Capitolo 28

240 10 0
                                    

Mi cambiai in tutta fretta, presi le mie armi e raggiunsi Jon alle stalle. Lui era già lì. 

"Sei pronta?" Mi domandò ed io accennai un sì con la testa.
"Bene. Un bacio portafortuna prima di partire?"

Sorrisi alla sua richiesta improvvisa, ma mi avvicinai comunque, del tutto intenzionata ad avverarla.
Avevo già le mani intorno al suo collo e le sue erano intorno alla mia vita, pregustando già quelle dolci labbra, quando i passi di qualcuno ci fecero fare un balzo indietro.
Era mio padre, chissà se ci aveva visti?!

"Padre!" esclamai io, abbassando il capo in segno di riverenza e cercando di nascondere la preoccupazione.

"Sono solo venuto a salutarti, figliola. Almeno questa volta non hai deciso di scappare di soppiatto in piena notte!" disse, baciandomi delicatamente la fronte.

-È il momento Hel. Diglielo!-

Jon era già montato a cavallo e si era diretto verso il cancello, lasciandoci un ultimo attimo di privacy. Eravamo solo io e mio padre.

"Padre…d…devo dirti una cosa…" l'ansia mi fece bloccare. Le mie mani si stavano distruggendo a vicenda. 
Lui notò la mia preoccupazione e disse con un sorriso "Non temere. Me la dirai quando sarai tornata da me"

---

È ormai passata più di una settimana dal nostro arrivo al campo. La nostra strategia stava dando i suoi frutti, anche se sapevamo che ci avremmo messo un po’. Fa ancora strano girare per l’accampamento e vedere soldati dell’uno e dell’altro esercito conversare insieme, fino a qualche settimana fa si sarebbero uccisi all’istante a prima vista. 

Posso affermare con orgoglio che i miei bendaggi stanno migliorando. Con tutti i vari attacchi che stiamo subendo cerco di aiutare come posso, compreso occasionalmente curare i feriti. Devo ammettere che il mio insegnante d’eccezione è davvero molto bravo e paziente!

Dato che abbiamo dovuto riunire due eserciti sotto la stessa bandiera, lo spazio non è molto, così ci siamo ritrovati a dover condividere la stessa tenda. Che sfortuna…
Purtroppo però non riusciamo a trovare del tempo per noi, siamo sempre affaccendati al tavolo di guerra o in infermeria o chessò io e quando la sera raggiungiamo la nostra tenda siamo sfiniti, finendo per addormentarci subito.
Lo devo ammettere, dopo tanto tempo passato qui inizio a preferire questa semplice branda al mio immenso letto, o forse è solo la stanchezza a parlare.

Il nostro nemico non si è più fatto vedere di persona, ma sta provando delle strategie per evitare la sua inesorabile sconfitta. Invano! Io e Jon stiamo passando le giornate a prevedere tutte le sue mosse e pian pianino ci stiamo riuscendo. Avremmo voluto infiltrare qualche spia tra i suoi ranghi ma l’abbiamo giudicato troppo rischioso e inaffidabile.
Ogni tanto Eredan riesce a stupirci, improvvisando mosse mai viste o addirittura da noi scartate perché folli, ma in men che non si dica riusciamo sempre a salvare la situazione.

"Dobbiamo parlare, Hel" disse un giorno Jon mentre ci eravamo attardati nella tenda delle riunioni. Ormai era l'unico luogo in cui potevamo avere un minimo di privacy e in cui avevamo abbastanza forze per una discussione. 

"Di che si tratta, Jon?" gli domandai a tono, cercando di mascherare la mia tensione. Quelle parole non facevano presagire nulla di buono.

"Ho ricevuto un messaggio da uno dei miei accampamenti. Hanno bisogno di me, devo andare da loro per un breve periodo…"

"Allora verrò con te!" gli risposi d'istinto, senza fargli finire la frase. Non avevo intenzione di abbandonarlo, come lui non aveva mai abbandonato me.
Mi guardò e mi baciò appassionatamente, poggiando entrambe le sue mani sulle mie guance attirandomi a lui con passione. Erano giorni che non riuscivamo ad avere un momento d'intimità. 

"Adoro quando ti comporti così! Ma sappiamo entrambi che qui hanno bisogno di te, sarebbero spacciati altrimenti. Tranquilla, tornerò tra un paio di giorni" disse staccandosi delicatamente dalle mie labbra. La sua voce faceva trasparire una grande passione rimasta insoddisfatta.

Con un certo grado di esitazione acconsentii.
"Ma ad una condizione, portala con te" e così dicendo gli consegnai la collana che portavo al collo, l'unico gioiello a cui tenessi veramente e dal quale non mi ero mai staccata prima. La sganciai dal mio collo per legarla al suo.

"La tua collana?" chiese sorpreso.

"È tutto ciò che mi resta di mia madre. Me la regalò al mio dodicesimo compleanno, poco prima che…"

"E vuoi che l'abbia io?" disse con gli occhi lucidi di emozione.

"Voglio che una parte di me resti sempre con te"

"Una parte di te è sempre con me, nella mia mente, da quel giorno che ti ho visto seduta a quella sedia il tuo pensiero non mi ha mai abbandonato!"

Ci baciammo ancora una volta prima che lo lasciassi andare lontano da me. Adesso capivo cosa doveva aver provato mio padre la prima volta che ero partita verso l'accampamento senza salutarlo. Non appena con il cavallo superò il confine e si voltò un'ultima volta a salutarmi iniziai a contare. Contavo i secondi che ci stavano separando e i secondi che ci avevano unito fino a quel momento.
Non ero pronta per quello che stava per accadere.

Due cuori sotto scaccoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora