Capitolo 5

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La prima cosa che riesco a percepire è la voce di un uomo, o forse più di uno; borbottano qualcosa ma non sono in grado di cogliere il senso della loro conversazione.
Il mio primo impulso è quello di passarmi una mano sulla nuca, sento un dolore forte provenire da lì, ma il mio gesto si conclude prima ancora di iniziare.

Con calma riesco ad aprire gli occhi, prima uno poi l’altro. Per mettere a fuoco ciò che vedo però mi serve molto più tempo.
Capisco di trovarmi nella mia tenda, seduta su una sedia al centro. Che sia stato un sogno? Che abbia battuto la testa cadendo dal letto nella notte e qualcuno mi abbia fatta sedere per riprendermi?
La risposta negativa mi soggiunge quando capisco di non poter muovere mani e piedi perché legati alla sedia. 

La vista viene in mio soccorso e noto che tutte le cose sono sottosopra, la branda che usavo come letto non c’è più, i pochi vestiti rimasti sono tutti strappati e gettati a terra. Davanti a me ci sono due casse, posizionate come se fossero un tavolino e una sedia e sopra questo tavolino di fortuna c’è una lampada, anche se spenta.

Ormai è giorno, questo significa che devo essere seduta qui da ore ormai, se non giorni. Il mio stomaco non aiuta a restringere il campo, ultimamente non ho mangiato molto per mettermi al lavoro in fretta.
La sedia a cui sono legata deve essere particolarmente vecchia perché al mio più piccolo movimento inizia a scricchiolare.

Sentendo questo suono gli uomini che stavano parlando fuori dalla tenda si ammutoliscono e dopo un attimo di esitazione entrano nella tenda.

“Ah, ben svegliato ragazzo. Credevamo ormai fossi bello che morto” dice uno dei due uomini. È grande e grosso, pieno di cicatrici. In confronto a lui io devo sembrargli il ragazzino che ho mandato via prima. 

-IL RAGAZZINO! Chissà se avrà raggiunto l’accampamento. Chissà se avrà fatto come gli ho detto…-

Tutte queste idee iniziano a frullarmi in testa finché la voce dell’altro uomo non mi riporta alla realtà.
“Che hai? Il gatto ti ha mangiato la lingua? Ahahah” dice, facendo ridere se stesso e il collega.
“Sappiamo noi come sciogliertela”

Vedo chiaramente che sta per assestarmi il primo di quella che immagino una lunga serie di pugni, ma un attimo prima che le sue nocche raggiungano la mia guancia una voce proveniente dall’esterno lo ferma.

“Eyal, cosa ti ho detto sulle buone maniere? Prima fai le domande e poi tiri i pugni”

“Scusa capo, hai ragione” dice il mio aguzzino con fare intimidito dall’uomo che è appena entrato nella mia tenda.

Quest’uomo sembra diverso dagli altri. Anche lui è molto alto, con i capelli scuri e corti, tuttavia è molto più snello degli altri. Nonostante una buona dose di muscoli, si vede che lui è più un intellettuale che non un guerriero. Ai miei occhi non incute molto timore, ma data la reazione che ha avuto quell’omaccione immagino che invece dovrei averne e molta.

“Allora ragazzino” mi dice “come ti chiami?”

Non rispondo alla sua domanda. So che una mia risposta di qualunque genere svelerebbe ciò che sto cercando in tutti i modi di nascondere.
Nel pormi la domanda si è avvicinato a me, cominciando a girarmi intorno, mentre il secondo aguzzino è uscito, lasciandomi sola con Eyal e il suo capo.

“Non rispondi, eh? Vabbè, questa non era una domanda troppo importante. Ma fossi in te starei attento a darmi una risposta alle prossime domande se non vuoi che Eyal ti faccia del male. E noi non vogliamo che succeda vero?”

-Mantieni la calma Helena, concentrati, tu non hai paura di quest’uomo. La cosa peggiore che può fare è ucciderti e, diciamocelo, non sarebbe una grande perdita-

Continuo a tenere il mio sguardo fisso sui suoi occhi. Ha dei magnifici occhi blu, come il mare prima della tempesta. Cerco in tutti i modi di far trasparire coraggio e sicurezza. Grazie al fango che ho sul viso sembra che non riesca ad accorgersi dei lineamenti un po’ troppo femminili che mi caratterizzano, un altro punto a mio favore.

“Allora, sai, ti ho visto l’altra notte, a combattere… sei molto bravo! Hai fatto fuori decine dei miei soldati…” 

-53 se i miei calcoli non sono errati

“…devi aver combattuto in altre battaglie, ma non è questo il punto. Il punto è che stavi spaventosamente vicino alla tenda del comandante, il che mi fa supporre che tu conosca almeno in parte i piani per questa guerra. Ho ragione?” continua a chiedermi con voce calma, senza mai staccare i suoi occhi dai miei.

Io continuo con la mia tattica del silenzio.

“Sta parlando con te, ragazzo” dice un Eyal ormai sull’orlo della pazienza.

“Faresti meglio a rispondermi” mi intima il capo poggiando il suo indice sotto il mio mento per fare in modo che continui a guardarlo in faccia e tirando fuori da dietro la schiena un coltello “Non vorrei dover rovinare il tuo viso o il tuo corpo”

Credo di stare iniziando a sudare freddo ma continuo a mantenere la mia faccia da poker e le labbra sigillate.

“Bene, allora vediamo quante cicatrici hai già sul tuo corpo, così da poter decidere dove aggiungerne altre” dice il capo e con un colpo secco e veloce taglia in due la parte superiore della mia maglia e le fasce che mi cingevano. Se non le avessi avute probabilmente avrebbe tagliato in due anche me.
Uno sguardo di stupore si stampa sui loro visi mentre io cerco di rimanere calma e immobile. So che ormai hanno capito ma spero di poter ancora negare di essere quantomeno la principessa.

“Fuori di qui. SUBITO!” dice il capo al suo collega perdendo per un’istante il suo comportamento pacato “E se dici a qualcuno quanto hai appena assistito giuro che ti taglio la lingua”

Il Capo si prende un attimo per riprendere fiato e capire come comportarsi mentre l’altro uomo esce in tutta fretta col capo chino.

“E così” dice riprendendo la calma che lo aveva abbandonato qualche secondo prima, andandosi a sedere sulla scatola di fronte a me “abbiamo una donna nei nostri ranghi, eh?!”

Due cuori sotto scaccoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora