Capitolo 1: Rimpianto

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Taiga si stava mettendo in fila per l'imbarco, davanti a lui si era già formata una fila lunghissima.
Tutto era andato per il meglio, il ragazzo indossava le sue amate cuffie e prese, poco dopo, il telefono per selezionare uno dei suoi brani preferiti.
In realtà la musica era l'ultimo dei suoi pensieri.
Nonostante si era ripromesso di non guardarlo mentre si allontanava, i suoi occhi sfuggirono al suo controllo.
Le cose che sentiva il bisogno di dirgli prima di partire erano talmente tante da premere su di lui come un piede preme sul pedale dell'acceleratore, così non riuscì a frenarsi e corse verso la sua direzione.
"Non so come sarà la mia vita senza di te e ho paura di scoprirlo!" era ciò a cui pensava ripetutamente, ignorando lo stridio delle scarpe da ginnastica e i violenti battiti del suo cuore che sembrava volersi liberare da una gabbia.
Voleva dirgli tutto quello che nel loro percorso insieme non aveva mai osato proferire eppure ciò che disse fu molto più velato.
<Kuroko!>.
Il ragazzo, udito il suo nome, smise di camminare.
<Quando ho detto che sarei sicuramente diventato un giocatore della NBA ho mentito>.
Kagami sentiva affiorare una stretta al petto.
<Non so se riuscirò a vincere ancora, senza la mia ombra...>La sua voce si era affievolita nel pronunciare quel "senza", le mani erano strette in due pugni d'acciaio e il suo sguardo, che solitamente appariva prepotente e distaccato, in quel momento era limpido ma allo stesso tempo profondo.
Le lacrime furono finalmente libere di mostrarsi.
Anche Kuroko si asciugò velocemente gli occhi e poi si voltò improvvisamente.
Il mondo intorno a loro non esisteva più e per un attimo si erano persi l'uno nello sguardo dell'altro.
<É normale che adesso tu abbia dei dubbi, sinceramente mi sorprenderebbe il contrario> ammise Kuroko e azzardò un sorriso; poi continuò: <sono sicuro che riuscirai ad arrivare dove vuoi, e ricorda, io sarò sempre la tua ombra>.
Detto ciò gli porse il pugno e Kagami fece lo stesso.
Quel gesto aveva reso ancor più prezioso quel momento, era un gesto di gioia, speranza, un grazie un buon augurio ma, sopra ogni cosa, una promessa.

Nel momento in cui kagami, ripensava al loro saluto in aeroporto, stava seduto sul pavimento, appoggiato pesantemente sulla sponda frontale del divano e, inerme, nel buio della stanza, fissava pensoso il soffitto.
Sul tavolino di fronte a lui c'erano alcune lattine vuote di birra.
Un raggio di luna superava il vetro della portafinestra che dava sul balcone, regalandogli la luce che gli consentiva di restare sveglio ancora per un pò.
Nella sua mente stava ripercorrendo tutti i momenti memorabili vissuti con la Seirin, con Kuroko...scoprì una sottile nostalgia nel pronunciare quel nome e istintivamente si portò le mani sulla fronte, in un gesto esasperato: gli mancava, cavoli se gli mancava.
Ai suoi piedi stava il telefono, gli sarebbe bastato allungare un braccio per prenderlo: il numero di Kuroko lo aveva come aveva una voglia matta di risentire la sua placida voce.
Eppure non si mosse, decise che non lo avrebbe chiamato non sentendosi nella sua condizione migliore.
Cominciò a chiedersi che cosa avrebbe fatto ora che era in America, e quale era la via da percorrere per raggiungere il suo obbiettivo.
Ma soprattutto cominciò a chiedersi se senza Kuroko le sue prestazioni in campo sarebbero state incisive come sempre.
Allora, una volta accortosi che quel vortice di pensieri autosabotativi lo stavano trascinando al suo interno, guardò l'orologio che si intravedeva dalla cucina: Anche se avesse cambiato idea sul chiamare Kuroko era troppo tardi, o meglio troppo presto (per quello che é il fuso orario in giappone).
Quando decise di dormire si tirò semplicemente su, per sdraiarsi sul divano.
Quel giorno gli sembrava di aver giocato la partita più faticosa della sua vita fino a quel momento, era così stanco che sentiva gli arti e la testa pesanti.
Si girò e si rigirò nel tentativo di prendere sonno ma invano.
Tra tutti i pensieri di quella sera uno lo tormentava più di tutti.
"Perché?" si domandava.
"Tanto sarei partito comunque, non ci sarebbe stato alcun imbarazzo, alcun seguito...e allora perché ho esitato?".
Quello che si stava chiedendo incessantemente Kagami era:


"Perché non ho dato a Kuroko quel bacio che tanto desideravo?".




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