Capitolo 6

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Non c’è niente che io possa fare. Sono qui davanti al Capo in silenzio, legata ad una sedia, con lui che sta scoprendo i miei segreti.
"Allora, cosa posso fare con te?"

"Uccidimi. Qui e subito. Velocemente, se non ti spiace" furono le prime parole che rivolsi al mio aguzzino.

“Da quando in qua l’esercito di Sua Maestà arruola delle donne?” mi chiede lui appoggiandosi ad uno schienale invisibile, incrociando le braccia sul petto.

“Da quando le donne vogliono dare il loro contributo contro dei mostri che attaccano le loro case” rispondo io a tono, ormai non ha più senso nascondere la mia voce.

“Ah, allora abbiamo la lingua e pure gli artigli. Interessante… Ora mi dici come ti chiami?”

Il mio sguardo turpe dritto nei suoi occhi gli fa capire che nonostante tutto non voglio che lui conosca altro di me.
“E va bene, tornerò da te tra un po’. Tu intanto goditi la tua nuova dimora” mi dice alzandosi e uscendo dalla tenda.
Lo sento rivolgersi ai suoi due uomini fuori di qui, gli sta dicendo di non far entrare o uscire nessuno da qui, nemmeno loro sono ammessi all’interno, solo lui. Chissà cosa avrà in mente…

Il tempo passa e io mi ritrovo sempre qui seduta e legata a non far niente. Dopo quelli che mi sono parsi due giorni il Capo si è rifatto vivo, portandomi dell’acqua.

“Non ho sete” mento, in realtà sto morendo di sete ma non mi fido di cosa ci possa essere lì dentro e non voglio in alcun modo dipendere da quest’uomo.

“Ah sì? Che strano. Sai, in media le persone possono sopravvivere tre giorni senza acqua e tu non bevi da più di due” dice, squadrandomi da testa a piedi.
“Non è avvelenata se è quello che pensi, guarda” e inizia a berla lui stesso “voglio che tu resti in vita, come gli altri tuoi compagni qui fuori, almeno finché non avrò capito chi sei…” 

“E come usarmi!” concludo io la sua frase dall’ovvio epilogo 

“Precisamente. Su, bevi!”

Passo molti altri giorni in questa situazione che mi pare assurda. Lui viene da me ogni due giorni portandomi acqua e occasionalmente del cibo mentre io passo le mie giornate a rovinarmi le dita per cercare di sciogliere i nodi attorno ai miei polsi.

Un giorno, quando pensavo di esserci quasi riuscita lui deve aver notato qualche mio gesto e, girando attorno alla mia sedia, dice “Sarà il caso di cambiare questa corda, si sta tutta logorando purtroppo” con un sorrisetto in viso da far salire ancora di più la mia rabbia.
Dopo quell’avvenimento non pensate che mi sia arresa tanto facilmente. Ho continuato a provare, ripartendo da zero.

Dopo qualche altro giorno il Capo si è ripresentato, stavolta però c’era qualcosa di diverso in lui, nel suo sguardo.

“Dunque, che ne dici se questa volta ti racconto una storiella? Parla di un uomo che è stato invitato al palazzo di Sua Maestà per discutere i termini della resa. Puoi immaginare cosa significhi?"

Cercavo di mantenere una faccia seria e inespressiva ma dentro di me continuavo a ripetermelo -Ha capito-

"Immagina la sorpresa di quest'uomo quando, nel vedere la figlia del re al suo fianco ha riconosciuto la donna che tiene prigioniera nel suo accampamento" parlava mentre continuava a girare attorno alla mia sedia, alzando la voce ad ogni passo, ma mantenendola comunque abbastanza bassa da non farsi sentire dagli uomini fuori dalla tenda.
“Sei molto lontana da casa, principessa” dice avvicinando il suo viso al mio.

A quelle parole non so cosa si sia attivato in me ma, con uno scatto sciolgo i pochi nodi che a fatica avevo slegato negli ultimi giorni e provo ad aggredirlo. Provo è la parola giusta perché con una mossa semplice e fluida riesce ad afferrare i miei polsi facendomi roteare su me stessa. Doveva aspettarsi questa mia mossa.

“Finalmente! Pensavo avessi perso la grinta dei primi giorni” dice lanciandomi violentemente a terra.
“Ti svelo un segreto, principessa” ogni volta che sentivo quella parola uscire dalla sua bocca non facevo altro che arrabbiarmi di più “un trucco! Sai perché non rimpinziamo di cibo e acqua i nostri prigionieri? Per evitare che diventino troppo forti e ci sovrastino”

Con la coda dell’occhio vedo che sta uscendo dalla mia tenda e con un filo di voce, quasi un sussurro, dico “Se solo avessi una spada in mano in questo momento…”

Deve avermi sentita perché arresta il suo passo sull’uscita e si volta ancora verso di me dicendomi “Cosa intenderesti fare?”

“Ti batterei senza sforzo” dico fissandolo nuovamente negli occhi, esprimendo con quello sguardo tutta la mia rabbia.

Dopo l’attimo di silenzio che si era formato tra noi, con mio grande stupore mi disse “D’accordo!”

Due cuori sotto scaccoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora