Capitolo 22

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Mi diressi verso la camera di Layla. So che a quest’ora starà sicuramente dormendo ma ho bisogno di parlarle. Delle due strategie che mi erano venute in mente, la mossa rapida e violenta del nostro nemico ne aveva tagliata via una, lasciando solo più quella orribile.

Bussai alla sua porta. Ci mise un bel po’ prima di aprire, si vede che stava dormendo profondamente. Per la prima volta in vita mia la vidi allo stesso modo in cui lei vedeva me ogni mattina: i capelli arruffati, i vestiti spiegazzati, persino i piedi nudi.

“Hel…è notte fonda…cosa è successo?” mi domandò assonnata.

“Scusa Lay, ma devo chiederti una cosa e non può aspettare domattina”
Con un po’ di riluttanza mi fece entrare e entrambe ci accomodammo sulle poltroncine accanto al camino. Doveva essere stato spento da poco perché emanava ancora un leggero tepore.

“Allora…di che si tratta?”

“Tu quanto ne sai del regno di Eredan?”

“Che è grande, molto popoloso…”

“No no, mi riferisco a lui, alla sua corte. Ha figli? Moglie?”

“Un figlio, illegittimo a quanto ne so, ma nessuna moglie. È vedovo da anni…Perché?”

Trassi un grosso respiro “Perché so come far in modo che questa guerra abbia fine senza spargere altro sangue: lo sposerò!”

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“ASSOLUTAMENTE NO!” disse mio padre, facendo rimbombare l’intera sala da pranzo.

“E’ la stessa cosa che le ho detto anch’io, ma…” disse Layla, cercando di calmare nostro padre.

“Ma è la soluzione più logica al nostro problema!” conclusi io

“E in quale parte del mondo questa sarebbe una soluzione logica?!” incalzò mio padre. Io però ero preparata, avevo provato il mio discorso quella stessa notte con Layla e aveva funzionato. Se ero riuscita a convincere lei, sicuramente sarei riuscita a convincere mio padre.

“E’ il modo perfetto per non far versare altro sangue.
Tutto ciò che lui vuole è acquisire potere e può farlo solamente in due modi: legittimamente o con la forza.
Abbiamo già visto che sul campo di battaglia è praticamente inarrestabile, quindi non rimane che questa soluzione”

“Ma perché devi essere proprio tu a sposarlo?!” mio padre sembrò non voler cedere, ma ero determinata.

“Perché non sono l’erede al trono! Se sposasse Layla alla tua morte erediterebbe il trono e diventerebbe troppo potente. Sposando me, invece, acquisirebbe quel tanto potere che gli basta per ottenere ciò che vuole senza per forza distruggere questo reame!”

Dal silenzio che ne conseguì capii che mio padre stava iniziando a comprendere.
Gli presi le sue mani nelle mie e lo guardai negli occhi “C’è il giusto tempo per combattere e il giusto tempo per la diplomazia. Me l’hai insegnato tu!”
A quelle parole dovette cedere “Sei sicura, figliola?” Accennai un sì con la testa e un falso sorriso rassicurante. Non ero sicura ma non volevo che ci fossero altre morti a causa mia. Non se potevo impedirlo in qualche modo.

“Molto bene allora. Manderemo i nostri messaggeri a quell’uomo e inizieremo a preparare le nozze” detto questo se ne andò con mia sorella, rassegnato.

Durante tutta questa conversazione Jon era rimasto seduto al tavolo da pranzo in silenzio. Evitavo di guardarlo perché sapevo che i suoi occhi dovevano essere pieni di rabbia. Avevo preso una decisione del genere senza informarlo. Non mi ero fidata delle sue capacità. Lui stava lavorando da chissà quanto tempo ad una strategia e io mi ero intromessa, rovinando i suoi piani.

Finalmente si alzò dalla sedia e iniziò ad avvicinarsi a me.
Non potevo sottostare al suo sguardo così mi girai di spalle violentemente. Fu la goccia che fece traboccare il vaso della sua pazienza.

"Pensavo fossi diversa dalle altre. Pensavo lottassi per ottenere ciò che vuoi, invece quando le cose si fanno difficili sei la prima ad arrenderti" disse in tono stranamente calmo anche se sapevo che stava ribollendo di rabbia. A quanto pare stava lottando con tutte le sue forze per non urlarmi contro o prendermi a schiaffi di fronte alle guardie di mio padre.

"Sono una principessa in fondo” dissi mentre le lacrime iniziavano a rigarmi una guancia.
“Te l'ho già detto prima, in certe situazioni una regina ha lo stesso valore di un pedone…e come tale deve essere sacrificata. 
E…se non sei in grado di accettarlo dovresti andartene"

Furono le parole più difficili che avessi mai dovuto pronunciare. Prima non volevo che mi abbandonasse e ora non volevo mi vedesse così. Preferivo pensarlo altrove, magari con altre donne sotto braccio piuttosto che farlo assistere a quello spettacolo che mi stava dilaniando l’animo. Non è questo che vuol dire amore? Mettere il bene dell’altro prima del tuo, anche se questo significa perderlo?

Dopo un primo istante d’esitazione prese la sua giacca e uscì iracondo dalla stanza. Ed ecco che anche un’altra persona che amavo mi stava abbandonando.

Due cuori sotto scaccoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora