Capitolo 6.

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Giacevo nel letto immobile, incapace di prendere sonno. Dopo la mia confessione a Xavier, ero scappata via in men che non si dica.
Mi ero staccata da lui e dal suo abbraccio ed avevo iniziato a correre. Mi ero fermata solo una volta arrivata in camera.

Non avevo aspettato neanche che lui mi raccontasse quel suo segreto che mi aveva promesso, travolta com'ero dall'emozione. Lui non mi aveva seguita, o almeno così mi sembrò.
Era ormai passata una settimana dall'ultima volta che ci eravamo parlati e né io né lui avevano tentato un riavvicinamento.
Per ì corridoi, facevamo finta di non vederci.

Ascoltavo i respiri regolari di Iris, che era caduta in un sonno profondo da molto tempo.

Il telefono segnava le 3:45.
Il silenzio ero calato su tutto l'edificio e non si sentiva il minimo rumore. Tutti dormivano, apparentemente, tranne me.
Frustrata dalla mia mancanza di sonno, decisi di andarmi a fare un giro per schiarire i pensieri.

Uscii dalla camera di soppiatto, indossando solo il pigiama ed una giacca. Presi a girovagare per i corridoi deserti, senza una meta precisa, con il sangue che mi pulsava prepotente alle tempie.

Arrivata all'ala ovest del mio dormitorio, mi fermai.

Ripensai al modo in cui Xavier mi aveva guardata quando eravamo nella biblioteca segreta.
Non era stato con pietà o compassione; i suoi occhi erano appesantiti dal dolore di quella storia, il mio.
Quando mi aveva abbracciata,  avevo desiderato per un millesimo di secondo che non mi lasciasse, che potessi rimanere lì con lui, soli ed indisturbati.
Prima mi facevo passare quell'insulsa cotta e tanto meglio sarebbe stato per me.

Ero diventata vulnerabile in modo irrimediabile a suoi occhi e non c'era cosa che io potessi fare per aggiustare la situazione. Si trovava in una posizione di vantaggio che a me non piaceva e forse era meglio stargli alla larga.

Mi affacciai ad una delle tante finestre che si succedevano in modo regolare nel corridoio. 

Presi ad osservare la foresta che abbracciava la scuola. Sembrava un'informe macchia di inchiostro nero, tanto grande quanto minacciosa.

I giardini emanavano una staticità calmante sotto la luce lunare. Percorsi con lo sguardo l'intricata geometria del labirinto di siepi disegnato dalla professoressa di erbologia.
Iris mi ci aveva trascinata dentro una volta, per farmi vedere tutte le piante rare che conteneva e che le piacevano. Eravamo riuscite ad uscire solo dopo una mezz'ora buona, che io avevo passato ad imprecare contro ogni vicolo cieco che raggiungevamo. 

Il mio occhio venne catturato da una figura che si aggirava furtiva nella parte di giardino sottostante la finestra. Procedeva a passo lento ma costante.
Era vestita da capo a piedi di abito scuri ed il suo viso era nascosto da una spessa sciarpa.
Anche volendo, da quella distanza non sarei mai riuscita a cogliere i lineamenti del viso.
Non si vedeva molto, dal punto in cui ero. Non riuscivo a capire se fosse un uomo o una donna.

Mi chiesi chi fosse e cosa stesse facendo a quell'ora all'aria aperta. Una passeggiata alle tre di notte era inusuale, ma alla fin fine pure io ero giro mentre dovevo essere a letto a dormire da un bel pezzo.

Alzò il capo verso le finestre del secondo piano, dove ero io. Non riuscii a capire se mi avesse visto o meno, dal momento che feci un paio di passi  indietro per non farmi scorgere.

Poco dopo, mi riavvicinai alla finestra. La figura stava correndo verso il labirinto. Era una piccola ombra scattante in mezzo alla vegetazione.
Quello sì che era inusuale. Perché scappare così?
Cercai di non pensarne nulla di particolare: ero stanca di affaticarmi con congetture inutili. Girai i tacchi e continuai la mia esplorazione.

Madness | Xavier Thorpe Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora