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La giornata è iniziata abbastanza tranquilla. Ho fatto la mia solita routine e, in totale silenzio, ho varcato la soglia di casa utilizzando la mia auto per raggiungere il mio docile studio dove lavoro. Dopo aver parcheggiato l'auto in un posto stretto e, dopo l'ennesima imprecazione, scendo.

"Ciao vecchio" mando un bacio volante e mi dirigo alle porte dell'ascensore. Oggi non voglio problemi, non voglio stress. Voglio solo starmene da sola e farmi il lavoro arretrato.

"Cameron è appena salito con la luna storta" afferma Jennifer "Sono lusingata che si sia ricordato il mio nome" afferma sognante. E se lei pensa di sognare ad occhi aperti, a me sembra di aver ricevuto un pugno allo stomaco.

"Oh ma che bella notizia" borbotto avvicinandomi alle macchinette per prendere un caffè. Oggi non ho avuto tempo per prenderlo o per fare qualsiasi altra cosa essendo, per la prima volta in vita mia o quasi, in pieno ritardo.

"Non ho compreso la reazione di ieri, era troppo azzardata" riflette a voce alta "Avete parlato dopo?" continua sorseggiando il caffè.

"Se intendi una porta sbattuta in pieno viso come risposta, presumo di si allora" sbotto "Mi ha praticamente preso per una persona senza dignità. Non in maniera diretta ma girandoci intorno" affermo seria. Finisco il caffè e butto il bicchiere ormai vuoto nella pattumiera.

"Credo che sia fatto cosi, magari ti vede come una sorella maggiore" azzarda a dire sorridendo facendomi infuriare ancora di più.

"Non voglio un fratello maggiore che mi faccia uscire dai casini, ho già la mia mi basta e avanza" sistemo la giacca "Adesso se non ti dispiace ho del lavoro arretrato" continuo. Avanzo verso le scale salendo in maniera lenta e goffa.

Ieri sera chiudere gli occhi è stata un' impresa e non so neppure quando ho iniziato a dormire per davvero, forse mai. Sono stata in versione dormiveglia ma mai a sonno pieno. La testa mi chiede di smettere di pensare e la mia bocca mi chiede di urlare per sfogare la rabbia, ma io stessa credo che non sia possibile fare nessuna delle due cose in momenti cosi.

Apro la porta e sbadiglio portando la mano alla bocca, vorrei tanto dormire che mi sarei presa un giorno di malattia se fosse stato possibile. Butto la borsa e la giacca in una parte del divano e mi siedo con tutto il peso sulla sedia girevole. Se non pesassi cosi poco avrei già rotto il tutto pochi istanti prima. Ma per fortuna, per costituzione, sono magra.

"Sono Decker come posso esserla d'aiuto?" alzo la cornetta e sento ridere.

"So chi sei altrimenti mica ti chiamavo" alzo gli occhi al cielo e aspetto che continua per poi bloccare "Portami un caffè" strabuzzo gli occhi e scoppio a ridere.

"Vallo a prendere da solo, io non mi occupo di portare caffè" affermo acida. Vorrei poter andare nella stanza accanto solo per il gusto di vedere cosa stia facendo di tanto stancante. La risposta è certa : niente.

"Sono il figlio del tuo capo, dovresti darmi ascolto" continua strafottente "A che ci sei portami anche una ciambella"

"Dallas, me ne sbatto il cazzo di chi sei. Ti mando Jennifer, io ho delle cose da fare" affermo seria.

"Queste cose sono più interessanti che stare con me?" sbuffo "Mi sento completamente offeso" dice con aria fintamente offesa. Che in realtà si può anche offendere per davvero ma il mio lavoro non è portare caffè o ciambelle a tutti i dipendenti.

"Puoi offenderti quanto vuoi, ciao Cameron" attacco la cornetta e sospiro pesantemente. Parlare con lui, anche solo per poco, mi ha fatto venire il nervoso e fame. Perché si, quando mi innervosisco mi viene, contemporaneamente, fame.

Dopo ore a sistemare il lavoro al computer e compilato un centinaio di documenti, sbadiglio e mi butto a peso morto sulla sedia. Non vedo l'ora di farmi qualche ora di sonno, ma di quella vero, quello da coma etilico. Vorrei una sbornia in questo momento.

"Cara bambolina" afferma sognante Jennifer sorridendo "Non voglio girare molto sul discorso" afferma indecisa.

"Oh santo cielo! Ma vi siete coalizzati tutti contro di me per fare andare a puttane la mia giornata?" sbuffo facendo una coda scombinata.

"Ho portato la ciambella e il caffè a Cameron e indovina cosa mi ha detto?" faccio un cenno convincendola a proseguire "Non mi piace se me lo porti tu. E credimi, ho citato le stesse identiche parole" afferma nervosa girando su se stessa sui tacchi a spillo lucidi.

"Io lo strozzo, all'inferno glielo mando di nuovo io stavolta" mi tappo la bocca "Si fa per dire ovviamente" affermo più decida avanzando in corridoio.

Mi muovo nervosamente verso la stanza accanto e faccio i pochi centimetri che ci dividono in grandi falcate veloci. Mi sistemo la giacca e senza bussare apro la porta senza preoccuparmi tanto di qualsiasi problema ci sia li dentro. Lo trovo stravaccato sul divano intento a smanettare col suo telefono.

"Cameron" urlo sbattendo la porta e facendo alzare i suoi occhi proprio sulla mia figura "Non so a che gioco stai giocando ma sappi che mi sono già rotta i coglioni" affermo ormai con il fumo alle orecchie.

"Perché ti scaldi tanto? Ti ho chiesto una ciambella e un caffè, mica di fare sesso con me" sorride e io mi incazzo di più "Oddio non farla lunga, sei proprio pesante" continua serio.

"Punto uno : non farei mai sesso con uno come te. Punto secondo : devi smetterla di provocarmi perché non è affatto carino" mi siedo sulla sua sedia dietro la scrivania e lo guardo con le mani ai capelli.

Ha il maledetto potere di farmi venire i capelli ricci sui miei capelli lisci di natura. E credetemi, non è poco.

"Intanto abbassa il tono di voce perché non sono un ragazzo qualunque. Chi ti dice che non ti provoco solo per vedere una tua reazione? Magari chissà, mi piace vederti arrabbiata e cattiva" ghigna e si mette seduto sistemando i capelli.

"Cam, non è divertente" sbuffo "Ieri sera mi hai sbattuto la porta in faccia" continuo deviando la sua affermazione.

Raramente mi sono trovata davanti a un ragazzo imbarazzata o incazzata talmente tanto da avere il sudore fin sotto l'attaccatura dei capelli. Ma adesso si, mi sento cosi.

"Non sono un uomo docile Deborah, dovresti averlo capito. Ma anch'io sono un essere umano e ho le mie giornate no" afferma immediatamente serio.

"Allora quando la smetterai di essere un ragazzo bipolare chiamami" avanzo spedita verso la porta e senza girarmi abbasso la maniglia.

"Deborah" dice con tono duro "Non fare la stronza e la difficile" sento stridere la sedia per terra e capisco che si è alzato.

"Non farmi ridere Cameron" affermo decisa "Che cazzo ti dice la testa quando le persone ti stanno vicine?" continuo sbattendo il tacco a spillo.

"Non sono in me quando toccano le cose che mi appartengono" mi afferra la mano e i brividi mi percorrono il corpo.

"Non so di che parli" dico confusa "Non sono di tua proprietà" mi lascia il braccio e si volta a guardare la finestra.

"Hai ragione" mi sposto confusa e lo guardo mentre porta la sigaretta alle labbra. È cosi bello da fare schifo "Non ti dirò che mi dispiace per ieri" continua ridendo guardandomi.

"Facciamo già progressi però" cerco di deviare l'affermazione di poco prima "Ci vediamo a casa Cam" esco dalla stanza dopo avergli fatto il dito medio e mi dirigo verso le porte scorrevoli con la borsa a tracolla e il giubbotto in pelle nero lucido.

Se si ha paura non si corre nessun rischio, ma se non si corre il rischio che senso ha?

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