Capitolo 16: Sangue

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Che Waylen Bryce fosse un uomo eccentrico lo si intuiva da diversi aspetti: dal suo portamento, dall'abbigliamento, persino dalla scelta dei suoi accessori.
Eppure una cosa era indiscutibilmente seria: il suo amore per il basket.
Kuroko lo aveva incontrato e dopo un lungo e impegnato colloquio concluse che poteva essere un tipo affidabile.
Il giorno stesso proseguì con l'iscrizione al college; in circostanze normali non avrebbe potuto immatricolarsi ma la parola di Waylen bastò ad assicurargli un posto, dimostrando ancora una volta la sua influenza nel mondo del basket professionistico.
Purtroppo però, quelli che sarebbero diventati i suoi compagni non condividevano lo stesso entusiasmo del coach per lui.
Come biasimarli; Kuroko era basso, piuttosto mingherlino e non era ancora versatile quanto ci si aspettasse da un candidato per il draft NBA.
Inoltre, per dirla tutta, il clima competitivo e disagevole nelle squadre collegiali americane era ben risaputo.
A ragion di ciò, Kuroko, nel giro di un mese, aveva trovato la serratura dell'armadietto rotta, chewingum sotto le scarpe e messaggi minatori scritti con una bomboletta spray.
<Lasciali a me! Gli faccio passare la voglia di darti fastidio!> tuonò Kagami in preda al furore quando ne venne a conoscenza.
Ma Kuroko si espresse molto chiaramente a riguardo: non doveva intromettersi.
Quella era la sua battaglia, il suo cammino.
Se non riusciva a sopravvivere con le proprie forze nelle prime settimane come poteva sperare di arrivare alla fine dell'anno?
Sarebbe riuscito a farsi rispettare una volta mostrato a tutti il suo basket.
Insomma alla fine era riuscito a farsi promettere da Kagami che non avrebbe fatto nulla di sconsiderato.
Le giornate passavano tutto sommato tranquille, almeno fino a un normale pomeriggio di ottobre.
Kuroko stava disputando la solita amichevole che seguiva gli esercizi di riscaldamento.
<Ricordate, questa é una partita seria perciò non voglio vedere nessuno batter la fiacca! Forza, forza, forza!> urlò il coach battendo le mani rumorosamente.
Kuroko come nelle ultime amichevoli stava giocando senza un ruolo specifico; Bryce, dopo averlo osservato giocare con i suoi ragazzi la prima volta, si era convinto di tale scelta; Sembrava avere un disegno specifico per lui anche se Kuroko ancora non capiva quale fosse.
Quel giorno sostituiva l'ala piccola, un ragazzo della sua stessa corporatura seppur più alto che, dalla panchina, gli lanciava sguardi di puro odio.
Cercava di non guardarlo anche se doveva ammettere di sentire la tensione dei suoi occhi rancorosi su di lui.
"Non devo pensarci".
Purtroppo però non era altrettanto facile fare lo stesso per l'isolamento al quale lo avevano costretto i compagni di squadra.
Difatti, nessuno sembrava essere disposto a passargli la palla.
Si sentiva inutile sul campo e date le sue incredibili capacità di osservazione non gli era servito che un istante per captare l'incertezza che tradiva il volto dell'allenatore.
L'espressione di Waylen era indecifrabile, equiparabile solo a una fredda pietra.
Voleva vedere come si sarebbe comportato in quella situazione?
Poi fissandolo negli occhi ripensò alle sue parole.
"Non voglio vedere nessuno battere la fiacca!".
Allora capì.
Che fosse in modo volontario o meno, il suo nuovo coach gli aveva fornito già la risposta a quel problema.
Non sapeva se si era messo effettivamente d'accordo con tutti per escluderlo dalle giocate ciò nonostante comprese quello sguardo, qualche minuto prima, illeggibile.
"Mostrami il tuo basket", ecco cosa gli stava comunicando.
Quella era la situazione perfetta per lui, perfetta per un'ombra.
L'istante dopo sparì dietro un giocatore e, se avesse continuato a guardare l'allenatore, avrebbe captato una breccia di stupore nei suoi occhi che seguivano ogni suo piccolo movimento con interesse.
Si mosse con un'agilità fulminea tale da raggiungere il proprio compagno di squadra e fregargli la palla.
Questi emise un suono di protesta e sorpresa allo stesso tempo, prima di perdere l'equilibrio e sbilanciarsi.
Si guardò intorno in velocità ma non vide più la palla.
Kuroko era diventato un fantasma.
Ovviamente non grazie a una magia, sfruttava semplicemente la situazione in campo a suo vantaggio.
Il suo era un vero e proprio talento.
Era così scattante da non permettere a nessuno di distinguerlo chiaramente in campo e, soprattutto, di fermare la sua avanzata.
Senza saltare eseguì un tiro, ma la sua concentrazione vacillò.
Sollevò le braccia verso il canestro con rigidità, perdendo tutta la fluidità che dirigeva i suoi movimenti fino ad allora e la palla rimbalzò sull'anello senza entrare nel canestro; il costante rimbalzo riecheggiò nella sua testa divenendo l'unico suono distinguibile nel clamore della palestra.
Il giocatore al quale aveva fregato la palla un attimo prima lo aveva sbeffeggiato con l'unico obiettivo di abbatterlo psicologicamente.
<Dovresti smetterla con il basket, nanerottolo>.
<Non ci interessano i deboli> aveva aggiunto un'altro seguendo il compagno nel contropiede.
Kuroko si sentì smarrito, mentre con i ricordi tornava al giorno in cui aveva sfidato per la prima volta Kagami.
In quell'occasione era stato veramente scarso.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso fugace che fu cancellato dalla rabbia e dall'insoddisfazione.
Quelle erano le stesse parole che aveva utilizzato Kagami dopo il loro scontro uno contro uno.
Voleva sprofondare.
Non credeva che si sarebbe sentito a disagio nel suo ruolo di ombra, la veste che lo rendeva un fantasma in campo ma che lo manteneva anche nella sua comfort zone.
"Non ce la posso fare" pensò.
Abbassò il capo fissando la sua ombra che si rifletteva sul parquet della palestra e strinse i pugni.
"Probabilmente dopo questo errore Waylen mi rimanderà in Giappone".
Stava rimuginando talmente tanto da non accorgersi che, se cominciava a correre subito, poteva ancora raggiungere il playmaker che raggiungeva solo in quell'istante la metà campo.
Waylen si sedette sulla panchina e, posando i gomiti sulle ginocchia, intrecciò le dita proprio sotto il suo naso.
Stava analizzando la situazione.
Si morse la lingua per trattenersi dal chiamarlo.
Stava facendo la cosa più deleteria per lui: esitare.
<Maledizione> bofonchiò sotto voce.
Ormai erano due mesi che stava con loro, si era affezionato a lui ed era pronto a scommettere sulle sue capacita, anche perché ne era stato lui stesso testimone.
Ma erano anche stati due mesi di angherie che Kuroko incassava, come un sacco da box fa con i pugni.
"Pensavo di potercela fare..." pensò amareggiato.
"Forse dovrei...".
Ritirarmi?
Tornare in Giappone?

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