Parto col dire che nonostante io abbia fatto pattinaggio per all'incirca sei mesi, ricordo poco e niente.
E soprattutto, non facevo tutte queste figure.
Tutto merito di internet.
A quanto pare non esiste neanche il pattinaggio di coppia maschile, se non forse in Canada da tipo due settimane, ma non ho ben capito.
È tutto frutto della mia mente, mi sono presa ogni tipo di libertà, fatevelo andare bene.
Bacino.Mi massaggiai il sedere dopo l'ennesima caduta.
Per inciso, la quinta.
Di fila.Decisi di staccare almeno per quel giorno, le mie cadute giornaliere potevano proseguire l'indomani, ero distrutto.
Non capivo come, ma era un po' di tempo che faticavo a concludere un salto rimanendo in piedi.Imprecai per il dolore alla schiena e guardai in alto, non fu una mossa geniale.
Perché davanti a me avevo una miriade di striscioni che recitavano tutti lo stesso, mirabolante, pazzesco nome da ben dieci anni: Manuel Ferro.
Alcuni pendevano dal soffitto, altri erano attaccati alle travi.
Recitavano sempre lo stesso nome: Manuel, Manuel, Manuel.
Una nenia che sentivo spesso anche dal vivo.
Con mio sommo dispiacere, ovviamente.Accanto al suo nome ne figuravano altri, partner che nel corso degli anni lo avevano accompagnato, sia donne che uomini, ma il suo nome spiccava sempre su tutti.
Il nome di Satana praticamente, un ragazzo - uomo, anzi - mandato direttamente dall'inferno sulla nostra terra per infastidire noi poveri comuni mortali.
Che poi sua sorella era la mia migliore amica da anni, forse era stato adottato, pensai.
Fra gli striscioni ce n'erano cinque blu, uno per ogni gara nazionale che aveva vinto, due rossi per i campionati del mondo, due gialli per le medaglie d'oro e uno argento per ricordare il suo unico secondo posto in una competizione mondiale; la coppa era esposta nella teca all'ingresso del centro. Un vero fuoriclasse. Bah.
E grazie al cielo non avevano messo uno striscione per ogni trofeo o gara minore che aveva vinto negli anni, altrimenti il soffitto sarebbe stato un tripudio di colori e io avrei vomitato ogni giorno.
Tutti quegli striscioni... e neanche uno con il mio nome. Neppure uno. Non importava che ci avessi provato con tutte le mie forze, che mi fossi allenato duramente. Nessuno si ricorda di chi arriva secondo, a meno che non sia Manuel Ferro. E io non lo ero di certo.
Non avevo il diritto di provare gelosia, ma l'invidia era come una spina che mi trapassava lo sterno. Detestavo quella sensazione. Preoccuparsi di ciò che pensavano gli altri era uno spreco di tempo e di energie; avevo imparato la lezione da piccolo.
Rodersi il fegato era per chi non aveva niente di meglio da fare, lo sapevo. Se passavi la vita a fare confronti, non avresti mai combinato niente. Sapevo anche questo. E io non avevo mai voluto essere così. Soprattutto, non per quell'idiota, per Manuel e il suo ego smisurato. Piuttosto che confessare come mi facevano sentire quegli striscioni, mi sarei portato l'invidia nella tomba.
Mi inginocchiai per distogliere gli occhi da quegli stupidi pezzi di stoffa. Appoggiai le mani sul ghiaccio e cercai di accovacciarmi, trovai d'istinto l'equilibrio sui pattini e poi finalmente mi rimisi in piedi. Di nuovo. Per la quinta volta in meno di quindici minuti. Avevo il fianco, il sedere e la coscia sinistri doloranti, e il giorno dopo avrei visto le stelle, che era, alla fine, una giusta punizione per i miei pensieri.
Borbottai un vaffanculo tra i denti e cercai di calmarmi, presi respiri profondi evitando di pensare a Manuel, alla mia famiglia, i miei problemi.
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Evermore
FanfictionSimone Balestra ha trascorso un'intera esistenza sui pattini: è campione di pattinaggio di coppia - o meglio - lo era. C'è un problema però, il suo ultimo partner l'ha scaricato senza dispiacersi troppo e ora non sa come fare. E per quanto sia talen...