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Pov's Cameron

Mi ritrovo seduto su una di queste sedie con accanto Deborah. Mi stringe spesso la mano, mi sussurra che andrà tutto bene ma io vedo che è più agitata di me. Noto che fa avanti e indietro dal corridoio lanciando dei sguardi fugaci a mio padre, da lontano. Il tintinnio dei suoi tacchi mi fanno incazzare, ma appena alzo gli occhi verso di lei, incoscientemente, il mio cuore si fa meno gelido.

Indossa un pantalone elegante blu notte e una camicia di seta bianca, tutto coordinato con una giacca, anch'essa, blu notte. Ha i capelli raccolti in una coda alta, ordinata. La guardo, è nervosa. Continua a strisciare le mani una sopra l'altra, agita spesso le mani e si tocca nervosamente la giacca sistemandola anche se non ha nulla fuori posto.

Questi giorni mi è stata accanto, ripassando quello che dovevo continuare a dire durante il processo. Ci fanno segno di entrare e butto fuori l'ultima aria che mi è rimasta.

" va tutto bene Cam, tra poche ore sarai fuori da tutto" mi sorride scaldandomi quasi il cuore "promettimi di fare silenzio" dice imbronciata facendomi accennare un piccolo sorriso.

"Te lo prometto" ammetto sinceramente "dobbiamo entrare" guardo mio padre che sistema la giacca e mi poggia una mano sulla spalla. Non parla, non mi dice che andrà tutto bene, non mi guarda. Ma so che in cuor suo sta soffrendo in silenzio, per me e per mia madre.

Entro lentamente guardando dritto verso il giudice che mi accenna un saluto col capo. Mi volto verso la controparte e noto con dispiacere i genitori della ragazza. Non so come ho fatto a ritrovarmi in questa follia, ma ci sono dentro fino all'osso del collo.

"Siamo pronti per iniziare il processo" la voce nel microfono echeggia per tutta la stanza " vuole iniziare lei signorina Decker?" Inizio a muovermi guardando di fronte a me, dritto nel vuoto.

Dopo il mio incidente , tutto ciò che è venuto prima è totalmente inesistente. Sono sicuro di non essere stato io, non mi trovavo neppure a casa in quel momento ma, senza sapere come e perché, mi hanno assunto una colpa che non ho.

Guardo Deborah che parla con voce sicura, bassa, voltando lo sguardo in fondo all'aula sorridendo di tanto in tanto. Incuriosito , sposto lo guardo e noto un uomo con una bimba in braccio. Mi sembra sia molto giovane, ma non riesco a collegare i due sguardi.

"Signora Decker sono incuriosito di una cosa" si alza lentamente l'avvocato della controparte " come fa ad avere la certezza che in quel momento il suo assistito non si trovava in casa?" A quella domanda diventa rigida come un pezzo di ferro. Non mi capacito di tutto questo.

"Non sono tenuta a dire nulla al riguardo" afferma decisa " il giudice è già in possesso di tutto l'occorrente" continua " le servono altre prove?" si rivolge verso il giudice assumendo una postura elegante. E dio quanto è bella in questo momento.

" Lei è in possesso di altre cose che al momento non ho?" Afferma un si con la testa " Mi dia il necessario allora" continua. Deborah si allontana proseguendo in fondo all'aula dove è seduto l'uomo che avevo visto prima. Questo gli da una carpetta e mi guarda. Posso dire di sentirmi a disagio?

"Ci sono delle conversazioni, dei video e delle foto" scuoto la testa e guardo mio padre che è tranquillo. Sa qualcosa che io non so? " Ne prenda visione" continua.

" Dichiaro una pausa di 10 minuti circa" si alza dalla sedia facendomi tirare un sospiro di sollievo e mi siedo. Inizio a non vedere più la terra sotto i piedi. Questo mi dà maledettamente il nervoso. Sembro un bambino in preda all'ansia.

" Come stai?" Mi sorride avvicinandosi " Cameron" mi richiama dall'attenzione che avevo su quella bambina che assomiglia maledettamente a Deborah.

" sto bene" dico sospirando. Non voglio chiedergli del perché lei abbia con sè qualcosa che io non so " sono esausto. Vorrei scappare" ammetto con voce bassa toccandomi i capelli.

"Ti butto fuori di qui, te l'ho promesso" mi dice sorridendomi. E non so per quale assurdo motivo ma le credo. Credo al fatto che lei sia capace di buttarmi fuori da questo maledetto buio in cui sono da anni ormai.

" Un attimo" mi dice posando la sua bottiglia di acqua sul tavolo allontanandosi. Abbraccia l'uomo e prende il braccio la bambina che si getta su di lei abbracciandola. Non so chi siano entrambi e vorrei saperlo. Ma non è il caso, non è il momento adatto.

Si sussurrano qualcosa, mi lanciano spesso degli sguardi. La bambina scende dalle braccia di Deborah e cammina lungo tutta l'aula. Indossa un piccolo vestitino con delle calze di lana e un giubbotto con gli unicorni. Le sorrido ricevendo in cambio un sorriso che fa scaldare qualsiasi cuore. Ha gli occhi verdi, è riccia e abbastanza alta. Avrà qualche annetto.

" come ti chiami?" Si avvicina tenendo tra le braccia un peluche " ti sto parlando io, sono qui" continua agitando le esili braccia come se pensasse che io non l'abbia vista.

" Mi chiamo Cameron" affermo sorridendole. E ragazzi, che caratterino.

" Vai dal nonno" le sussurra Deborah all'orecchio tanto alto da farlo udire anche a me. Comincio ad innervosirmi sulla sedia. Il nonno?

"possiamo continuare" a frenare i miei pensieri è la voce della giudice " Signorina Decker ci sono molte cose che non tornano. Lei e il signor Dallas siete sposati?" Mi alzo di scatto e gli occhi stanno uscendo dalle orbite. Guardo Deborah che continua a mantenere la sua postura. Mi tocca la spalla facendomi calmare e sedere. Le si avvicina e nega con il capo " Che tipi di legami allora ha con il signor Dallas?" Continua.

"Io e il signor Dallas ci siamo conosciuti anni prima di questo casino" afferma sorridendo senza guardarmi " Quando è successo tutto, Cameron era con me ad una festa tra amici" comincia a raccontare e io non so se scoppiare ad urlare oppure abbandonare l'aula per la rabbia che freme dentro di me " Quando è successo l'omicidio io e Cameron stavamo parlando della mia gravidanza mentre eravamo fuori dal locale" mi alzo di scatto dalla sedia e vengo raggiunto immediatamente dall'uomo in fondo alla stanza.

"Stai seduto" mi dice calmo sedendosi al mio fianco con la bambina sulla gambe " non fare cazzate" mi guarda serio " ne hai già fatte abbastanza" continua facendomi sedere. Non mi escono frasi, voce. Non riesco a fare nulla, sono pietrificato di fronte a questo signore.

"si spieghi meglio" continua il giudice agitando le mani contro di lei " abbiamo visto dai video che è come dice lei. Ma vorrei capire meglio" afferma infine.

" io e Cameron ci stavamo frequentando da tanto tempo" si volta verso di me sussurrando un scusa, rivoltandosi verso la giudice " Sono rimasta incinta ed ero andata alla festa per raccontandogli tutto. Nel video c'è l'ora esatta di tutto" continua " Signor giudice, l'ora dell'omicidio corrisponde all'ora in cui Cameron era con me" afferma decisa.

"per me può anche bastare" vorrei tirare un sospiro di sollievo ma non ci riesco. Vorrei però poter tirare un pugno sul muro. Io e Deborah ci conoscevamo già, è rimasta incinta di me ed è assurdo tutto ciò.

"Il verdetto è?" Afferma l'avvocato della controparte fremendo dalla curiosità.

" Secondo il codice penale il Signor Dallas non è penalmente e civilmente punibile" afferma facendomi buttare fuori l'aria dai polmoni. Poggio i gomiti sulle ginocchia e la testa sulle mani " Il signor Dallas secondo la giurisprudenza è libero di continuare a proseguire la vita condotta fino ad adesso" alzo lo sguardo verso i genitori della ragazza e chiedo scusa con gli occhi. Chiedo scusa per qualcosa che non ho fatto.

"Mamma" la bambina scende dalle ginocchia del signore di fianco e si getta tra le braccia di Deborah.

Mi alzo e guardo Deborah con gli occhi sgranati. Non può essere. Quella bambina, cosi simile a lei ma cosi tanto uguale a me, è mia figlia. Sbotto tirando un pugno verso il tavolo.

" Cameron" avanza mio padre cercando di farmi uscire dall'aula " forza, usciamo da qui" continuo ad avere lo sguardo verso la bambina e lo sguardo su di me da parte di Deborah.

"Non puó essere vero" guardo Deborah che evita di mantenere il contatto visivo con me e questo mi fa incazzare ancora di più " Non riesci neppure a guardarmi in faccia!" Sbotto rosso in viso " sembra un incubo" continuo impacciato prendendo il mio giubotto. Cerco con lo sguardo l'uscita e mi ci fiondo fuori.

E no, non può essere vero.

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