Capitolo 9.

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Non avevo mai visto Iris così tanto concentrata.
Procedeva sicura nei passi, puntando con mano ferma la torcia davanti a sé.
Di tanto in tanto si fermava, chiudeva gli occhi per riconnettersi alla traccia di Cara e poi continuava imperterrita.

Il buio, già calato, rendeva la camminata ardua. Ero terrorizzata dall'idea di perderci da un momento all'altro in quel labirinto di alberi.
Il freddo era così umido che riusciva a penetrarmi quasi dentro le ossa.

L'unica cosa che mi impediva di scappare via a gambe levate era il non voler lasciare Iris da sola, senza una via d'uscita.
Se avessimo sentito il gruppo di ricerca o i funzionari della scuola avvicinarsi, avrei creato un diversivo con i miei poteri, seminando il caos.

"Iris, quanto manca?" Le chiesi, spostando un ramo che mi ostruiva il passaggio.

"Poco, sento la traccia molto forte."
Procedemmo in silenzio, con io che le stavo alle calcagna come una bambina impaurita.

Quel giorno ero stata svegliata dai suoi strattoni frenetici. Era sgattaiolata via dal dormitorio prima del sorgere del sole e si era addentrata nel bosco, da sola, per riuscire a trovare una qualche pista su Cara, riuscendoci.

Mi ero chiesta varie volte da cosa derivasse il suo accanimento nei confronti di questa storia.
Dopo la mia richiesta di chiarimenti, mi aveva confessato che la licantropa era stata la sua prima amica alla Nevermore.
A causa di un litigio infantile, si erano allontanate, per poi non riallacciare più il rapporto per via del proprio orgoglio.
Iris si era messa ad investigare in nome del bene che le voleva ancora, perché non poteva accettare che Cara fosse sparita così nel nulla, come se un buco nero l'avesse risucchiata nell'oblio.

"Ci siamo quasi" Mi avvertì. Arrestò i suoi passi ed iniziò ad illuminare la vegetazione intorno a noi.
"La sento forte in questo punto" sussurrò.
Si era avvicinata ad un albero e, con un ramo trovato a terra, stava provando a rimuovere il fitto strato di fogliame che ricopriva le radici.

Apparse davanti ai nostri occhi un piccolo zaino nero ed una felpa, macchiata di rosso all'altezza delle spalle e del cappuccio.

Iris aveva perso tutto il colore in viso e si era irrigidita. Mi avvicinai allo zaino e vidi un ciondolo di plastica dura attaccato alla zip di chiusura con su scritto 'Cara'. Lo presi in mano, sgomenta.

Sollevai con un ramo il cappuccio della felpa e cercai di analizzare le macchie color ruggine.
"È sangue" Commentò spaventata Iris.
Un senso di inquietudine mi strinse la testa in una morsa. La bile si stava arrampicando veloce per il mio esofago e l'aria era diventata pesante, irrespirabile.
La presenza di sangue aveva materializzato un'ipotesi che sia io che Iris ci rifiutavamo categoricamente di considerare, ovvero il fatto che Cara fosse ferita, o peggio.

Mi chiesi chi potesse aver piazzato lì, in un nascondiglio così dozzinale, gli effetti personali di una ragazza scomparsa.

Faticavo a capire come i funzionari della scuola non li avessero trovati, dal momento che pattugliavano con impegno meticoloso ogni centimetro della scuola ed i suoi dintorni.
Tutto ciò lasciava sulla piazza un solo possibile scenario.

Il ritrovamento che avevamo appena fatto, la figura sospetta che avevo intravisto durante una delle mie passeggiate notturne ed il controllo maniacale - ma allo stesso tempo distratto - da parte del gruppo di ricerca spingevano la mia mente in un'unica direzione.
Doveva per forza esserci qualcuno che avesse orchestrato la scomparsa dall'interno della scuola, infangando gli indizi e dirottando l'investigazione.

"Dobbiamo andarcene da qui." Sembrava quasi che non mi sentisse, come se io le stessi parlando da chilometri di distanza.

L'afferrai con forza le spalle.
"Iris, ascoltami bene. Non possiamo dire nulla a nessuno, hai capito?" Annuì impercettibilmente.

Madness | Xavier Thorpe Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora