Fattorina Per Un Giorno

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Safira non riusciva a credere quanto casino ci fosse in ospedale alle cinque del mattino. Sembrava che tutta Parigi fosse lì dentro, solamente nella sala d'aspetto. «Salve.» Si avvicinò ad una ragazza in divisa, sembrava addirittura più giovane di lei ed era molto concentrata mentre leggeva i fogli che aveva tra le mani.
«Salve! Come posso aiutarla?» In fretta posò lo sguardo su Safira.
«Sto cercando Aaron They. È qui?» Per come la ragazza la stava squadrando, strinse le labbra. «Il... il Dottore? Aaron They?» Era un dottore? O forse un medico? Che differenza c'era tra le due cose?
«Chi cerca Aaron They?» Una terza voce la fece girare di scatto. Alle sue spalle si ritrovò un uomo, molto più alto di lei.
«Io» venne squadrata velocemente anche da lui. Era una cosa che non sopportava. «È qui?»
«Candice, vallo a chiamare per favore.»
«Sì, d'accordo.» La ragazza andò via senza guardarsi indietro.
«Sei una sua amica?» Safira boccheggiò un po'. «Perdonami, forse sei una sua paziente. In effetti è difficile che They abbia amici.»
«Non è così male, no?» L'uomo socchiuse gli occhi verdi.
«Lo chiedi a me?»
«Jackson, hai tre secondi.» Nemmeno si era accorto della presenza di Safira, continuava a controllare una scatoletta nera che teneva col pollice e l'indice e non smetteva di suonare.
«Visto? Come può uno scorbutico come lui avere degli amici?» A quella domanda così strana, alzò lo sguardo. Il fiato di Safira si bloccò non appena gli occhi neri la catturarono.
«Che ci fai qui?» La squadrò, stavolta ne uscì molto più infastidita di prima. «Ti senti male? Sei ferita?»
«No» scosse la testa, poi alzò entrambe le mani. In una c'era un sacchetto bianco di carta, nell'altra un bicchiere coperto. «Ti ho portato la colazione.» Aaron rimase incantato. Jackson ancor di più.
«Ti ha portato la colazione?» Fece il giro di Safira, si mise accanto ad Aaron. «Ma lei chi è?» Il cervello le si spense del tutto. La logica era andata a farsi benedire, perché ecco cosa accadeva quando raccontavi una bugia, che poi ne sarebbero seguite mille altre. E Safira, Safira non sapeva proprio mentire in modo leggero.
«Sono la ragazza.» Sbottò. Jackson sgranò gli occhi come se avesse sentito parlare un animale. Guardò Aaron, poi di nuovo Safira e allungò la mano.
«Sono Jackson. Il migliore amico» fanculo alla vita di Safira. «O almeno credevo di esserlo.»
«I tuoi tre secondi sono scaduti» Aaron si girò lentamente a guardarlo. «Lasciaci soli.» Si vedeva chiaramente che Jackson fosse contrario, boccheggiò in silenzio e poi rivolse un sorriso a Safira.
«Spero di rivederti presto.» Lei si limitò ad annuire, e lo guardò andare via. Aaron l'avrebbe mangiata viva.
«Scusami!»
«Tranquilla» scosse la testa, invece. «Quindi, che sei venuta a fare?» Safira strinse le labbra. Forse erano le cinque di mattina, o forse Aaron era stupido e basta.
«Ti ho portato la colazione.»
«Sei venuta fin qui per portarmi la colazione?»
«Sì.»
«A piedi?»
«No. Ho pedalato.»
«Alle cinque di mattina?» Annuì. «Perché?»
«Perché almeno quando tra qualche ora vedrò tuo nonno potrò dirgli che ti ho portato la colazione a lavoro» alzò le spalle. «E sarò veramente felice di non mentirgli almeno su questo, perché guarda» sventolò la colazione. «Sono qui e ti ho portato da mangiare. A lavoro.» Aaron rimase in silenzio. Fin troppo a lungo.
«Sarei passato più tardi, in negozio.»
«Ah.»
«Dottor They» Candice ritornò, la voce le era salita di qualche ottava. «Il ragazzo nella centrotrentadue ha bisogno di una TAC.» Aaron la guardò in silenzio.
«E?»
«Può venire?»
«Non sai fare una TAC?» Le guance di Candice divennero rosse quanto pomodori.
«Sì.»
«Non vedi che sono impegnato al momento?»
«Certo, ma quel paziente ha un po' più di precedenza. No?» La mandibola di Aaron si contrasse.
«Nemmeno se dovesse entrare Dio in persona da quella porta avrebbe la precedenza sulla mia donna» Candice divenne più seria che mai. «Vai da Jackson, e parla con lui.»
«Sì, subito.» Safira non si era resa conto che per qualche istante aveva smesso perfino di respirare. Non aveva comunque importanza.
«Io... vado. A dormire, e poi aprirò il negozio.»
«Vuoi che ti accompagni?»
«No» sospirò. Odiava Aaron, ma alle volte rispondeva fin troppo male. «Ho la bici dietro, e stai lavorando.»
«Ma tu vuoi che io ti accompagni?» Scosse la testa. Non lo voleva davvero. «D'accordo. Stai attenta tornando a casa.»
«Buon lavoro.» Le fece un cenno con la testa, ma non si mosse da lì fino a quando Safira non uscì dal pronto soccorso.
Le ci vollero venti minuti o forse più per ritornare al negozio, e tre per chiudere la porta e crollare a dormire sul primo divano incontrato.

Se Non Piaci A Mamma Tu Non Piaci A Me!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora