlò nell'orecchio Joseph.
A loro si avvicinò anche Alex.
<Don't destroy him Joseph, we'll have another workout later> scherzò la donna con un sorrisetto dispettoso.
<What? Are you-are you kidding me?> chiese Kagami preso alla sprovvista.
<Obviosly not!> rispose lei godendosi l'espressione sconcertata dell'allievo.
Il tutto avvenne davanti al volto divertito di Joseph, che si godeva la scena come un bambino segue uno spettacolo di burattini.
I giocatori nel frattempo cominciavano a radunarsi al centro campo per ringraziarsi l'un l'altro della bella partita.
<Forza andate> li congedò Alexandra.
Kagami preceduto da Joseph si allineo con i suoi compagni di squadra, trovandoselo poi di fronte.
Strinse la sua mano come quella di tutti gli altri avversari.
Ormai era chiaro, quello che Alexandra aveva intenzione di capire con quella partita era quale fosse stato il miglioramento a cui era andato incontro Kagami giocando con il liceo seirin, e, conseguentemente, quale fosse il suo livello di partenza...non a caso, aveva scelto proprio una squadra agli albori.
Una squadra che si prefiggeva di portare ancora più in alto il nome del basket americano nei college.
Sentiva ancora l'affaticamento della partita, ogni suo muscolo era ancora rovente e teso, come una corda di violino.
Ma nonostante il fiatone, il caldo e i dolori muscolari era soddisfatto.
Per quanto gli riguardava, data la sua carica rimasta, avrebbe potuto perfino fare un'altra ora di corsa.
Terminati i ringraziamenti e le chiacchiere con alcuni giocatori, incuriositi dal suo stile e dalle sue capacità, Kagami poté finalmente avviarsi agli spogliatoi.
<Ti aspetto all'ingresso, fai in fretta mi raccomando> così lo dileguò Alexandra che, senza aspettare alcuna risposta, cominciò ad avviarsi verso l'uscita della palestra.
Quando varcò la porta degli spogliatoi Taiga trovò ad accoglierlo la luce del sole, la quale irrompeva dalle finestre, e il silenzio che sovrastò il brusio proveniente dalla palestra non appena chiuse la porta dietro di sé.
Bevve qualche sorso dalla sua borraccia, ignorando le gocce che sfuggendo alla sua voracia gli ricadevano sul mento.
Imbracció il borsone e tiró fuori il telefono per far scorrere il dito sulla barra delle notifiche.
Il suo cuore ebbe un sussulto quando vide una chiamata persa da Kuroko.
Si lasciò sfuggire un "Maledizione!".
Cominció a pensare al fuso orario in America e finì col chiedersi che ore potessero essere là in Giappone.
Doveva ammettere che il trovarsi nei pensieri di Kuroko lo fece sentire davvero bene, tuttavia la sua gioia svanì, lasciando il posto a un senso di insoddisfazione.
Purtroppo, fatti alcuni calcoli alla veloce, Kagami si rese conto che a quell'ora era inutile chiamare l'amico, poiché in Giappone era ormai notte.
Avrebbe potuto chiamarlo solo quella stessa sera, così da trovarlo libero dalle lezioni del mattino e, magari, a casa libero da compiti e altri impegni.
Inevitabilmente per lui, quell'attesa fu estenuante e l'allenamento propostogli da Alexandra il più lungo al quale si fosse mai sottoposto.

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