Due

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È un capitolo breve e di passaggio, buona lettura!

Finii di allacciarmi i pattini e strinsi per bene i nodi.
Avevo ancora la fasciatura alla caviglia e l'anca mi faceva male, ma le abitudini erano dure a morire.
Non mi allenavo più sei ore al giorno come quando Guido era il mio partner, ma un'oretta al giorno me la concedevo sempre.

Guardai i pattini e misi velocemente a posto il resto della roba.

Notai dietro di me un paio di ragazze, era uno spogliatoio misto e - purtroppo - dovevo sorbirmi gli ennesimi pettegolezzi.

"Me l'ha detto mia madre" cominciò una delle due, alzandosi in piedi.

"Cosa?" gli rispose l'altra.

"Dice che un tizio le ha detto che si sta ritirando tipo, ha un sacco di problemi con le partner".

"Ritirarsi?" l'altra pareva sconvolta, e pure io ascoltando quelle conversazioni.

Il cui soggetto era niente poco di meno che Manuel, sempre e solo Manuel.

Che aveva intenzione di ritirarsi a ventisette anni, appena compiuti tra l'altro?

Per poco non scoppiai a ridere davanti a loro. Non solo andava ancora fortissimo, ma mesi prima aveva vinto una competizione nazionale. E ancora prima, aveva raggiunto il secondo posto nella finale del Major Prix. Ma perché stavo ascoltando?

Non mi importava di cosa facesse Manuel.
Non era affar mio.
Per tutti, prima o poi, arrivava il momento di ritirarsi.
E se proprio doveva farlo, meglio per me.

"Magari comincerà ad allenare?" disse una delle ragazze.

"Mi piacerebbe essere allenata da lui" rispose l'altra.

"Sì sì, lo so io che ti piacerebbe a te" il tono della ragazza era ironico ma arricciai il naso lo stesso, erano anni che sentivo le stesse frasi provenire dalle stesse persone.

E poi era troppo giovane per allenare.
E troppo acido, non sarebbe durato un solo giorno come allenatore.

Ma a quelle ragazze non sarebbe importato, avevano altre priorità.

Appena misi a posto il borsone nell'armadietto uscii dallo spogliatoio, avevo a malapena due ore per allenarmi e non l'avrei sprecato ad ascoltare quelle stupide chiacchiere.

Era molto presto, non prestissimo come quando mi allenavo sei ore al giorno, ma la pista era mezza vuota.
Era perfetto.

❄❄

Esattamente un'ora dopo, ero stanco e sudato come quando, un tempo, uscivo da un allenamento di tre ore. Stavo diventando una pippa, cazzo.
Dopo metà allenamento avevo già la maglia madida di sudore e i riccioli appiccicati alla fronte.
Mi sentivo uno schifo.

Avevo finito per provare qualche combinazione di salti, ossia una sequenza o un salto singolo seguiti da un altro salto, talvolta da due, ma non ci avevo messo il cuore. Non ero caduto, ma ogni volta c'era mancato un pelo. Ero distratto, anche se non riuscivo a capirne il motivo.

Forse avevo davvero bisogno di un po' di sano autoerotismo davanti a delle foto di David Beckham, di andare a correre, di fare qualcosa che mi distraesse da tutti quei pensieri.

Tornai nello spogliatoio, dove trovai un post-it arancione attaccato al mio armadietto.
Non pensai a niente in particolare.
Un mese prima, la direttrice del circolo mi aveva lasciato un avviso simile chiedendomi di recarmi nel suo ufficio.
Voleva solo offrirmi un lavoro come allenatore dei principianti.
Di nuovo.

Non avevo idea del perché mi considerasse il candidato adatto a lavorare con i bambini e le avevo risposto che non ero interessato.

Dunque, quando staccai il foglietto dall'anta e lessi, per ben due volte in modo da essere sicuro, Simone, vieni nell'ufficio della direttrice prima di andare via, non mi feci troppi problemi, solo che dovessi sbrigarmi per non far tardi a lavoro.

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